Redazionali

Ricordo della scultrice fiorentina Paola Crema a tre anni dalla scomparsa

Nell’estate del 2021 si spegneva a Roma, all’età di 87 anni, la scultrice fiorentina Paola Crema, molto legata alla città natale, dove aveva frequentato il liceo classico Michelangiolo, poi l’Accademia delle belle arti di Firenze. Abitava con il marito Roberto Fallani, artista e designer, nel quartiere di Santa Croce in una casa studio arredata con le opere di entrambi, solo negli ultimi anni si trasferirono nella capitale.

Con questo articolo desideriamo tributarle un affettuoso ricordo e nel fine settimana sarà celebrata una Messa in suffragio nella basilica di San Lorenzo. Lei amava in modo particolare la chiesa istituzionale della famiglia Medici, con quella prospettiva lineare, concepita da Brunelleschi che, con due file di colonne sormontate da alto capitello ed arcate, delimita le tre navate, inondate di luce dalle ampie finestre. Ammirava con me i capolavori artistici e fu contagiata dalla mia passione per l’anatomista, geologo e vescovo danese Niccolò Stenone, i cui resti mortali sono custoditi nell’omonima cappella, ubicata nel transetto destro della basilica. Era affascinata dalla figura dello scienziato luterano, poi cattolico, che studiando le conchiglie fossili intrappolate nel selciato di strade, piazze, sul muro del duomo di Volterra e nelle celebri Balze gettò i fondamenti della stratigrafia. Il catalogo della mostra del 2004 “Paola Crema memorie preziose” ha in copertina una grande conchiglia, in cui è incastonato un volto di donna in argento. Era amica dell’avvocato Alessandro Berti, recentemente scomparso, che fino al 2018 era console di Danimarca a Firenze e abitava in piazza Santa Croce.. Partecipava con lui alle celebrazioni in onore del beato Stenone il 5 dicembre, giorno della memoria liturgica in San Lorenzo.

La grande passione di Paola era l’archeologia, tante sue opere emergono dalla sabbia, conchiglie, roccia, cristalli, quasi un tratto comune con lo scienziato danese, accolto all’Accademia del Cimento e anatomista presso la corte dei Medici, che ricercava nelle terre, montagne, grotte i fossili e minerali per formare la collezione che donò al Granduca Cosimo III, quando fu eletto vescovo. Paola iniziò la carriera artistica con i gioielli e la creazione di sculture formate da blocchi di cristalli, ametiste, madreperla e altre pietre semipreziose su cui inseriva volti enigmatici, era l’essenza della sua arte: “l’archeologia immaginaria”. Un percorso che proseguì con la fusione di grandi sculture in bronzo spesso incomplete, in modo da apparire come ritrovamenti archeologici.

Dionisia

Ornella Casazza ha scritto: “Le opere di Paola Crema giocano sulla modificazione della forma e della simbiosi di una materia con un’altra; al ritrovamento del frammento di natura, l’affascinante custode di memorie arcaiche, accosta incrostazioni di argento, cristalli di rocca e coralli rossi dai quali affiorano solenni divinità marine (…), dialogando con l’osservatore che potrà attingere ai ricordi di memorie di epoche perdute”. La scultrice oltre ai cristalli di rocca ha utilizzato anche quelli di ametista, per singolare destino è stato proprio Stenone a formulare, nel 1669, la prima legge della cristallografia sulla costanza dell’angolo diedro, detta anche legge di Stenone.

Ma a farci conoscere è stata la nostra comune predilezione per le opere della scrittrice francobelga Marguerite Yourcenar ed in particolare di “Memorie di Adriano”, in cui l’imperatore romano si lasciò conquistare dalla straordinaria bellezza di Antinoo, giovane greco originario della Bitinia. Nel 2010 visitai la mostra dedicata ad “Antinoo dopo e oltre. Dall’Egitto Copto alle opere di Paola Crema”, allestita al museo archeologico di Firenze, con la collaborazione del Centro internazionale Antinoo per l’Arte – Marguerite Yourcenar di Roma. Fu la presidente Laura Monachesi a presentarmi Paola, che mi colpì per la sua cultura e gentilezza. Indossava una parure di collana, bracciale ed orecchini in argento fuso con un altro metallo per renderlo più leggero, che portava quasi sempre per dare luce al viso. La vedete nella prima foto in alto, che le ho scattato al teatro Vascello a Roma, accanto alla scultura “Bitinioo”, dedicata ad Antinoo.

Il legame con Firenze emerge nell’opera in bronzo dedicata a Pinocchio, dove il burattino esce dalla corteccia di un tronco di legno, esposta nel 2012 nel cortile di Palazzo Medici Riccardi. Carlo Collodi, autore del libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia, era un “sanlorenzino” nato in via Taddea, come lo definiva il compianto mons. Angiolo Livi, centenario priore della basilica di San Lorenzo.

Nel mese di ottobre 2021, due mesi dopo la morte della scultrice, si è svolta alla Fortezza da Basso la XIII Biennale di Firenze ed è stato assegnato a Paola Crema il “Premio alla carriera in memoriam”. Era esposta l’opera bronzea “Klefticò”, il busto di un uomo ricoperto di foglie che Fortunato D’Amico, curatore dell’allestimento del Padiglione Cavaniglia, ha definito nel catalogo una “scultura che esprime nel linguaggio metaforico dell’artista lo spirito sensuale di un riverberante aspetto umano della Natura”. Un messaggio della scultrice quanto mai attuale, che ci invita a riscoprire la madre Terra, rispettandola, immergendoci in essa senza violentarla, o deturparla, come sta accadendo in tanti luoghi del mondo. Grazie Paola, noi amiamo la bellezza del Creato e ci faremo portatori del tuo spirito di comunione con l’universo, volgendo sempre lo sguardo a quanto ci hai trasmesso in tanti anni di amicizia.