Vita Chiesa
QUATTRO NUOVI BEATI PER GLI 83 ANNI DI GIOVANNI PAOLO II
Giovanni Paolo II, ha celebrato ieri l’eucaristia sul sagrato della basilica vaticana nel corso della quale sono stati canonizzati 4 nuovi beati: Józef Sebastian Pelczar, vescovo, fondatore della congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù; Urszula Ledóchowska (Julia Maria), vergine, fondatrice delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante; Maria De Mattias, vergine, fondatrice della congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo e Virginia Centurione Bracelli, fondatrice delle Suore di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario.
All’inizio della celebrazione il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e decano del collegio cardinalizio, ha presentato al Papa un messaggio di auguri in occasione dell’ottantatreesimo compleanno, che ricorreva proprio ieri. “Vorrei farmi portavoce non solo di tutti i presenti, ma di innumerevoli persone sparse in tutto il mondo, ben oltre i confini della Chiesa cattolica, persino oltre i confini del mondo cristiano” ha detto il porporato rivolgendosi al Pontefice. “Vorrei esprimerle di cuore ha proseguito – la nostra gratitudine per quanto lei fa, assicurarle la nostra preghiera e auspicare che la bontà di Dio La possa accompagnare ogni giorno, sia luce sul suo cammino”.
Lunedì 19, Giovanni Paolo II, ricevendo in udienza in piazza S. Pietro i pellegrini polacchi arrivati a Roma per la canonizzazione di Józef Sebastian Pelczar, Vescovo, fondatore della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, e di Urszula Ledóchowska (Julia Maria), vergine, fondatrice delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, ha ripercorso le tappe dei suoi viaggi in Polonia. «Ieri ha detto ho compiuto 83 anni. Mi rendo conto che sempre di più si sta avvicinando il momento in cui dovrò presentarmi davanti a Dio per rendergli conto della mia esistenza, del periodo di Wadowice, di Cracovia e di Roma». Ecco la traduzione italiana del testo integrale in polacco:
Il mio cordiale benvenuto ai miei connazionali presenti oggi in Piazza San Pietro. Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i Presbiteri e le Religiose. In modo speciale, saluto l’assente Cardinale Primate e lo ringrazio per le benevoli parole a noi trasmesse. Gli auguro un pronto e pieno riacquisto della salute. Saluto anche il Signor Presidente della Repubblica di Polonia e i rappresentanti delle Autorità dello Stato e di quelle territoriali. Grazie per la loro presenza. Ringrazio il Signor Presidente per gli auguri, che mi ha rivolto a nome della Repubblica.
Infine voglio salutare cordialmente tutti voi, qui presenti, che avete voluto intraprendere la fatica di venire in pellegrinaggio in questi giorni, così importanti per la Chiesa polacca – nei giorni in cui presentiamo alla Chiesa universale i due nuovi santi polacchi: il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar e Orsola Ledóchowska. Ricordandoli, in modo particolare voglio salutare le suore della congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù e delle Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante.
Per volere della Divina Provvidenza mi è stato dato di compiere queste canonizzazioni nel venticinquesimo anno del mio pontificato e nel giorno del mio compleanno. Siano rese grazie a Dio! Di tutto cuore ringrazio anche voi! Sono lieto di poter celebrare tutte queste circostanze con un così numeroso gruppo di amici. Vi ringrazio per la vostra benevolenza e per le rinunce e le preghiere che innalzate per me e per tutta la Chiesa.
Sarebbe difficile contare quanti sono stati i nostri incontri nell’arco degli anni passati. Alcuni ebbero luogo a Roma, a Castel Gandolfo e altri in vari Paesi del mondo; nel mio cuore però restano più impressi gli incontri che si sono svolti nella patria terra. Forse perché sono stati particolarmente intensi, segnati da profonda preghiera e da una riflessione religiosa sulla realtà temporale di ciascuno di noi e dell’intera Nazione: in questa realtà si attua il piano salvifico di Dio. Tali incontri sono stati sempre una straordinaria condivisione della testimonianza della fede, scaturita da quella dei nostri avi e che forma un particolare clima di vita e di cultura ampiamente intesa, il quale decide dell’identità della Nazione. Così lo abbiamo vissuto nel 1979, quando, a nome di tutti coloro che non avevano il diritto di parlare, ho invocato da Dio il dono dello Spirito, affinché rinnovasse la faccia della nostra patria terra. Ci accompagnava allora il grande pastore e grande guida della Chiesa polacca, il Cardinale Stefan Wyszyński, Primate del Millennio.
