Lettere in redazione

Quel rito dell’ultimo giorno di scuola

Caro Direttore, anche quest’anno l’ultimo giorno di scuola ha visto il consueto rito di decine e decine di studenti che tirano gavettoni d’acqua farina uova, imbrattano luoghi pubblici (stavolta anche S. Spirito), importunano la gente ecc.: comportamenti che denunciano – prima ancora che l’inciviltà – il vuoto di una generazione formata sul «Grande fratello», che fa tranquillamente scempio di tutto perché di tutto ha smarrito il valore.

Tanti dovrebbero sentirsi sfidati da questo triste rito (penso per esempio a tanti nostri assessori, così preoccupati di difendere il pubblico decoro dai mendicanti…). Come cristiano, mi piacerebbe vedere un’iniziativa «provocatoria» lanciata dalle realtà ecclesiali impegnate nel mondo giovanile (Opera «La Pira», CL, Movimento studenti di AC, ecc.): l’ultimo giorno di scuola noi si va a Barbiana, a pregare e riflettere sulla tomba del priore che ci ha insegnato la sacralità della scuola, delle cose, del tempo! Amici, pensateci.

Francesco MichelazzoFirenze

E’ vero, caro Francesco, le feste di fine anno scolastico troppo spesso degenerano, connaturandosi come veri e propri atti vandalici che non risparmiano né le persone né i monumenti storici, magari appena restaurati con denaro pubblico.

Ma al di là di questo – che è oggettivamente grave – preoccupano soprattutto perché emerge la volontà di distruggere e il disprezzo per gli altri. Credo sia ancora un fenomeno minoritario tra i giovani studenti, che purtroppo però si sta ampliando e non si limita ad un solo giorno, come provano i frequenti atti di bullismo. E non si può minimizzare, col pretesto che sono giovani e hanno il diritto di divertirsi, perché si tratta di una vera «emergenza educativa» che esige rispetto concreto e un impegno comune e convergenze di tutte le agenzie educative: famiglia, scuola, associazionismo giovanile. Si tratta prima di tutto di educare al senso civico, al rispetto di sé e degli altri, evidenziando che questi valori sono alla base di ogni convivenza civile. Ma anche dimostrando coi fatti che ne suppone per gli studenti ci sono zone franche e che per certi comportamenti si paga pegno. Perché, diciamo con chiarezza, troppe volte nella scuola o in famiglia si tende a chiudere gli occhi in un’indulgenza di comodo.

Tu poi fai una proposta «provocatoria», che dovrebbe essere promossa e animata dagli studenti cattolici. È una cosa buona che va almeno tentata, ma forse sempre minoritaria. Contemporaneamente però è importante fare riscoprire lo spirito vero della festa di fine d’anno, di per sé lecita, se liberata dai «tristi riti» che spesso molti ragazzi accettano, e a volte subiscono, solo perché si pensa che «così fan tutti».