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RAPPORTO CARITAS – ZANCAN: LA POVERTÀ IN ITALIA COLPISCE FAMIGLIE E BAMBINI

“Le indicazioni della Chiesa non sono un puro catalogo di imperativi morali, di dover essere, ma sono soprattutto l’invito” ad essere “una comunità di credenti esperti in umanità”. Con questa premessa, mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italia ha presentato il VII Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia. “L’essere esperta in umanità – ha proseguito Nozza – ci impone di esserci, di intervenire e di alzare la voce soprattutto in favore dei bisogni emergenti, meno considerati ed urgenti e ci chiede di investire in una rinnovata capacità di leggere la realtà, coinvolgendo le comunità e il territorio che si è chiamati a servire”. Nasce da qui la “prevalente funzione pedagogica” che sta alla base dell’azione della Caritas, facendo crescere nella quotidianità “forme sempre più diffuse di denuncia, di responsabilità, di coinvolgimento e di impegno per la giustizia e la solidarietà. Nella quotidianità questo deve tradursi nella fattiva vicinanza alle povertà e ai drammi dei nostri territori”. In che modo è possibile realizzarlo? Attraverso un “progetto Rete” che vede coinvolte le Caritas sul territorio. Con il VII Rapporto Caritas e Zancan vogliono ribadire che “non intendiamo rassegnarci alla povertà”. “Continuare a sperare – ha detto mons. Nozza – è un doveroso imperativo per la comunità cristiana”.

Assenza di un piano di contrasto alla povertà, ricaduta negativa di questo vuoto nella famiglia, il rischio di un progressivo allargamento dell’esclusione sociale. Sono “essenzialemente” questi tre elementi a caratterizzare quest’anno il Rapporto. A sottolinearlo è stato questa mattina mons. Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan. “In sintesi – ha detto – la storia del nostro Paese è come disseminata di ‘buone intenzioni’ ma esse non si sono mai tradotte in un piano esplicito, serio, organico di lotta alla povertà, ivi compresa la dotazione di criteri e di tempi di verifica della sua efficacia”. Caritas e Fondazione Zancan – prosegue Pasini – “escludono inoltre che il problema della povertà possa essere risolto delegandolo al solidarismo privatistico. Gli interventi del privato-sociale e della stessa Chiesa sono indubbiamente utili e necessari , ma sono di loro natura integrativi dell’intervento pubblico e per lo più settoriali. Non hanno pertanto né la capacità né il potere di affrontare globalmente il problema della povertà e delle sue cause, né quello di garantire ai poveri risposte sul piano dei diritti”. “Pertanto – ha aggiunto Pasini – è difficile pensare che la povertà possa essere superata senza un piano organico che coinvolga in prima persona l’istituzione pubblica”.

Dal Rapporto emerge che la povertà in Italia colpisce le famiglie e i bambini. Le famiglie che vivono in condizioni di povertà sono 2 milioni 585mila (l’11,1% delle famiglie e il 13,1% della popolazione). Sono cioè 7 milioni e 577mila persone e tra queste molti sono i bambini. Il 26,2% delle famiglie con 5 o più componenti vive in condizioni di povertà; nel mezzogiorno questo dato sale al 39,2%. Avere tre figli da crescere significa un rischio di povertà pari al 27,8% e nel Sud questo valore sale al 42,7%. Le misure delle privazioni possono essere “imbarazzanti”: nel Meridione il 13,5% delle famiglie confessa di non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni e in generale – in tutto il Paese – a non mangiare in modo adeguato è il 17,5% dei nuclei. Quasi l’11% non può riscaldare in modo accettabile la propria casa, il 39% non fa nemmeno una settimana di vacanza l’anno. L’affitto, nelle famiglie a reddito basso, si mangia in media il 30,7% delle entrate.

Il problema – si legge nella sintesi del Rapporto presentata questa mattina in conferenza stampa da Tiziano Vecchiato – interessa le famiglie in generale e, in modo crescente, anche una nuova tipologia di famiglia, quella ricostituita a seguito della rottura di altre famiglie (per separazione, divorzio o altra causa). Secondo l’Istat (2005), in Italia, almeno 5.362.000 persone vivono in famiglie che sono libere unioni, in famiglie ricostituite coniugate, in famiglie con un solo genitore. “Una parte dei figli interessati da queste esperienze rischia di entrare in una condizione di povertà, in particolare quando la famiglia diventa monogenitoriale e, quindi, molto spesso monoreddito. Il fenomeno interessa quasi sempre madri sole con figli. Caritas e Fondazione Zancan chiedono che il piano di lotta alla povertà “abbia al proprio interno non solo obiettivi e finalità ma anche risultati attesi misurabili, condizioni di efficacia verificabili e quanto altro serve per passare dalla dichiarazioni di principio alla fattibilità”.

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