Con la testimonianza comune ci sostenemmo anche nell’anno 1983, quando in circostanze difficili per la Nazione, rendemmo insieme grazie per i seicento anni della presenza di Maria nella sua Effige di Jasna Góra, e pregammo per ottenere la fede nella forza del dialogo, affinché “la Polonia potesse essere prospera e serena, nell’interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli d’Europa” (parole del Papa Paolo VI). Nel 1987, quando la Nazione polacca continuava a combattere contro le potenze dell’ideologia nemica, tutti insieme ravvivammo dentro di noi la speranza, che scaturisce dall’Eucaristia istituita all’inizio “dell’ora redentrice di Cristo, che fu “l’ora redentrice della storia dell’uomo e del mondo”. Il Congresso Eucaristico Nazionale di allora ci ricordò nuovamente che Dio “ci ha amati sino alla fine”.
Nel 1991 vi furono due incontri di particolare eloquenza. Durante il primo rendemmo grazie a Dio per il dono della libertà ricuperata e tentammo di abbozzare una forma per vivere nobilmente la libertà, poggiando sulla legge eterna di Dio racchiusa nel Decalogo. Già allora cercammo di scorgere i pericoli, che sarebbero potuti apparire nella vita dei singoli e in quella di tutta la società insieme alla libertà sganciata da norme morali. Tali pericoli sono sempre presenti. Perciò non cesso di pregare affinché la coscienza della Nazione polacca venga formata in base ai comandamenti divini e credo che la Chiesa in Polonia saprà sempre salvaguardare sempre l’ordine morale.
Il secondo incontro di quell’anno era legato alla Giornata Mondiale della Gioventù a Częstochowa. Mai dimenticherò quell’ “Appello di Jasna Góra”, condiviso dai giovani di tutto il mondo – per la prima volta anche da oltre i nostri confini orientali. Rendo grazie a Dio perché ai piedi della Regina di Jasna Góra mi fu dato di affidarli alla sua potente protezione.
Poi ci fu una breve visita di un giorno a Skoczów, nel 1995, in occasione della canonizzazione di Jan Sarkander. Anche quella giornata portò tante indimenticabili esperienze spirituali.
Nell’anno 1997 vivemmo un pellegrinaggio pieno di eventi significativi. Il primo di essi fu la conclusione del Congresso Internazionale Eucaristico a Wrocław. Tutte le celebrazioni congressuali, e in modo particolare la statio orbis, ci ricordarono che l’Eucaristia è il più efficace segno della presenza di Cristo “ieri, oggi e sempre”. Il secondo evento di particolare portata, fu la visita alle reliquie di Sant’Adalberto nel 1000° della sua morte. Dal punto di vista religioso fu l’occasione per tornare alle radici della nostra fede. Dal punto di vista internazionale, quell’incontro fu il ricordo dell’idea del Congresso di Gniezno, che ebbe luogo nell’anno 1000. Alla presenza dei Presidenti dei Paesi confinanti, dissi in quell’occasione: “Non ci sarà l’unità dell’Europa fino a quando essa non si fonderà nell’unità dello spirito. Questo fondamento profondissimo dell’unità fu portato all’Europa e fu consolidato lungo i secoli dal cristianesimo con il suo Vangelo, con la sua comprensione dell’uomo e con il suo contributo allo sviluppo della storia dei popoli e delle nazioni. Questo non significa volersi appropriare della storia. La storia d’Europa, infatti, è un grande fiume, nel quale sboccano numerosi affluenti, e la varietà delle tradizioni e delle culture che la formano è la sua grande ricchezza. Le fondamenta dell’identità dell’Europa sono costruite sul cristianesimo”(Omelia, 3 giugno 1997).
Oggi, mentre la Polonia e gli altri Paesi dell’ex “Blocco dell’Est” stanno entrando nelle strutture dell’Unione Europea, ripeto queste parole, che non pronuncio al fine di scoraggiare, ma, al contrario, per indicare che questi Paesi hanno una grande missione da compiere nel Vecchio Continente. So che sono numerosi gli oppositori dell’integrazione. Apprezzo la loro sollecitudine per il mantenimento dell’identità culturale e religiosa della nostra Nazione. Condivido le loro inquietudini unite all’impostazione economica delle forze, nella quale la Polonia – dopo anni di illimitato sfruttamento economico da parte del sistema passato – si presenta come un Paese di grandi possibilità, ma anche di scarsi mezzi. Debbo tuttavia sottolineare che la Polonia ha costituito sempre un’importante parte dell’Europa e oggi non può abbandonare questa comunità che, è vero, sta vivendo delle crisi a vari livelli, ma che costituisce una famiglia di nazioni basata sulla comune tradizione cristiana. L’entrata nelle strutture dell’Unione Europea, con diritti uguali agli altri Paesi, è per la nostra Nazione e per le Nazioni slave affini, espressione di una giustizia storica, e d’altra parte, può costituire un arricchimento dell’Europa. L’Europa ha bisogno della Polonia. La Chiesa in Europa ha bisogno della testimonianza di fede dei Polacchi. La Polonia ha bisogno dell’Europa.
