Opinioni & Commenti

Quando le convivenze non sono tutte uguali

di Alberto MigoneIl tema della famiglia anima ancora una volta il dibattito politico in Regione. L’occasione è data da due distinte delibere, approvate dalla Giunta all’unanimità, che, recependo nel Piano integrato sociale 2003 quanto disposto dalla legge finanziaria, prevedono rispettivamente «agevolazioni per l’acquisto della prima casa da parte di famiglie di nuova costituzione» e «azioni di sostegno alla natalità».

La prima delibera prevede che abbiano diritto all’agevolazione «giovani coppie che siano sposate da 12 mesi o che intendano sposarsi nel periodo intercorrente tra la data del bando e i dodici mesi successivi». Ci si allinea così a quanto stabilito dal Governo che parla, per accedere ai finanziamenti, «di famiglie di nuova costituzione di cui all’art. 29 della Costituzione». Ma la delibera, nello stabilire i criteri, apre anche alle coppie di fatto, però con alcune precisazioni interessanti: oltre alla residenza da almeno un anno danno diritto a queste agevolazioni i figli a carico o l’attesa di un figlio. È la loro presenza, quindi, che qualifica e distingue. È questo un punto fermo di grande importanza, frutto certo di una mediazione all’interno della Giunta. E al contempo si riconosce implicitamente che «le convivenze, esprimendo una tipologia molto varia, non hanno nei fatti natura omogenea: ciò rende logicamente impossibile una loro disciplina unitaria», e che «altro è l’unione di un uomo e una donna, tanto più se hanno figli, altro è l’unione di persone omosessuali» (Documento Cet). La delibera passa all’esame preventivo della prima Commissione consiliare dove il dibattito viene rimandato anche perché si decide di discutere contemporaneamente una proposta di legge su questi stessi temi, già presentata da Marco Carraresi (Udc).

Ma nel frattempo Marisa Nicchi, vice capogruppo Ds dichiara che «la realtà di oggi, in modo particolare in una Regione come la Toscana, vede, accanto alla forma famiglia classica, tipologie diverse: unioni di fatto, coppie omosessuali e amicali, nuclei monoparentali. Ogni azione di governo sarebbe inefficace se ignorassimo questa pluralità di situazioni». E lo Sdi di Ciucchi parla di «grosso passo indietro nel riconoscimento dei diritti». Queste prese di posizione che vengono dall’interno della maggioranza, contestando l’impianto stesso della delibera, ne rendono difficile il cammino, soprattutto perché, col pretesto di salvaguardare dei diritti, si vuol affermare una tesi: ogni forma di convivenza fa famiglia, perciò nessuna distinzione è legittima e nessun sostegno può essere riservato a quella fondata sul matrimonio.

È su questo assunto che nasce la nostra opposizione. Nessuno nega che il legislatore debba tener conto di situazioni nuove, rispetto ad un passato anche recente, ma la famiglia così come la delinea l’art. 29 della Costituzione non può mai essere equiparata ad altre forme di convivenza, non per un discorso confessionale ma perché è «primaria esperienza della socialità umana, luogo naturale per la procreazione e l’educazione dei figli, espressione privilegiata della continuità della vita nonché della solidarietà tra generazioni» (Documento Cet). Perciò valorizzandola, sostenendola e favorendola si dà un primo e fondamentale contributo alla società, arginando ogni deriva individualista e libertaria.

Far chiarezza su questo tema è fondamentale. E nessuno può giocare al ribasso, soprattutto i cattolici.

Le unioni di fatto dividono

Documento della Commissione Cet per lo Statuto