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Rapporto Onu: gravi violazioni dei diritti umani da entrambe le parti

Gravi violazioni dei diritti umani e delle leggi umanitarie sono state commesse da Israele e Hezbollah nei 34 giorni di conflitto in Libano. È quanto emerge da un Rapporto presentato il 4 ottobre a Ginevra da un gruppo indipendente di esperti di diritto delle Nazioni Unite che, dal 7 al 14 settembre, hanno condotto una missione in Libano per verificare eventuali crimini di guerra. Alle violazioni perpetrate dalle parti in lotta si aggiunge una situazione ben lungi dal normalizzarsi specialmente in territorio libanese dove solo da poco Israele, secondo quanto riferito dal suo rappresentante a Ginevra, Itzhak Levanon, ha completato il ritiro delle sue truppe come richiesto dalla risoluzione Onu 1701 che ha posto fine agli scontri. Il quadro post-bellico è reso particolarmente chiaro e cruento dal Rapporto Onu che presentiamo in sintesi.

BOMBE A GRAPPOLO. Nel Rapporto i quattro, PHILIP ALSTON, PAUL HUNT, WALTER KÄLIN e MILOON KOTHARI, evidenziano “gli effetti disastrosi provocati da circa un milione di bombe a grappolo (clusters bomb) lanciate da Israele in Libano. Dalla fine del conflitto sono già 14 le vittime di questi ordigni” per i quali gli esperti invocano la messa al bando e chiedono a Israele le necessarie “informazioni per la loro eliminazione”. Il Rapporto attribuisce a Israele e a Hezbollah la responsabilità di avere colpito “obiettivi civili senza tenere conto del principio di distinzione”.

ISRAELE. I numeri forniti dal Rapporto sono impressionanti: “Più di 7mila gli obiettivi colpiti in Libano dall’aviazione israeliana, 2.500 i bombardamenti portati dalla Marina, oltre 10mila i razzi sparati dall’esercito con 1191 morti e 4.405 feriti. Un terzo dei morti e dei feriti sono bambini. Gli sfollati sono circa 1 milione. 200mila le persone che non possono fare rientro a casa”.

HEZBOLLAH. Secondo quanto riportano gli esperti gli hezbollah hanno lanciato “4.500 razzi, 900 dei quali hanno colpito zone abitate nel nord di Israele. 43 i civili uccisi, un terzo dei quali arabi-israeliani. 7 i bambini che hanno perso la vita, 75 i feriti gravi, centinaia quelli lievi”. Cifre ufficiali parlano di “12mila case israeliane danneggiate per 300mila persone costrette alla fuga verso il sud. Coloro che sono rimasti, qualche centinaia di migliaia, hanno trovato rifugio nei bunker antirazzi”.

CONTRO I CIVILI. La situazione per le popolazioni civili, si legge nel Rapporto, è stata resa ancora più dura “dalla distruzione in Libano di 12 strutture mediche e il danneggiamento di altre 38. Ambulanze e convogli umanitari della Croce Rossa sono stati attaccati. Le persone rimaste nel sud del Libano, tra questi anche disabili e anziani, per settimane non hanno avuto assistenza medica, acqua ed elettricità”. In territorio israeliano “gli ospedali distrutti da hezbollah sono stati 4, evacuata una clinica psichiatrica. Molti pazienti hanno passato intere giornate in ambienti sovraffollati e poco igienici”. A questo si aggiunge anche la denuncia di “cittadini arabo-israeliani che hanno affermato di aver ricevuto meno assistenza medica rispetto ai connazionali israeliani”.

APPELLO ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE. Il Rapporto non si limita a fornire dei dati della distruzione materiale compiuta dall’esercito con la stella di David e dalle milizie di Hezbollah ma lancia un appello alla comunità internazionale perché si mobiliti a favore delle vittime della guerra. “La comunità internazionale – si legge – deve innanzitutto prendere urgenti provvedimenti per mettere al bando le bombe a grappolo che impediscono un rientro sicuro alle popolazioni nelle loro case. Inoltre deve adoperarsi per dare un alloggio sicuro a chi lo ha perso, garantire i servizi sanitari, in particolare trattamenti di supporto psicologico, e promuovere attività di sostegno verso le persone più vulnerabili, donne, anziani e bambini sia in Libano che Israele. Nei due Paesi il conflitto ha avuto un grande impatto sulla salute psicologica e mentale delle popolazioni con conseguenze traumatiche che per molti potrebbero protrarsi per il resto della loro vita. Da qui l’urgenza di attività di riabilitazione psicofisica per le vittime del conflitto”.