Firenze

Religiosi e Religiose, testimoni della «vita buona» del Vangelo

di Bruno Simonetto*

Nell’Omelia per la festa della Presentazione di Gesù al Tempio che ha tenuto l’anno scorso nella Basilica Vaticana, Papa Benedetto XVI ricordava come, in concomitanza con questa festa liturgica, il futuro Beato Giovanni Paolo II, a partire dal 1997, volle che fosse celebrata in tutta la Chiesa una speciale Giornata della Vita Consacrata. Infatti – spiegava Papa Benedetto -, «l’oblazione del Figlio di Dio, simboleggiata dalla sua presentazione al Tempio, è modello per ogni uomo e donna che consacra tutta la propria vita al Signore. Triplice è lo scopo di questa Giornata: innanzitutto lodare e ringraziare il Signore per il dono della Vita Consacrata; in secondo luogo, promuoverne la conoscenza e la stima da parte di tutto il Popolo di Dio; infine, invitare quanti hanno dedicato pienamente la propria vita alla causa del Vangelo a celebrare le meraviglie che il Signore ha operato in loro». Il 2 febbraio di quest’anno si è celebrata, dunque, la 15ª Giornata Mondiale della Vita Consacrata che i Vescovi italiani hanno voluto preparare con un Messaggio che – rifacendosi al tema degli Orientamenti pastorali della Cei per il decennio 2010-2020 -  hanno titolato: «Testimoni della vita buona del Vangelo».  È significativo il fatto che, fra tutte le componenti ecclesiali, proprio alle persone consacrate venga così riservata una speciale chiamata al «compito urgente» di «educare alla vita buona del Vangelo».Nel Messaggio si legge, fra l’altro, che «a causa di un errato concetto di autonomia della persona, di una riduzione della natura a mera materia manipolabile e della stessa Rivelazione cristiana a momento di sviluppo storico, privo di contenuti specifici, il processo di trasmissione dei valori tra le generazioni è fortemente compromesso». «Per questo – si aggiunge – i luoghi tradizionali della formazione, quali la famiglia, la Scuola e la Comunità civile, sembrano tentati di rinunciare alla responsabilità educativa, riducendola a una mera comunicazione di informazioni, che lascia le nuove generazioni in una solitudine disorientante». Da qui la necessità di «un percorso di conformazione a Cristo e ai suoi sentimenti verso il Padre», perché «non ci si educa alla vita buona del Vangelo in astratto, ma coinvolgendosi con Cristo, lasciandosi attrarre dalla sua persona, seguendo la sua dolce presenza». E, in questa prospettiva, «è proprio la vita fraterna, tratto caratterizzante la consacrazione, a mostrarci l’antidoto a quell’individualismo che affligge la società e che costituisce spesso la resistenza più forte a ogni proposta educativa. La Vita Consacrata ci ricorda così che ci si forma alla vita buona del Vangelo solo per la via della comunione».Il Messaggio riflette poi sul valore educativo della Vita Consacrata, evidenziando come l’uomo trovi «nella testimonianza gioiosa della castità un riferimento sicuro per imparare a ordinare gli affetti alla verità dell’amore, liberandosi dall’idolatria dell’istinto».Allo stesso tempo, nella povertà evangelica, l’uomo «si educa a riconoscere in Dio la nostra vera ricchezza, che ci libera dal materialismo avido di possesso e ci fa imparare la solidarietà con chi è nel bisogno».Mentre «nell’obbedienza, la libertà viene educata a riconoscere che il proprio autentico sviluppo sta solo nell’uscire da se stessi, nella ricerca costante della verità e della volontà di Dio, che è “una volontà amica, benevola, che vuole la nostra realizzazione”».«Oggi più che mai – prosegue il Messaggio dei nostri Vescovi -, abbiamo bisogno di educarci a comprendere la vita stessa come vocazione e come dono di Dio, così da poter discernere e orientare la chiamata di ciascuno al proprio stato di vita». E conclude affermando che «la testimonianza dei Consacrati e delle Consacrate, attraverso la sequela radicale di Cristo, rappresenta anche da questo punto di vista una risorsa educativa fondamentale per scoprire che vivere è essere voluti e amati da Dio in Cristo, istante per istante». Sono riflessioni scontate per i Religiosi; ma è significativo che i nostri Vescovi – riprendendo peraltro quanto essi scrivono negli Orientamenti pastorali – invitino i fedeli a focalizzare l’attenzione su quella «storia di santità» che «nell’opera educativa della Chiesa fa emergere con evidenza il ruolo primario della testimonianza, perché l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri lo fa perché sono anche testimoni credibili e coerenti della Parola che annunciano e vivono» [cfr. l’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, n. 8]. E il riferimento è ovviamente a «quelle molte figure esemplari, tra cui non pochi Santi, che hanno fatto dell’impegno educativo la loro missione e hanno dato vita a iniziative singolari, parecchie delle quali mantengono ancora oggi la loro validità e sono un prezioso contributo al bene della società» [cfr. n. 34].È un omaggio ai Fratelli e alle Sorelle consacrati che operano nel mondo dell’educazione, fedeli interpreti e testimoni autentici del carisma di Istituzioni religiose benemerite nel tempo, come sono ancora oggi numerose e meritevolissime nella nostra Arcidiocesi fiorentina.Non meno significativo è il «servizio di carità» che tanti nostri Istituti religiosi svolgono in Diocesi: dall’animazione spirituale e culturale all’assistenza a persone anziane e malate e all’accoglienza di persone bisognose di aiuto, in coordinamento con la «Caritas» diocesana  Tutti egualmente «Testimoni della vita buona del Vangelo».*Delegato arcivescovile per la Vita Consacrata

