Opinioni & Commenti

Quella voglia di fuggire dal dolore

di Alberto MigoneQuesta domenica la Chiesa ripropone alla nostra riflessione la Passione di Gesù nel racconto dell’evangelista Luca. Come ogni anno l’ascolteremo con attenzione in uno sforzo sincero di immedesimarsi nell’evento e di riviverlo in noi.Ma fino a che punto ci coinvolge davvero? Il rischio dell’assuefazione è sempre lì: quante volte l’abbiamo ascoltata! E così termini come angoscia, scherno, percosse,insulti, flagellazione, morte di croce possono perdere gran parte della loro tragica pregnanza e venire attenuati nella loro realtà.

Il fatto è che la dimensione fisica del dolore, che tanto ci spaventa e giustamente, non vogliamo vederla, tendiamo a rimuoverla, ad allontanarla da noi e intorno a noi, ma, non potendola cancellare, la attenuiamo, perfino nell’uso dei termini, di fronte ai tanti drammi che ci circondano e anche al Dramma che della storia è spartiacqua.

Poi un film – La Passione di Cristo di Mel Gibson –, sia pure molto discusso, ci riporta violentemente all’hic et nunc storico, alla realtà del corpo violato, della carne martoriata, del dolore senza limiti. È un pugno nello stomaco che fa riflettere: la Via Crucis di Gesù fu straziante al di là di ogni immaginazione, come sempre accade quando per decisione dei potenti di turno l’uomo diventa oggetto, consegnato ad aguzzini convinti e contenti del loro infierire.

Questo aspetto della Passione è finito un po’ in ombra nel sentire dei cristiani, impedendo o attenuando quella partecipazione vitale al Dramma di Gesù, a quel crocifixo condolere che era tanto presente anche nella devozione popolare e che si mantiene ancora, in certe forme, in alcune regione del Sud Italia. E che in una visione di fede ci riempie di meraviglia e gratitudine perché tutto queste avvenne «per noi uomini e per la nostra salvezza».Certo non possiamo fermarci al Venerdì santo in un dolorismo che è lontano dall’autentica visione cristiana della sofferenza. La Croce porta alla luce e ora noi contempliamo Cristo – il risorto, il vincitore della morte, il nostro salvatore – nella gloria del Padre.

Ma non possiamo neppure rimuoverla, perché Gesù continua nelle sue membra ad essere inchiodato alle tante croci che sotto ogni latitudine la crudeltà umana ha saputo, nel tempo, inventare e perfezionare, spesso anche per l’ignavia dei «buoni».

E queste ci coinvolgono in prima persona sia per chiedersi con verità da che parte stiamo sia per condividere con azioni precise. Qualche chiodo può essere certamente divelto a cominciare da quelli che si conficcano senza martello.

The Passion, un atto di intensa devozione (di Carlo Bazzi)

La recensione di Francesco Mininni