Pisa

Ranieri, il giovane ricco e il ruolo dei laici nella Chiesa

di Caterina Guidi

Non è bastata la pioggia battente a scoraggiare quanti lo scorso giovedì si sono recati nella Cattedrale di Pisa per pregare davanti a  San Ranieri, patrono della città e dell’arcidiocesi. La messa pontificale, iniziata alle ore 11, ha dato ufficialmente il via all’anno giubilare in occasione degli 850 anni dalla morte del santo penitente: un anno per celebrare, ricordare, far conoscere, meditare una figura lontana nel tempo e spesso lontana – purtroppo – anche dal cuore di molti pisani. L’urna contenente il corpo di Ranieri è stata – come tradizione – spostata dal transetto sud dove solitamente è collocata e sistemata presso la balaustra a sinistra dell’altare maggiore, per permettere a tutti di avvicinarsi, osservare, pregare. La pioggia – che ha impedito la consueta processione dei celebranti dal Battistero al Duomo – ha «salvato» la sera della Luminaria: quest’anno la Cattedrale è rimasta aperta fino alle 23, mentre nel tardo pomeriggio – nell’ora della morte di Ranieri – le campane di tutte le chiese della diocesi hanno suonato contemporaneamente. Una festa che unisce la diocesi e la città: presenti al pontificale il sindaco Marco Filippeschi, il presidente della provincia Andrea Pieroni, i rappresentanti del consiglio comunale e le autorità militari, il prefetto Antonio De Bonis e il questore Raffaele Micillo, la Deputazione dell’Opera del Duomo con il presidente operaio Pierfrancesco Pacini e gli altri deputati. Dopo il saluto a tutta l’assemblea, l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto ha ricordato l’importante scadenza del 2010, anno in cui la diocesi ha il dovere e la possibilità di riportare San Ranieri al centro dell’azione pastorale. Ha poi salutato i sacerdoti che festeggiano in questo anno il giubileo dell’ordinazione: monsignor Nello Pochini, prete da ben 70 anni, per tutta la vita parroco in Alta Versilia. Don Rino Peressini, ordinato sessant’anni fa e da oltre 30 anni missionario in America latina. Un saluto speciale è stato rivolto a monsignor Ferdinando Verona, economo della Curia, anch’egli presbitero da 60 anni. Sono preti da 50 anni don Baldo Batini, parroco di Nodica; don Roberto Bovecchi, attualmente cappellano dell’Ospedale della Versilia; don Florio Giannini, parroco di Marina di Pietrasanta; padre Dino Mignani, degli Oblati di Maria Vergine, in servizio nella parrocchia pisana dei Santi Jacopo e Filippo. Hanno già festeggiato – il 5 gennaio scorso – i 25 anni di ordinazione don Giovanni Corti, parroco di Latignano e Santo Stefano a Macerata, e monsignor Stefano Serafini, parroco della propositura di Barga, San Pietro in Campo e Sommocolonia. A presiedere la concelebrazione è stato monsignor Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Al suo fianco l’arcivescovo Benotto e monsignor Lorenzo Baldisseri, originario di Barga, oggi Nunzio apostolico in Brasile. Hanno concelebrato 97 sacerdoti provenienti da tutto il territorio diocesano. La Cappella musicale del Duomo – diretta dal maestro Riccardo Donati e accompagnata all’organo da Claudiano Pallottini – ha solennizzato con il canto la celebrazione.«Oggi i fedeli pisani – ha ricordato nell’omelia monsignor Amato – compiono il primo passo di un lungo pellegrinaggio», quello dell’anno giubilare, verso la riscoperta del patrono dell’arcidiocesi. «È un cammino da intraprendere seguendo da subito la giusta direzione. Non c’è solo da riportare al centro dell’attenzione la figura di San Ranieri: c’è da riscoprire l’entusiasmo di essere cristiani». Monsignor Amato ha poi ripercorso le tappe fondamentali della vita del santo pisano: «era un’epoca florida per la città. Un periodo ricco e fiorente. Lo stesso Ranieri, figlio