Italia
Riforma costituzionale. Secondo sì della Camera: in dirittura di arrivo il diritto di voto ai diciottenni per l’elezione dei senatori
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Manca ormai solo un ulteriore passaggio al Senato per il varo definitivo, con la doppia lettura di entrambi i rami del Parlamento. Il testo, infatti, è stato già approvato sia dalla Camera (il 31 luglio 2019) che dal Senato (il 9 settembre 2020). La riforma interviene sull’articolo 58 della Costituzione sopprimendo dal primo comma le parole “dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età”. Questo il testo residuo: “I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto”. Una formula del tutto analoga a quella prevista dall’art. 56 per l’altro ramo del Parlamento, vale a dire: “La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto”. Insomma, tutti i cittadini maggiorenni potranno eleggere sia i deputati che i senatori. Il risultato della votazione a Montecitorio – relatori Stefano Ceccanti (Pd) e Valentina Corneli (M5S) – è stato inequivocabile e ampiamente trasversale: 405 i favorevoli, 5 i contrari e 6 gli astenuti. Non è stato però raggiunto il quorum dei due terzi.
La prima deliberazione della Camera ha registrato ben 487 voti favorevoli – molti di più di quelli dell’allora maggioranza giallo-verde – e solo 5 contrari. I numeri del primo passaggio in Senato hanno invece documentato un quadro più complesso: 125 sì e 84 astensioni. La coalizione giallo-rossa subentrata al governo era andata in fibrillazione sull’ipotesi di modificare anche l’elettorato passivo (per essere eletti al Senato oggi occorrono almeno 40 anni) e di fronte alle divisioni emerse nella maggioranza il centro-destra si era riposizionato sull’astensione. Ora il quadro politico è nuovamente e profondamente cambiato rispetto ai due appena descritti, eppure qualche minima sfasatura sulla riforma ancora persiste, come dimostra il mancato raggiungimento del quorum dei due terzi.
Ma perché è così importante consentire ai diciottenni di votare anche per il Senato? I motivi sono di carattere istituzionale e sociale.Sotto il primo profilo emerge soprattutto l’esigenza di rendere il più possibile omogenei i due rami del Parlamento. In attesa di porre mano al problema del cosiddetto bicameralismo perfetto – due Camere con le stesse, identiche funzioni costituiscono un “caso” a livello mondiale – si cerca almeno di ridimensionare la possibilità che a Montecitorio e a Palazzo Madama si creino maggioranze di governo non equivalenti. D’altronde non è solo possibile, ma anche probabile che ciò avvenga – con tutte le conseguenze di instabilità che ben conosciamo – se il corpo elettorale presenta in radice differenze numeriche tutt’altro che marginali.
Nelle ultime politiche lo scarto provocato dal requisito dei venticinque anni per il Senato è stato pari a quasi quattro milioni di cittadini. Sette classi di età sono state tagliate fuori dall’elezione di metà del Parlamento. E qui si arriva all’altro profilo del discorso, quello che riguarda il riconoscimento del ruolo dei giovani nella società, il loro diritto a una cittadinanza più matura e partecipata. Certo, la cittadinanza non si può certamente ridurre al momento elettorale e verosimilmente la possibilità di votare per il Senato non è in cima alle attese dei nostri giovani. Ma sarebbe un bel segnale da parte delle istituzioni e della politica.