Rinunciare a rendite di posizione e interventi burocratici per mettere al centro i più fragili (soprattutto famiglie con persone non autosufficienti o numerose) fornendoli di più servizi e meno trasferimenti economici, con maggiore solidarietà fiscale. E’ una delle ricette contenute nell’ottavo Rapporto povertà curato da Caritas italiana e Fondazione Zancan, presentato oggi a Roma. Mons. Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan, ha denunciato le profonde disuguaglianze in Italia, dove il quinto delle famiglie con i redditi più bassi percepisce solo il 7,0% del reddito totale mentre il quinto delle famiglie con il reddito più alto, percepisce il 40,8% del reddito totale. Mons. Pasini ha invitato a ristabilire un equilibrio organico, che consenta a tutti di fruire di sufficienti risorse e di offrire il proprio contributo. Non si tratta di un’operazione indolore ha osservato -. Essa comporta rinunce a privilegi ingiustificati da parte di tutti, dei cittadini garantiti e anche da quelli in disagio ma meno sfortunati di altri; la creazione di nuove scale di priorità nella spesa pubblica da parte dello Stato e degli enti locali, rinunciando a scelte forse utili ma non essenziali, per destinare le risorse a chi è privo del necessario; l’assunzione di nuovi stili di vita improntati alla sobrietà ed escludenti sprechi ed esibizioni sfacciate di lusso. Secondo mons. Pasini dobbiamo trarre lezione dall’attuale crisi economica-finanziaria: Per risolverla non si è tardato a sconvolgere alcuni fondamenti ideologici del sistema capitalistico, che sembravano inamovibili e dogmatici. Se si vuole veramente il bene comune’, un analogo ripensamento va fatto anche in rapporto alla società. Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan, ha fornito cifre inequivocabili: si può dare risposta alla povertà senza aumentare la spesa pubblica complessiva per la protezione sociale (366.878 milioni di euro) e senza aumentare la spesa per l’assistenza sociale (circa 47 miliardi di euro nel 2007). Ad esempio, ha suggerito, è possibile destinare ad un diverso utilizzo parti rilevanti della spesa per assistenza sociale, oggi destinata alla persone non autosufficienti e alle famiglie di lavoratori con figli. Anche se, ha ammesso, non è per niente facile, perché chi oggi beneficia dei trasferimenti pubblici e ne ha fatto una fonte di reddito non è disposto a rimettere in discussione i diritti acquisiti, anche se ragioni di equità portassero a riconoscere il contrario. Vecchiato ha ricordato, inoltre, che l’emergenza sociale riguarda 15 milioni di persone, quindi non solo i 7,5 milioni di persone ufficialmente sotto la soglia della povertà, ma altrettanti che si collocano poco sopra, quindi ad alto rischio di diventarlo.Sir