di un mercante, era di famiglia benestante ed ebbe – secondo le fonti – una giovinezza dissoluta».oi l’incontro con l’eremita Alberto e la frequentazione del monastero di San Vito, la conversione, la penitenza, la partenza verso la Terra santa come pellegrino nei luoghi della vita di Cristo; quindi il ritorno a Pisa e la permanenza a San Vito, dove riceveva le persone, predicava, cercava di risolvere i contrasti e operava guarigioni. «Secondo il Sainati – ha ricordato Amato – si contano negli ultimi anni di vita di Ranieri oltre cento miracoli. Quando muore, il suo corpo viene portato in questa Cattedrale; perfino durante i riti funebri compie un miracolo: la guarigione dell’arcivescovo Villano Villani, malato da tempo». Un santo dalla vita ricca, una figura complessa che ha ancora molto da dire all’uomo di oggi: «San Ranieri racchiude in sé 5 caratteristiche spirituali: la penitenza nella povertà. Fu pellegrino nei luoghi santi ; fu un testimone della fede e della pace in un secolo – il XII – di guerre e fazioni all’interno della stessa città di Pisa. Era un laico: pur essendo piuttosto colto non fece mai parte del clero: rimase laico e da laico richiamava anche gli ecclesiastici ai propri doveri. Fu un taumaturgo, operando numerose guarigioni in vita e dopo la morte». Un santo che, pur avendo trascorso parecchi anni lontano dalla sua città, è rimasto prima di tutto un cittadino pisano: «l’amore per Pisa, i contatti che egli mantenne con gli amici, il suo orgoglio e il desiderio di portare pace nella città d’origine sottolineano tutta la “pisanità” di questo personaggio. Anche per questo fu considerato “in odore di santità” già in vita, e – dopo la morte – elevato all’onore degli altari praticamente a furor di popolo».Ma quale insegnamento impartisce oggi Ranieri? In che modo la sua santità parla anche a noi? «Io credo – ha spiegato monsignor Amato – che la lettura attuale di Ranieri possa essere fatta attraverso il brano evangelico del giovane ricco: c’è una legge antica, la legge di Mosè, alla quale il giovane è fedele: è nel Decalogo che risiede il segreto della felicità dell’uomo». Ma come al personaggio del vangelo di Matteo, neppure a noi bastano i comandamenti per realizzare la nostra vita in maniera autentica: «dobbiamo accettare pienamente Cristo Parola fatta carne». E l’indicazione della strada da percorrere il cristiano la può trovare sempre nel vangelo di Matteo, prima del racconto del giovane ricco: «il discorso della montagna delinea la vera identità del battezzato. Ci indica quale grande possibilità di vita viene concessa mediante la Grazia e mostra la vocazione universale di tutta la Chiesa alla santità». E i laici – ancora una volta – sono al centro dell’attenzione per il loro ruolo nella società e nel mondo: «il “campo” in cui un laico può esercitare la santità – ha concluso monsignor Amato – può essere molto più vasto rispetto a quello di un religioso o un ecclesiastico: c’è la famiglia, il lavoro, l’ambito sociale… sull’esempio di Ranieri ci sono tre passi da compiere: prima di tutto convertiamoci; spogliamoci del peccato e – come fece il pellegrino pisano – rivestiamoci di una veste nuova, data dalla Grazia».In occasione della festa c’è stata anche l’inaugurazione dei nuovi uffici della Curia arcivescovile. L’ufficio per i Beni culturali, l’ufficio tecnico e quello amministrativo sono stati spostati dalle precedenti sedi – al piano terra dell’Arcivescovado – all’ala nord est del Palazzo, dove si trovava – il cartiglio sul portone lo ricorda ancora oggi – l’archivio arcivescovile. Dopo decenni di abbandono questi locali tornano ad essere utilizzati; i lavori di restauro – iniziati già quando era vescovo monsignor Plotti – sono stati curati dall’Opera della Primaziale pisana.