La presenza di tante suore anziane e malate

ci richiama un dovere di carità e riconoscenza

Usando noi festeggiare in Diocesi, nella celebrazione del 2 febbraio, i Giubilei di Professione religiosa delle persone consacrate, vogliamo sottolineare anche su questo Settimanale che salta agli occhi il numero delle Sorelle giubilari di età avanzata: su 35, solo 2 celebrano il 25° di Professione, mentre 19 ricordano il 50°, 13 il 60° e una il 70°; dati che rimandano alla problematica realtà di tante Suore anziane e malate. Basti aggiungere che l’età media delle nostre Religiose è sui 75 anni! E intanto siamo tutti convinti che l’attenzione premurosa che esse meritano non risponda solo a un preciso dovere di carità e di riconoscenza, poiché abbiamo la consapevolezza che la loro testimonianza giova molto alla Chiesa e che la loro missione resta valida e meritoria anche ora che hanno dovuto per età o malattia lasciare la loro attività specifica.Detto questo, va però fatto presente – e lo diciamo con determinata convinzione – che è ormai maturo il tempo di assumerci l’impegno di garantire loro tutta l’assistenza di cui necessitano, in uno «spazio» confacente alla loro identità di Consacrate; ciò che vale particolarmente per i tanti Istituti che, non avendo una Casa di riposo o di ricovero propria, non sanno come «gestire» situazioni di emergenza assistenziale e sanitaria. È un capitolo da aprire nelle sedi opportune (con l’Usmi diocesana e regionale), interpellando la competente Autorità ecclesiastica, a livello diocesano e/o di Conferenza Episcopale Toscana, se si vuole ipotizzare l’individuazione di una Sede che possa essere messa a disposizione di tutte le Case religiose femminili presenti nella nostra Regione.È la promessa di un «dono» da offrire alle Religiose nella Giornata delle Vita Consacrata che si celebra appunto facendo memoria dell’offerta di Gesù al Tempio per le mani e con il cuore di Maria, Vergine Madre offerente.Bruno Simonetto