Opinioni & Commenti
Quaranta giorni per imparare a camminare controcorrente
Tempo di crisi, tempo di opportunità: intraprendere il grande viaggio verso l’essenziale dalla durata di quaranta giorni, numero a indicare tutto il tempo che occorre, sostenuti dalla convinzione che vale ciò che resta- resta ciò che vale. Che cosa del cristianesimo e della chiesa? Domande ormai abituali in questo cambiamento d’epoca, che suscitano ansie e timori, e a cui offre frammenti di luce l’itinerario quaresimale, un cammino, secondo la tradizione, nel digiuno, nella preghiera e nelle opere di carità. Tratti che si prestano a più interpretazioni reciproche e complementari. Alcuni esempi.
1. Alle comunità cristiane in mezzo al guado il tempo quaresimale dice in primo luogo che è giunto il momento del grande digiuno del ripiegamento su se stesse, un prendere le distanze da dottrine, riti e apparati che non trasmettono più nulla, che finiscono per appesantire l’essere ecclesiale e per imprigionare il fuoco che cova sotto le ceneri. Quaresima come appello alla leggerezza, come attenzione alle cose nuove che nascono, tipo l’emergere, all’interno della cultura del narcisismo, di una rilettura disincantata dell’uomo, creatura, e lo diciamo con il linguaggio dei vangeli domenicali di quaresima, provata (1ª domenica di quaresima), domanda di senso (2ª domenica di quaresima), assetata di parole di vita come la samaritana (3ª domenica di quaresima), mendicante briciole di luce come il cieco dalla nascita (4ª domenica di quaresima), votata alla morte e nostalgia di infinito come Lazzaro (5ª domenica di quaresima).
Rilettura disincantata accompagnata dalla lettura incantata del Cristo, l’Io sono la vita a chi muore, l’Io sono la luce alla cecità, l’ Io sono pozzo da cui zampillano acque pure agli assetati, l’ Io sono colui nel quale è dato vedere il destino ultimo degli universi, la trasfigurazione, l’Io sono con voi nella prova liberandovi, ieri- oggi- domani, dall’idolatria, la lunga citazione degli «ismi», nazismo, fascismo, stalinismo, liberismo, fondamentalismo, populismo e leaderismo. Costituiti umanità il cui bacio è al solo Dio e Padre di Gesù mio, e il cui udito in primo luogo alla sua parola. Si tratta in questo preciso momento storico ecclesiale e sociale di astenersi dall’accanimento terapeutico dell’efficientismo ecclesiastico il cui frutto è stanchezza e delusione, per ridiscendere al proprio essenziale conservandone viva la memoria per l’uomo. È un atto di responsabilità verso la storia, anche se distratta, verrà il tempo in cui l’uomo avrà di nuovo fame e sete di ciò che vale e resta, il permanente di cui i piccoli resti sparsi nel mondo conoscono il nome custodendolo come sale per la minestra, come lievito per la pasta e come luce con l’oscurità.
Si tratta, senza affanno e nella calma, di liberare dall’oblio e di salvare in noi per il mondo almeno un pezzettino di Cristo e del suo vangelo, consapevoli che in questo dare peso a ciò che vale e resta sta il compito ecclesiale, tutti egualmente e coralmente coinvolti, digiuni di ansia di numero, di riuscita e di visibilità, ricchi della sua amicizia e del suo messaggio, nostalgia segreta del mondo conservata per il mondo, pronta per il giorno della fame.
2. Alle comunità cristiane in mezzo al guado il tempo quaresimale dice in secondo luogo che è giunto il momento della grande opera di carità, al conservare viva in noi, tra di noi e per il mondo la memoria di Cristo e di Dio suo Padre si accompagna il conservare viva la memoria dell’altro, del prossimo. Chiesa come raduno dei viventi: Dio dei vivi è il suo Dio (Mt 22,32), Vivente è il suo Signore (Ap1,18), figli della resurrezione sono i figli di Dio (Lc 20,36) e passati dalla morte alla vita sono coloro che amano l’altro (1Gv 3,14). Chiunque esso sia. Quaresima è risveglio della coscienza a digiunare dalla morte, e morte è là ove qualcuno viene reciso dall’ordito della vita buona data dall’alleanza armonica Dio-uomo-creato. Aspetto di decisiva importanza all’interno dell’ambiente culturale che viviamo, caratterizzato da una situazione originata da una «mutazione antropologica», l’imporsi del soggetto che ha fatto del proprio desiderio di benessere fisico, psichico, culturale e economico la legge sovrana del vivere, al cui servizio sono politica e tecnica. In una competizione senza pausa sostenuta dalla mentalità vincente, che dà luogo all’esercito degli ansiosi di prestazione, dei frustrati dalla sconfitta. Una «iocrazia» che finisce per vedere solo se stessa, per leggere l’altro solo in termini di rivalità e di tornaconto eliminando dal proprio orizzonte quelli che creano disagio al proprio desiderio, la carovana dei non riusciti, di chi stenta, le ondate migratorie. Dire Quaresima è dire l’opposto, è digiunare dal rischio della cancellazione dell’altro e dell’altro nel bisogno, è nutrirsi della compassione di Dio in Cristo che rende, alla stregua del samaritano, capaci di vedere l’uomo ferito, di sollevare sulle proprie braccia l’uomo ferito, di prendersi fattivamente cura di lui.
La comunità cristiana all’interno di un mondo dagli aspetti disumani è chiamata a salvare l’idea di uomo, tale è l’individuo che coglie la propria verità nell’essere con e per l’altro nel dono incondizionato di sé, a partire dall’altro nel dolore e nel bisogno che fa di me un soggetto di dovere e di lui un soggetto di diritto a essere trattato come uomo. Il senso di un cammino si chiarifica, si tratta di risalire alle sorgenti a cogliervi ciò che veramente vale e resta, l’umanizzazione della vita palese nel prendersi cura della vita umiliata e offesa. E la chiesa semplice segno, mite e umile, che tutti sono al servizio di questo: Dio, Cristo, ogni uomo di buona volontà e un cane che lecca le ferite del povero Lazzaro. Questo è essere Dio e uomini. Conservarne la memoria è gesto grande di amore.
3. Alle comunità cristiane infine il tempo quaresimale dice che è giunto il momento di riscoprirsi resistenti, nel-con-per il mondo ma non omologati alla mentalità corrente. L’invito quaresimale alla conversione equivale al camminare in senso inverso, controcorrente: proclamare vivo chi è dato per morto, Dio-il prossimo-il perdente-il creato, proclamare vivo chi canta al cielo, chi serve l’uomo, chi custodisce il creato, chi non dispera che anche per i carnefici è sempre tempo di salvezza, l’esodo dal cuore di pietra al cuore di carne quando si accorgeranno con quali occhi Dio in Cristo li guarda. E la Chiesa prolungamento di questo sguardo o non è.