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RAPPORTO CENSIS SULL’ITALIA: CLIMA COMPLESSIVO PIU’ TONICO; CALA LAVORO AUTONOMO, AUMENTA QUELLO IN NERO

“Il clima complessivo dell’Italia è più tonico, anche se l’Ocse, l’Economist e qualche famoso imprenditore come De Benedetti nei giorni scorsi ci hanno dipinto come in declino, se non al collasso”: lo ha detto questa mattina a Roma il sociologo e presidente del Censis Giuseppe De Rita, presentando l’annuale Rapporto sulla situazione sociale del Paese, giunto alla 39ª edizione. “Il problema – secondo De Rita – è che oggi si registrano numerosi piccoli ma significativi segnali di volontà di recupero”. Il presidente del Censis ha citato le 40mila nuove imprese avviate nell’ultimo anno di cui circa metà ad opera di immigrati; ancora il ritorno degli investimenti familiari nelle imprese piccole o grandi che siano, come nel caso degli Agnelli che si sono “ricomprati” la Fiat. Ha poi richiamato il nuovo vigore delle banche “che sono piene di soldi, fin troppi a mio avviso”, ha detto.

“Il fattore che come Censis abbiamo voluto approfondire è stato quello di una identità di popolo che, nonostante le molte difficoltà e carenze di questi anni, ha permesso all’Italia di reggere e imboccare la via di una timida ripresa”. Questo fattore per De Rita è un fattore “morale”, che ha sempre caratterizzato il nostro Paese “al di là delle frequenti accuse di nanismo industriale che spesso ci raggiungono”. “I motori italiani – ha poi concluso – hanno ricominciato a funzionare e ora si tratta di seguire la ripresa che, pur gracile, si profila all’orizzonte. La gente non è più ripiegata su se stessa, le spese riprendono, si cerca una migliore qualità della vita. La grande energia sociale dell’Italia non è sparita, ma dal Rapporto di quest’anno esce confermata e pronta a ripartire”.

“Non si è soli con i propri problemi, anche se essi non mancano, come nel caso della povertà e disoccupazione”. È quanto viene registrato nel 39ª Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, che elenca i due estremi del 10% delle famiglie più ricche che possiede quasi la metà dell’intera ricchezza netta del Paese, mentre, dall’altro lato, troviamo 2,674 milioni di famiglie che si trovano in condizione di povertà “relativa”, cioè al limite o per un 20% di loro al di sotto della soglia minima di sopravvivenza. Secondo il Censis, tuttavia, in Italia vige una sorta di tradizione “morale” che fa sì che i problemi vengono in qualche modo condivisi a livello sociale, territoriale, comunitario.

“Lo stesso magistero ecclesiale – si nota nel Rapporto – tanto spesso in passato considerato con indifferenza, ha oggi audience consistente proprio perché la gente cerca sicurezza valoriale”. Il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, ha sottolineato che tra le “zavorre di sistema che ci portiamo dietro ci sono il corto orizzonte dei ricchi, diversi dei quali non pensano in termini prospettici ma di traguardi; dall’altra parte, c’è la zavorra del sistema pubblico nel quale si registra una caduta di managerialità e il proliferare dei centri decisionali che rende pesante la gestione dei problemi”. L’Italia, comunque sia, “tiene” perché non solo continua ad apprezzare l’istituzione familiare, ma anche perché ha un forte e articolato patrimonio di “reti sociali”. Nel Rapporto si citano le cooperative sociali, il volontariato, le Ong, l’associazionismo, tutte presenze “che mettono in campo azioni, energie e strategie che operano nei fatti in modo coesivo”.

Uno degli aspetti più critici che emergono dal Rapporto è il “rallentamento generale nell’andamento del mercato del lavoro”, dice il Censis. Mentre, infatti, si registra un aumento di occupati e la riduzione in valore assoluto della disoccupazione sotto il 9%, il Rapporto nota che “nel 2004 si è ridotta la partecipazione delle persone al lavoro, per lo scoraggiamento di non riuscire ad entrare nel mondo del lavoro”. Cala il lavoro autonomo (-2,7%) e cala anche il part-time, mentre l’occupazione nella grande impresa è scesa in 4 anni del 7%. Il Censis nota, invece, che il lavoro “sommerso” o “in nero” come viene comunemente definito è in aumento: quello autonomo irregolare, specie al Sud, è passato dal 15,7 al 16,2%, mentre quello dipendente, sempre irregolare, è cresciuto dal 26 al 27,9%. C’è poi un’area di irregolarità diffusa con buste paga ridotte, minori ore dichiarate…, che è passata dal 21,3 al 22,5%.

Nel Rapporto Censis si afferma che per contrastare il fenomeno al Nord chiedono “l’incremento dei controlli”, mentre al Sud si punta alla “fiscalizzazione del costo del lavoro”. Problemi del resto ci sono a tutti i livelli del mondo del lavoro. In 1 anno i dirigenti sono calati da 549mila a 475mila (-13,4%), mentre di converso sono aumentati i “quadri” da 1,116 milioni a 1,224 milioni. Parecchi dirigenti di fatto hanno visto cambiare in peggio la loro collocazione lavorativa. “Dobbiamo ricordare – ha detto Giuseppe Roma, direttore del Censis – che comunque rimaniamo sempre la 7ª economia del mondo, anche se la Cina potrebbe scavalcarci presto. Secondo noi abbiamo delle schegge settoriali di vitalità che contribuiranno non poco alla tenuta e anche al rilancio del nostro Paese”. Sir

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