Opinioni & Commenti
Referendum fecondazione, un tempo per pensare
A fare loro eco, il presidente dei deputati di Rifondazione comunista, Franco Giordano, che parla di “un imbarazzante tiro alla fune giocato dal governo con le sue componenti interne”, “a discapito della volontà dei cittadini” e auspica “un immediato ripensamento per correggere una scelta grave e illiberale”. La deputata Ds Gloria Buffo mette in evidenza lo slittamento della data del referendum “a un weekend di mezza estate”.
Da parte nostra, non avremmo voluto che questo referendum si facesse. Avremmo preferito non essere chiamati a decidere con un semplice “sì” o con un “no” su una materia tanto delicata e complessa come la procreazione assistita. Il luogo più adatto dove svolgere il dibattito dovrebbe essere il Parlamento, che, però, non è riuscito ad approfondire una tematica così importante.
Tuttavia, la legge 40/04 contiene aspetti positivi, che la rendono un buon punto di partenza: colma una grave lacuna legislativa, riconosce la dignità del figlio e ne tutela i diritti, vieta interventi che sopprimerebbero l’embrione (es. sperimentazione) o scelte che violerebbero la dignità del figlio (es. l’eterologa, che introduce altre figure genitoriali).
Sarebbe stato meglio evitare i referendum e pensare ad una verifica della legge da svolgersi tra qualche anno. Lo strumento referendario è quanto mai inadeguato per valutare una legge tanto importante: “Ci sarebbe stato bisogno ha detto il gesuita padre Bartolomeo Sorge di una larga possibilità di scelte, mentre il referendum abrogativo di natura sua limita questa possibilità a poche scelte alternative. In pratica, con il referendum si può solo scegliere di limitare alcuni danni (veri o presunti), cancellando pezzi di una legge”. Ora, si capisce facilmente, una simile operazione è del tutto inadeguata davanti a scelte che decidono il comportamento da tenere di fronte all’essere umano nella fase iniziale del suo sviluppo, scelte destinate a incidere profondamente sulla vita delle famiglie e della società umana. Non deve allora stupire se gli italiani, chiamati ormai frequentemente, ad esprimere un parere su questioni al di là della portata del cittadino normale al quale si chiede di essere specializzato in tutto finiscano per disertare le urne e perdano fiducia verso uno strumento certamente importante per la vita democratica.
Per di più, c’è da aggiungere, che i referendum proposti, anziché favorire il confronto democratico tra le posizioni degli uni e degli altri, hanno finito con il divenire, per alcuni, occasione di scontro ideologico e di atteggiamenti intolleranti e laicisti.
Al contrario, fin da subito i vescovi italiani avevano domandato con forza che la campagna referendaria fosse segnata da grande serenità, rispetto e obiettività circa la gravità delle questioni; anche con il contributo degli organi di informazione e comunicazione, che sono in grado di offrire spazio adeguato alle diverse posizioni. Ci auguriamo che nei prossimi mesi si crei un consenso sempre maggiore sul significato e sul valore della vita.