Italia
Riforma costituzionale, ora la parola passa ai cittadini con il referendum
Con il sì definitivo della Camera dei Deputati (361 favorevoli, 7 contrari e 2 astenuti) il disegno di legge di riforma costituzionale è giunto al traguardo. Non hanno partecipato al voto le opposizioni: Movimento 5 Stelle, Lega, Forza Italia e Sinistra italiana. Ora la parola finale spetta ai cittadini italiani attraverso il referendum confermativo previsto per ottobre. Ecco, in sintesi, i cardini della riforma costituzionale.
Rivoluzione in Parlamento. La novità più rilevante della riforma costituzionale è la fine del cosiddetto «bicameralismo perfetto». Finora Camera dei deputati e Senato della Repubblica hanno svolto funzioni praticamente identiche. Nel nuovo testo approvato la sola Camera «è titolare del rapporto di fiducia con il governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del governo». Insomma soltanto la Camera dà la fiducia al governo e approva le leggi, fatta eccezione per alcuni casi. L’obiettivo evidentemente è quello di evitare il problema di maggioranze diverse nei due rami del Parlamento e di semplificare la procedura di approvazione delle leggi evitando la «navetta» da un ramo all’altro.
Per il Senato cambia tutto. I senatori passano da 315 a 100. Tra di essi 74 saranno consiglieri regionali eletti dai rispettivi consigli, ma in conformità alle scelte espresse dagli elettori al momento dell’elezione dei consigli regionali. In altre parole, gli elettori indicheranno quali consiglieri dovranno essere anche senatori (percepiranno comunque l’indennità da consiglieri regionali e non una specifica da parlamentari). Il numero dei senatori di ogni Regione sarà proporzionale alla popolazione di ciascuna di esse sulla base dell’ultimo censimento. Altri 21 senatori saranno scelti dai consigli regionali tra i sindaci dei Comuni delle rispettive Regioni. Altri 5 senatori potranno essere nominati dal presidente della Repubblica, ma con un mandato di sette anni (come il presidente) e non a vita. Resteranno senatori a vita, invece, gli ex-presidenti della Repubblica. Quindi il computo di 100 indicato precedentemente potrà variare di qualche unità. Secondo la riforma, il Senato «rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo fra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica» .
Il percorso delle leggi. Come già accennato, la funzione legislativa spetta alla Camera. Il Senato partecipa ad essa in modo paritario soltanto nel caso di leggi costituzionali e di leggi che riguardano il sistema elettorale e le prerogative dei senatori, l’ordinamento degli enti territoriali, i termini della partecipazione dell’Italia alle decisioni europee, i referendum popolari. Nell’attività legislativa ordinaria il Senato può soltanto proporre modifiche su cui la Camera si esprime in via definitiva. Per le leggi che toccano il sistema elettorale, la riforma introduce per la prima volta una forma di giudizio preventivo da parte della Corte costituzionale, che può essere chiesto da un quarto dei deputati o da un terzo dei senatori.
Da parte sua il governo può chiedere alla Camera una corsia preferenziale con tempi certi per i disegni di legge che ritenga essenziali per l’attuazione del programma di governo. Per quanto riguarda i decreti- legge, che com’è noto sono immediatamente operativi e che il governo può emanare in casi straordinari di necessità e urgenza, la riforma attribuisce forza di norma costituzionale ad alcuni limiti che finora erano stati introdotti solo con legge ordinaria e quindi con efficacia ridotta.
Nuovi quorum per il Presidente della Repubblica. Vengono modificati i quorum necessari per eleggere il presidente della Repubblica da parte del Parlamento in seduta comune – deputati e senatori, senza ulteriori integrazioni – per tener conto dei nuovi assetti parlamentari. Così pure sarà il presidente della Camera e non quello del Senato a esercitare le eventuali funzioni di supplenza del Capo dello Stato. Per quanto riguarda la Corte costituzionale, dei cinque giudici di nomina parlamentare tre saranno espressi dalla Camera e due dal Senato.
Stato e territorio, questioni di competenza. Il dato più evidente è che scompaiono dalla Costituzione le Province. Per quanto riguarda le Regioni, viene eliminata la cosiddetta «legislazione concorrente», cioè in condominio con lo Stato, e vengono ridefiniti i confini delle rispettive attribuzioni, riportando all’esclusiva competenza statale alcune materie di grande rilevanza: dalle grandi reti di trasporto e dell’energia alle norme generali in tema di salute e politiche sociali. Lo Stato può intervenire con leggi anche sulle materie non di sua competenza quando lo richieda la tutela dell’interesse nazionale. Oltre alle Province viene definitivamente abolito anche il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel).
Prove di democrazia diretta. Potenzialmente di grande importanza è la previsione di referendum popolari propositivi e d’indirizzo, una novità assoluta per il nostro ordinamento, la cui concreta istituzione richiederà però un’apposita legge costituzionale. Per i referendum abrogativi viene introdotto un quorum ridotto (la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera e non degli aventi diritto) qualora siano state raccolte almeno 800mila firme. Viene alzato a 150mila, contro 50mila, il numero delle firme necessarie per presentare proposte di legge d’iniziativa popolare, ma i regolamenti parlamentari dovrebbero stabilire finalmente tempi certi di discussione e votazione. Diviene norma costituzionale l’obbligo di trasparenza delle amministrazioni pubbliche.