di Gianni Rossi«Abbiamo firmato i referendum sulla procreazione assistita perché vogliamo cambiare una legge pessima e pericolosa, destinata a far soffrire milioni di coppie (sic), mettendo a rischio la salute delle donne». Domenica mattina i quotidiani locali riportavano un singolare e inedito appello dei sette sindaci dei Comuni della Provincia e del vicepresidente di quest’ultima. I primi cittadini Marco Romagnoli (Prato), Ivano Menchetti (Montemurlo), Annalisa Marchi (Vaiano), Paolo Cecconi (Vernio), Ilaria Bugetti (Cantagallo), Stefano Gelli (Poggio a Caiano), Vittorio Cintolesi (Carmignano) con il numero due di palazzo Banci-Buonamici Daniele Panerati – tutti diessini – scendono in campo per sostenere la raccolta di firme in favore dei referendum promossi dai radicali e sostenuti da un ampio schieramento di forze trasversali ai due schieramenti, Ds in testa. Un appello che è calato a sorpresa nel battage che anche a Prato da qualche mese è andato progressivamente aumentando in favore della raccolta di firme. E che ha sconcertato molti se non altro per il ruolo istituzionali rivestito dai firmatari. Tra i tanti, anche il Vescovo, che è rimasto interdetto alla lettura dei quotidiani. Mons. Simoni ha preso carta e penna e ha dettato un comunicato in cui esprime con chiarezza sconcerto per lo stile e disapprovazione per il merito della questione. «Indipendentemente dalle intenzioni degli illustri firmatari dell’appello a favore dei referendum per abrogare la nuova normativa sulla fecondazione medicalmente assistita, non posso accettare – ha affermato il Vescovo – la sostanza del loro appello che, tra l’altro, chiama direttamente in causa i cattolici». I firmatari, infatti, convinti che firmare i referendum è «un modo concreto per far pesare i sentimenti di quanti hanno a cuore i valori della vita e della famiglia»; dicono di «voler rifuggire da qualunque integralismo o visione unilaterale»; infine affermano che «è sbagliato rappresentare la discussione su questi referendum come una contrapposizione fra cattolici e laici. Semplicemente – spiegano – vogliamo ottenere una buona legge, migliore dell’attuale, in grado di soddisfare l’aspirazione alla genitorialità di milioni di coppie italiane, di tutelare i diritti del nascituro, di preservare la dignità morale e fisica delle donne, di consentire la ricerca, di debellare malattie fino ad oggi incurabili». Una tesi, questa, propagandata da quel «pensiero unico» – come l’ha chiamato mons. Simoni – che ha conquistato da settimane tutte le televisioni e i principali quotidiani ma che non risponde a verità. Lo ha sottolineato con grande chiarezza Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, intervenendo all’interessante incontro organizzato sull’argomento dalla Misericordia di Grignano: «Gli oppositori di questa legge, – ha spiegato Casini – in larga parte, non la conoscono, ma vi si oppongono perché temono che ne derivi una revisione della Legge 194, sull’aborto». Infatti, ha aggiunto, «il tentativo di capovolgere la Legge 40 punta essenzialmente su aspetti emotivi che concentrano l’attenzione dell’opinione pubblica sulla possibilità di cura di malattie genetiche attraverso l’uso di cellule staminali embrionali». Ma, come hanno chiarito alcuni tra i più quotati genetisti, non sono affatto certi i risultati dell’impiego di staminali embrionali, mentre sono già in corso ricerche e terapie con le staminali adulte prelevate, senza alcun danno, dal cordone ombelicale o da tessuti dell’adulto.Ma torniamo alla presa di posizione dei sindaci. Ad essere presi alla sprovvista sono stati, innanzitutto, gli amministratori della Margherita che sono di tutt’altro avviso rispetto ai referendum. Né il presidente della Provincia Logli, né il vicesindaco Bencini erano stati informati. Il numero due del Comune non ha messo tempo in mezzo: «Su temi così delicati che coinvolgono la coscienza di ogni persona come il valore della vita umana, il diritto alla paternità e maternità, il diritto ad una famiglia, non sembrano opportune nuove crociate ideologiche né tantomeno partitiche, ma una capacità di dialogo e di confronto che eviti ulteriori divisioni e frammentazioni nel corpo sociale del nostro paese, tra e negli schieramenti politici». Per questo «sarebbe opportuno evitare posizioni manichee che mettono il diritto alla salute contro il diritto alla vita dell’embrione, il diritto alla maternità contro il diritto alla famiglia, la ricerca scientifica preminente su ogni valore etico».