Italia

REFERENDUM COSTITUZIONALE; UGCI: NON RIDURRE LA COSTITUZIONE A INDEBITO STRUMENTO DI LOTTA POLITICA

Perplessità e preoccupazione per “la riduzione della revisione e degli emendamenti alla Costituzione a indebito strumento di lotta politica” sono espresse oggi dal Consiglio centrale dell’Unione giuristi cattolici italiani (Ugci) impegnato nei giorni scorsi in un ampio dibattito in merito al referendum confermativo della riforma della Costituzione italiana del 25 e 26 giugno prossimi. Senza dare specifiche indicazioni di voto, l’Ugci afferma che “la contrapposizione tra le forze politiche trasferita nell’arena della revisione costituzionale rischia di dare agli emendamenti costituzionali il carattere proprio di quella contrapposizione”.

Le disposizioni costituzionali, al contrario, secondo i giuristi cattolici, “portano in sé la vocazione di durare nel tempo al di là delle stagioni politiche”. Sul piano del metodo suscita “profonde perplessità” la riduzione della Carta costituzionale a “oggetto di scambio politico, sia tra le componenti della maggioranza che si è assunta la responsabilità di approvarne al revisione, sia tra i due opposti poli impegnati nella campagna referendaria”.

Per l’Ugci “è poco persuasiva la tesi secondo cui modificare la seconda parte della Costituzione non presenti alcuna implicazione per i principi fondamentali (artt. 1-12) e per la prima parte della stessa (diritti e doveri dei cittadini)”.

A preoccupare l’Ugci, inoltre, è “il carattere disomogeneo che una riforma così ampia finisce per avere” trattando insieme “aspetti tra loro privi di omogeneità. Non può – quindi – tacersi la difficoltà in cui verrà a trovarsi il cittadino chiamato ad esprimersi con un si o con un no su una legge di revisione costituzionale dai contenuti così eterogenei”. L’auspicio dei giuristi cattolici, quale possa essere l’esito del referendum, è “che non vada perduta la consapevolezza che è affidata al dettato costituzionale, l’unità non solo istituzionale, ma anche soprattutto dei valori di riferimento del nostro Paese, che è il massimo che si possa realizzare all’interno di una comunità politica”.Sir

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