E’ una sfida che l’oggi pone dinanzi a noi e dinanzi a tutte le Nazioni, che sull’onda delle trasformazioni politiche nella regione della cosiddetta Europa Centro-Orientale, uscirono dal cerchio delle influenze del comunismo ateo. Tale sfida, tuttavia, pone un compito ai credenti – il compito di un’attiva costruzione della comunità dello spirito in base ai valori che hanno permesso di sopravvivere a decenni di sforzi miranti ad introdurre in modo programmatico l’ateismo.
La patrona di quest’opera sia santa Regina Edvige, la grande precorritrice dell’unione delle Nazioni in base alla comune fede. Rendo grazie a Dio perché mi fu dato di canonizzarla proprio durante quel pellegrinaggio.
Il lungo incontro con la Polonia e con i suoi abitanti, che ebbe luogo nel 1999, fu una comune esperienza nella fede della verità che “Dio è amore”. Fu, in un certo senso, una grande preparazione nazionale a quanto abbiamo vissuto nell’anno passato: la profonda esperienza della verità che “Dio è ricco di misericordia”. C’è un altro messaggio, che porterebbe tanta speranza al mondo dei nostri giorni e a tutti gli uomini dell’inizio del terzo millennio? Non esitai, nel luogo di una particolare manifestazione di Cristo misericordioso, a Łagiewniki di Cracovia, ad affidare il mondo alla Divina Misericordia. Credo ardentemente che quell’atto di affidamento incontrerà una fiduciosa risposta da parte di coloro che credono, in tutti i continenti, e li porterà ad un rinnovamento interiore e al consolidamento nell’opera dell’edificazione della civiltà dell’amore.
Ricordo questi incontri particolari con i Polacchi, poiché nel loro contenuto spirituale è racchiusa la storia dell’ultimo quarto di secolo della Polonia, dell’Europa, della Chiesa e dell’attuale pontificato. Siano rese grazie a Dio per questo tempo, in cui abbiamo sperimentato l’abbondanza della Sua grazia.
Nel contesto del mistero della Divina Misericordia, torniamo ancora una volta alle figure dei nuovi santi polacchi. Entrambi, non soltanto si affidarono al Cristo misericordioso, ma diventarono sempre più pienamente testimoni di misericordia. Nel ministero pastorale di San Giuseppe Sebastiano Pelczar l’attività caritativa occupò un posto particolare. Egli fu sempre convinto che la misericordia attiva è la più efficace difesa della fede, la più eloquente predica e il più fruttuoso apostolato. Egli stesso sosteneva i bisognosi, e allo stesso tempo si dava da fare affinché la loro cura fosse organizzata e ordinata, e non saltuaria. Perciò apprezzava anche le istituzioni caritative e le sosteneva con i propri fondi. Madre Orsola Ledóchowska fece della sua vita una missione di misericordia nei riguardi dei più bisognosi. Ovunque la Provvidenza la pose, trovò giovani che avevano bisogno d’istruzione e di formazione spirituale, poveri, ammalati, persone sole, feriti in vari modi dalla vita, che attendevano da lei comprensione e aiuto concreto. Aiuto che, secondo le sue possibilità, non rifiutava a nessuno. La sua opera di misericordia rimarrà scolpita per sempre nel messaggio di santità, che ieri è diventato parte di tutta la Chiesa.
E così Giuseppe Sebastiano Pelczar e Orsola Ledóchowska, che ci hanno accompagnato oggi in questa peregrinazione spirituale attraverso la terra polacca, ci hanno condotto nuovamente a Roma. Vi ringrazio ancora una volta per aver voluto essere presenti qui. Portate il mio saluto alle vostre famiglie, ai vostri cari e a tutti i nostri connazionali. Vi abbraccio tutti con un grato pensiero e di cuore vi benedico.
(fonte: www.vatican.va)