Opinioni & Commenti
Quei capolavori che devono restare a Prato
«La Galleria di Palazzo degli Alberti – scrivemmo allora – è a rischio. Con i suoi Caravaggio, Bellini e Filippo Lippi farebbe gola ai principali musei del mondo. E la dirigenza della banca […] potrebbe essere tentata di portarla a Vicenza in tutto o in parte. […] Gola, soprattutto, potrebbe farla la bellissima Crocifissione di Giovanni Bellini, che Antonio Paolucci definì, anni fa, “uno dei venti più commoventi dipinti al mondo”. Nello sfondo della tavola – spiegavamo ancora – il grande pittore veneto raffigurò proprio la città di Vicenza».
Allora la reazione di Prato fu sorprendentemente tiepida anche alla notizia della cancellazione con un colpo di spugna della banca locale. Figuriamoci all’ipotesi, da noi paventata nel silenzio generale, di perdere anche quei capolavori, frutto di una «stagione irripetibile di imprenditoria e mecenatismo».
Due anni dopo quel rischio è diventato realtà. La Banca Popolare di Vicenza, che aveva già avviato un freddo distacco dalle sorti del territorio pratese, con la scusa di una mostra temporanea si è portata via le tele più prestigiose e dal proprio palazzo nella città dei Berici non li vuol riportar in riva al Bisenzio. Anzi, altri lì vorrebbe trasferire. Il presidente dell’istituto di credito Gianni Zonin, noto imprenditore del vino, ha sprezzantemente risposto al presidente della Provincia Gestri che i quadri sono di loro proprietà e ne posson fare quello che vogliono. Parole e decisioni che rischiano di ritorcersi contro.
Due anni fa, da queste colonne, proponemmo alla Popolare di Vicenza un patto con Prato, «un po’, fatte le debite proporzioni, come quello “di famiglia” di Maria Luisa de’ Medici tra i Medici ormai estinti, Firenze e gli Asburgo Lorena». Ma è forse il sistema del credito e tutta la finanza che dovrebbero anche in Toscana – se ci è consentito questa riflessione – scendere a patti con il territorio, la sua economia reale, la sua cultura. Con i fatti, non con le parole.