Italia

RAPPORTO CARITAS-ZANCAN: OLTRE 7,5 MILIONI I POVERI IN ITALIA

La povertà in Italia sta assumendo proporzioni rilevanti e potrebbe peggiorare ulteriormente, secondo la tendenza per la quale oggi, rispetto a 10 anni fa, il numero di coloro che sono sotto la soglia di povertà è aumentato a 7,5 milioni: lo afferma la ricerca “Vite fragili – Rapporto 2006 su povertà ed esclusione sociale in Italia” presentata oggi a Roma dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan, che hanno curato il volume edito da Il Mulino. I Centri di ascolto della Caritas e le varie mense delle città registrano in numero crescente persone che, pur avendo un lavoro fisso, dispongono di un reddito insufficiente a coprire le spese ordinarie del menage quotidiano, questo mentre – dice mons. Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan – “la distribuzione della ricchezza evidenzia una crescente divaricazione sociale, con l’1% delle famiglie che possiede il 17,2% della ricchezza nazionale e il 10% del ceto più alto che possiede il 48,5% dei beni nazionali”. Nel Rapporto si sottolinea che “la maggiore fragilità, di fronte a queste situazioni di ingiustizia, si registra tra i bambini, paradigma dell’esclusione sociale”.

Il “Rapporto 2006 su povertà ed esclusione sociale in Italia” analizza in maniera approfondita la condizione dei minori quale “icona e metafora della fragilità”. Si parte dai “minori stranieri”, che appartengono a ben 191 nazionalità, presenti oggi nella maggior parte delle scuole italiane, dove costituiscono in media il 5% circa delle presenze e sono, in numero assoluto, circa 500.000 (stima per l’anno scolastico 2006-2007). Tra di loro si registrano le maggiori “criticità”, dice il Rapporto, quali ritardo scolastico, divario negli esiti e nella prosecuzione degli studi. La disabilità infantile è un altro fattore di grande fragilità, abbinato all’altro fenomeno in crescita, quello dei “bambini con più famiglie”. In numero assoluto, le persone che vivono in famiglie con libere unioni, famiglie ricostituite da separati e divorziati, oppure con un solo genitore, sono 5,36 milioni. “Sono figli che rischiano di entrare in una fase di povertà, in particolare quando la famiglia diviene monogenitoriale (monoreddito o a reddito incerto)” Un’altra “fragilità sociale” è quella femminile quando si rompe un matrimonio e la donna non ha propri redditi o risorse economiche.

Nel Rapporto presentato oggi a Roma si illustrano i dati raccolti in 241 Centri di ascolto Caritas di 147 diocesi italiane, vale a dire due terzi del totale. Sono state censite 17.203 persone in maggioranza di cittadini stranieri (63,6%), dei quali più della metà provengono dall’Europa orientale (51,9%) e il 23,8% dall’Africa. “Ciò che sta a cuore alla Caritas – dice il direttore mons. Vittorio Nozza – anche alla luce degli impegni emersi dal convegno nazionale di Verona, è di far crescere una cultura della carità e della giustizia, perché le realtà di Chiesa possano farsi carico di azioni in risposta ai bisogni concreti dei poveri”.

Tra i fenomeni che vengono segnalati nel Rapporto, la nuova tendenza di “impoverimento del ceto medio”, con molte famiglie “in affanno” che non riescono con il reddito disponibile a sostenere le spese mensili, esaurendo lo stipendio entro la terza settimana. Un altro allarme riguarda il fatto che “in Italia non esiste una ‘rappresentanza della povertà’ a livello politico, sindacale e culturale”. Nel Rapporto sono state raccolte 120 “storie di vita” di altrettante famiglie in carico presso i Centri di ascolto delle Caritas.

“Gli stranieri che si rivolgono, in Italia, ai centri di ascolto Caritas hanno in genere un grado di istruzione superiore agli italiani che si presentano per chiedere aiuto. Così ottengono risultati migliori, nel senso che conoscono meglio strumenti e servizi sociali a loro disposizione e li sanno utilizzare maggiormente”. Lo ha detto a Roma il ricercatore della Caritas italiana Renato Marinaro durante la presentazione della Rapporto “Vite fragili”. “Questo perchè i poveri che bussano da noi, se sono italiani – ha aggiunto – hanno un’istruzione più bassa e non sanno cosa chiedere, se non aiuti economici. Tra gli stranieri funziona invece un forte sistema di rete per cui le informazioni girano maggiormente. I centri Caritas per gli immigrati fungono spesso da trampolini di lancio verso livelli progressivi di inserimento”. Dal canto suo Vecchiato della Fondazione Zancan ha auspicato che le Regioni elaborino piani di lotta alla povertà articolati e credibili, ricordando che finora solo poche lo hanno fatto e con risultati non particolarmente evidenti.Sir