Lettere in redazione

Quel crocifisso simbolo per tutti

Caro Direttore,mi auguro che quella signora di origine finlandese residente ad Abano Terme che si è battuta per la rimozione del crocifisso dalle scuole italiane, abbia letto i risultati di un sondaggio Eurispes su questo tema. L’80,03 degli italiani è favorevole all’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, il 15% è d’accordo a certe condizioni, il 5% è nettamente contrario. Mi sembra poi opportuno ricordare che il simbolo della croce è presente nelle bandiere nazionali di molti paesi scandinavi, Finlandia compresa. Evidentemente la croce oltre ad essere un simbolo religioso rappresenta la cultura e la storia dei popoli Europei e non credo che a nessuno sia venuto in mente di rimuoverlo.Loriano Dei Caro Direttore,in questi giorni ci si compiace per la suprema decisione della permanenza del crocifisso nelle scuole. Ma non ci si è chiesto in quali scuole, soprattutto superiori, Esso si trovi. Ho insegnato per oltre 45 anni nelle scuole superiori in Toscana, ho partecipato come commissario e presidente ad esami di maturità in molte scuole sparse in Italia: di crocifissi, in aule ed uffici, pochissimi! Alle mie prudenti osservazioni sempre la stessa risposta: «Non sono in dotazione e solo pochissimi insegnanti di religione lo richiedono». Questa è la realtà! Una triste realtà, che addolora e preoccupa.Aimone GuidiLivorno Caro Direttore,in merito ai commenti alla sentenza del Consiglio di Stato sul crocifisso, vorrei far notare tre cose:

1) con un linguaggio elaborato e suadente, in nome di libertà e laicitò, questi signori non si rendono conto che stanno dando man forte ai movimenti fondamentalisti, i quali non rispettano nessuno, né idee, né persone.

2) Non lo dicono, ma gli stessi signori rivelano un gran mal di fegato contro la Chiesa cattolica, sulla quale non perdono occasione per sputare amaro. Allora la questione non è la laicità e nemmeno la libertà, ma voglia di far pulito.

3) Nella loro formulazione, gli stessi signori, esprimono una forte disonestà. La Chiesa cattolica, e non solo in questi ultimi dieci anni di selvaggi flussi migratori, accoglie tutti, assiste tutti, sistema tutti, difende tutti e senza mai chiedere né a quale religione si appartenga e tanto meno facendo opera di proselitismo. Qui da noi, alla Caritas, abbiamo file anche di musulmani. Quando andiamo nei loro paesi non smantelliamo nulla, anche se vediamo che spesso non godiamo dei diritti che le persone provenienti da altre culture e altro credo da noi godono.

Sarebbe bello che i veri propugnatori della cultura laica si levassero a mettere silenzio su diatribe che di intelligente hanno poco.Don Santino BrunettiPrato Le motivazioni con cui il Consiglio di Stato (13 febbraio 2006) ha stabilito che il crocifisso deve rimanere nelle aule scolastiche sono di grande interesse e meritano riflessione. Partendo dal presupposto che «il crocifisso è un simbolo che può assumere diversi significati, a seconda del luogo dove è posto», si precisa che «in un luogo di culto è propriamente ed esclusivamente un simbolo religioso, in quanto mira a sollecitare l’adesione riverente verso il fondatore della religione cristiana». «In una sede non religiosa, il crocifisso esprime in chiave simbolica, ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione».Il crocifisso diventa così un richiamo a valori forti, che sono – e dovrebbero esserlo sempre più – alla base di ogni convivenza civile e «soprattutto nella scuola assume una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni».Sono, come si vede, motivazioni che possono essere condivise e lo sono da tanti, come dimostra l’inchiesta Eurispes. Speriamo che la decisione del Consiglio di Stato faccia ritornare il crocifisso nelle aule – perché è vero che è presente in pochissime – e soprattutto ponga fine ad una lunga querelle portata avanti da gruppi minoritari, ma molto potenti, che vogliono sradicare la nostra tradizione culturale, cosa che, tra l’altro, rende più difficile – non sembri un paradosso – il confronto interculturale che i tempi impongono.Credo però che come credenti siamo richiamati ad una considerazione più personale e tremendamente impegnativa: è il «crocifixo condolere» molto ben esplicitato dal regista Pupi Avati: «È facile amare quella Croce, portarla al collo, appenderla accanto al letto, sul cruscotto dell’auto. Ma com’è difficile accettare il supplizio di quella croce come qualcosa anche a noi destinato, cioè assumere su di noi una parte di quello strazio sconfinato per alleviare Colui che tutt’ora inchiodato a quel legno resta vergognosamente solo».

Crocifisso e laicità