Boduin è stato ucciso mentre cercava di migliorare le condizioni scolastiche di migliaia di bambini che vivono in guerra. Nonostante il dolore, la rabbia e la disperazione per questo brutale assassinio, chiediamo giustizia e non violenza: lo afferma oggi l’Avsi, (Associazione volontari per il servizio internazionale), l’ong italiana di ispirazione cattolica attiva nella Repubblica democratica del Congo dal 2002: ieri dei banditi hanno ucciso uno dei suoi operatori, Boduin Ntamenya, 52 anni, originario di Goma (Nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo), mentre stava svolgendo il suo lavoro in zona di guerra, nel territorio di Rutshuru (a 80 km da Goma). Lavorava per l’Avsi da quasi due anni e faceva parte di una equipe di formatori che appoggia e sostiene gli insegnanti e gli studenti che lavorano e studiano in zone di conflitto. Era in viaggio insieme all’autista dell’Avsi, quando il fuoristrada è stato attaccato da quattro banditi armati. L’autista è stato colpito ad una mano e al ventre, ed operato d’urgenza dallo staff di Medici Senza Frontiere. Sta ora combattendo per la vita. Boduin, colpito in pieno dalla raffica, è morto prima di raggiungere l’ospedale del villaggio. I caschi blu che operano in zona, insieme alle principali agenzie Onu e ad Avsi spiega l’ong -, stanno oggi cercando di far luce sull’esatta dinamica degli avvenimenti. In zona di guerra, molto spesso la giustizia è sommaria. Se dei banditi come quelli che hanno aperto il fuoco sull’auto di Avsi vengono catturati, può accadere che vengano lapidati in piazza dalla folla inferocita o fucilati dalle truppe che controllano in quel momento il territorio. Anni di conflitto e di totale assenza di leggi, conducono sulla pericolosa strada della violenza che genera solo altra violenza. Ma nonostante il dolore, la rabbia e la disperazione per questo brutale assassinio, ripetono, l’equipe di Avsi chiede giustizia e non violenza: E per sconfiggere la violenza abbiamo una sola arma efficace a nostra disposizione: il perdono. Un’arma difficile da maneggiare. Un’arma che pare aumentare l’ira e lo sconforto invece di placarli. Ma l’alternativa è la vendetta, che brucia ogni speranza di pace. Boduin, che lascia 6 figli e la moglie, é stato ucciso mentre cercava di costruire la pace concludono -. Avsi continuerà il suo lavoro. E potrà farlo solo affrontando le difficoltà e le paure del saper perdonare. Cercando pace e giustizia, rifuggendo violenza e vendetta.I caschi blu che operano in zona, insieme alle principali agenzie Onu e ad Avsi spiega l’ong -, stanno oggi cercando di far luce sull’esatta dinamica degli avvenimenti. In zona di guerra, molto spesso la giustizia è sommaria. Se dei banditi come quelli che hanno aperto il fuoco sull’auto di Avsi vengono catturati, può accadere che vengano lapidati in piazza dalla folla inferocita o fucilati dalle truppe che controllano in quel momento il territorio. Anni di conflitto e di totale assenza di leggi, conducono sulla pericolosa strada della violenza che genera solo altra violenza. Ma nonostante il dolore, la rabbia e la disperazione per questo brutale assassinio, ripetono, l’equipe di Avsi chiede giustizia e non violenza: E per sconfiggere la violenza abbiamo una sola arma efficace a nostra disposizione: il perdono. Un’arma difficile da maneggiare. Un’arma che pare aumentare l’ira e lo sconforto invece di placarli. Ma l’alternativa è la vendetta, che brucia ogni speranza di pace. Boduin, che lascia 6 figli e la moglie, é stato ucciso mentre cercava di costruire la pace concludono -. Avsi continuerà il suo lavoro. E potrà farlo solo affrontando le difficoltà e le paure del saper perdonare. Cercando pace e giustizia, rifuggendo violenza e vendetta.Anche l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) condanna oggi l’assassinio a sangue freddo dell’operatore Avsi, esprimendo anche preoccupazione per gli oltre 10.000 sfollati che stanno cercando rifugio nella missione dell’Onu a Rutshuru. Secondo l’Unhcr i ribelli di Laurent Nkunda stanno cercando di impedire alle persone di andare nei campi, perfino con detenzioni arbitrarie. Secondo le stime più recenti, sono circa 142.000 gli sfollati accolti nei 6 campi allestiti dall’organismo delle Nazioni Unite nelle vicinanze di Goma. Il conflitto nel Nord Kivu si è intensificato alle fine del 2006. Da gennaio 2008 sono in totale più di 846.000 gli sfollati nella regione.Sir