Toscana
Regione, Statuto entro il 2002
DI SIMONE PITOSSI
Entro il 2002 il Consiglio regionale si è impegnato a stendere lo Statuto. È questo uno degli impegni emersi nell’ultima seduta dell’assemblea di Palazzo Panciatichi. La legge costituzionale del 1999 sull’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni e la revisione del Titolo Quinto della Costituzione hanno aperto importanti spazi per una nuova fase dell’autonomia regionale. Le Regioni, da un lato, saranno impegnate ad utilizzare tutti gli spazi offerti dalla revisione costituzionale. Dall’altro, sono chiamate alla redazione dei nuovi statuti, atti dotati di un amplissimo margine di autonomia, di fatto delle «minicostituzioni».
Al centro del dibattito consiliare la relazione del vicepresidente del consiglio regionale e presidente della commissione speciale statuto Piero Pizzi sull’attività svolta dalla commissione da giugno 2000 al dicembre 2001. La prima osservazione di Pizzi? Riequilibrare i poteri tra il presidente e il consiglio regionale, cioé tra i due organi entrambi legittimati direttamente dal voto popolare. «Il riequilibrio dei due organi spiega Pizzi appare come uno dei punti strategici del lavoro di costituzione del nuovo statuto ed è convinzione diffusa che al consiglio dovrà rimanere la facoltà di delegificazione e di elaborazione dei testi unici in quanto titolare esclusivo di tale funzione. Esso dovrebbe essere l’unico organo deliberante la proposizione alla Corte costituzionale dei giudizi di legittimità costituzionale e dei conflitti di attribuzione verso provvedimenti legislativi nazionali o di altre Regioni che invadessero la sua competenza».
In caso di contrasto tra giunta e consiglio Pizzi ipotizza «l’istituzione di un organo regionale di garanzia interno all’ordinamento regionale; ad esempio una authority in grado di esprimere un controllo preventivo sulle leggi e sui regolamenti prima della loro emanazione».
Per il presidente Pizzi va inoltre «discusso approfonditamente se modificare la norma che lega il destino del consiglio a quello del presidente eletto direttamente, in quanto sta crescendo nelle Regioni italiane alle prese con i nuovi statuti la convinzione che la caduta o le dimissioni del presidente non dovrebbero significare automaticamente la caduta di un consiglio comunque eletto dal popolo».