Cultura & Società
Radio Vaticana: padre Lombardi lascia direzione. «La riforma dei media è benvenuta»
«Sono perfettamente d’accordo che si proceda e mi pare che l’approccio complessivo adottato sia corretto», dice Lombardi in un’ampia intervista di bilancio rilasciata all’emittente, ma «non bisogna illudersi di poter fare molto di più e meglio investendo meno risorse», perché «la comunicazione costa e continuerà a costare». Quanto all’accorpamento di Radio Vaticana e Centro Televisivo Vaticano, Lombardi dichiara: «Sono molto contento di questa prospettiva, che è del tutto naturale. Sono stato per oltre 11 anni direttore anche del Ctv, che è stato per me come una seconda famiglia dopo quella della Radio. Credo che una delle sfide della riforma sia di integrare e coordinare i diversi enti mediatici senza appesantire e complicare. Mi auguro che ci si riesca bene».
Mettendo l’accento sull’«eccezionale ricchezza di comunicazione multilinguistica e multiculturale, per inculturare il messaggio dei Papi e della Chiesa in molte culture diverse», che è l’eredità più importante di Radio Vaticana, diffusa in quasi 40 lingue, Lombardi auspica «che vada conservata», poiché «una sua riduzione per motivo di risparmio economico sarebbe in realtà un vero impoverimento della comunicazione vaticana». Quanto al personale della Radio, Lombardi ricorda che «ora ci sono più di trecento persone dedicate e motivate, che desiderano continuare a impegnarsi per il servizio della Santa Sede con le loro capacità umane e professionali e con la loro motivazione ecclesiale».
A proposito del rapporto speciale tra i gesuiti, ai quali finora è stata sempre affidata la direzione,di Radio Vaticana, Lombardi dichiara: «Siamo sempre stati fieri di svolgere questo compito in modo veramente disinteressato. Portare la responsabilità di una istituzione che ha per natura sua costi considerevoli e non ha praticamente entrate possibili, mette nella condizione un po’ disagevole di dover chiedere sempre molti soldi e non portarne mai. Non molti avrebbero accettato con disponibilità questa situazione per decenni, esponendosi a critiche e obiezioni. Ma noi lo abbiamo fatto senza incertezze, credendo nella missione ricevuta. Ora, nel contesto della riforma, il Papa ha manifestato il desiderio che i gesuiti continuino un servizio nel campo della comunicazione; ma non esistendo più la Radio Vaticana, che era loro affidata per Statuto, bisognerà vedere come si possa identificare chiaramente una nuova area di responsabilità dei gesuiti».
«Nel dna della Radio Vaticana e della sua missione fin dalle origini e poi in particolare nel tempo della Chiesa oppressa dai totalitarismi, soprattutto comunisti, c’è stato sempre il servizio dei cristiani oppressi, dei poveri, delle minoranze in difficoltà, piuttosto che la sudditanza assoluta all’imperativo della massimizzazione dell’audience», ricorda padre Federico Lombardi. «Naturalmente la misura dell’audience va tenuta in conto adeguato, ma non è tutto», dice in un’ampia intervista di bilancio all’emittente che definisce «la sua casa», rimasta tale anche dopo aver assunto la direzione del Centro Televisivo Vaticano e della sala stampa della Santa Sede: «Spero che questo non venga dimenticato neanche in futuro nel discernimento sugli sviluppi della comunicazione vaticana. È una bella sfida: come tener veramente presenti i poveri, come combattere la ‘cultura dello scarto’ nel mondo nuovo della nuova comunicazione».
Il «tempo più travagliato», per quanto riguarda Radio Vaticana, secondo Lombardi «è stato quello delle discussioni e accuse per il cosiddetto elettrosmog per l’attività del Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria. Era duro essere accusati – in modo certamente ingiusto – di fare del male, perfino di uccidere i bambini; ma per fortuna avevamo la coscienza a posto e credo che proprio per questo sapemmo sostenere la prova con responsabilità, pazienza, serietà morale e competenza scientifica». Tra le gioie, «le testimonianze di ascoltatori che vivevano in situazioni difficili e riuscivano a farci arrivare un messaggio di gratitudine per il nostro servizio» da ogni parte del mondo. «Il dispiacere più grande» quello di non aver potuto realizzare un programma in lingua hausa, richiesto dai vescovi della Nigeria settentrionale.