Opinioni & Commenti

Quando parliamo di tasse pensiamo ai ragazzi di padre Henry

di Riccardo MoroIl parroco di Lolà è un mito. O almeno così lo considerano i suoi ragazzi. Lolà è una parrocchia grande come mezza Toscana della diocesi di ‘Nzerekoré, in Guinea Conakry. Padre Henry gira ogni sera per i villaggi della sua parrocchia. Quando arriva monta un’attrezzatura di fortuna alimentata con due vecchie batterie di camion e proietta film di guerra. Tutto il villaggio è riunito e i ragazzi col loro tifo coprono il sonoro. Alla fine il «forum» è partecipatissimo. Henry, che è della stessa etnia dei sui interlocutori, guida in gerzé, la discussione e piano piano emergono gli interventi che dicono che la guerra è morte, che la vita nasce dalla relazione e che la conoscenza aiuta a incontrarsi.

La scena è dolcissima, e sorprendentemente autentica. I giovani che tifavano per Rambo ora dicono che vorrebbero andare a scuola. Alla fine i capifamiglia fanno la fila per la «cotisation», una parte dei risparmi del mese, che viene affidato ad Henry.

In macchina Henry mi spiega come l’educazione alla pace diventa assunzione di responsabilità: da due anni hanno creato una cassa mutua per pagare la scuola ai ragazzi dei villaggi. «Da noi le scuole dello stato non sono sufficienti e fanno pagare un’integrazione perché i salari del governo sono troppo bassi. Le famiglie più ricche in città possono mandare i figli alla scuola privata e nei villaggi pagano agevolmente l’integrazione. Le famiglie più povere no. Per loro l’integrazione è pesante e i figli rimangono a casa. Vale anche per le cure mediche. I più ricchi possono pagarsele e se la malattia è grave si organizza una trasferta almeno in Marocco. Ma se il malato è di una famiglia povera si aspetta la morte senza tante discussioni. È una situazione perversa in cui il prezzo più pesante è pagato dai più poveri. Riccardo -aggiunge-, se in questo paese non si riesce a mettere in piedi un sistema efficace di fiscalità equa, raccogliendo le tasse da tutti per organizzare i servizi, la situazione non cambierà mai e quando parleremo di diritti umani ci sciacqueremo solo la bocca. Le cotisation della nostra cassa mutua da sole non basteranno mai».

Mi sono venute in mente le parole di Henry, nel dibattito italiano sulla finanziaria, in cui troppo spesso le tasse sono state presentate come uno sgradevole e squallido costo per le famiglie. Credo che le parole del parroco di Lolà chiariscano bene quale sia il ruolo della fiscalità. Le tasse sono esercizio di libertà: partecipazione comune alla tutela dei diritti per tutti, senza dover dipendere dalle disponibilità economiche personali.

È bene ricordarlo a chi descrive lo stato come criminogeno perché fa pagare aliquote troppo alte. Chi definisce eticamente legittima la «autoriduzione» fiscale attraverso l’evasione – come è stato fatto pubblicamente – fa apologia di reato, non brillante polemica.

Ci si perdoni la durezza, ma forse è bene ricordare queste premesse prima di discutere tecnicamente dei contenuti della legge finanziaria. La Chiesa italiana produsse anni fa un felice documento troppo spesso dimenticato: «Educare alla legalità». Invitiamo a rileggerlo per fondare in modo sano la discussione. Quindi, discutiamo senz’altro di aspetti tecnici della legge finanziaria, ma ricordandoci che il nostro modello è la costituzione e non la giungla.