Vita Chiesa
Quando la musica incontra la liturgia
E’ in vendita da qualche settimana nelle librerie cattoliche la prima edizione del «Repertorio nazionale di Canti per la Liturgia» (repertorio on line), pubblicato da Elledici. Si tratta di un utile sussidio che la Conferenza Episcopale Italiana ha messo a disposizione di tutte le diocesi e comunità della penisola. La Chiesa italiana ha ora il suo repertorio e può così allinearsi con altre nazioni europee, dove un repertorio nazionale era presente già da tempo. In questo senso, la pubblicazione costituisce un importante passo in avanti nel segno di una inculturazione troppo disattesa nel campo musicale. Da anni, infatti, si avvertiva in Italia una certa esigenza di avere un repertorio comune tra le diverse diocesi che potesse costituire anche una «linea guida» nel settore delicato della musica per la liturgia, settore che ha visto in questi ultimi decenni derive – a volte inconsapevoli - di un certo dilettantismo, pressapochismo ed improvvisazione.
Personalmente, come musicista, apprezzo la realizzazione di questo sussidio, scorgendovi anche un valido strumento per gli operatori liturgico-musicali che, sempre più spesso, chiedono indicazioni e suggerimenti per la compilazione di un proprio repertorio parrocchiale o diocesano.
Il libro – che è possibile già fin d’ora acquistare personalmente, come comunità o come diocesi – si offre anche come strumento adatto per indicare i criteri fondamentali nella scelta dei canti destinati all’azione liturgica. Come scritto da mons. Mariano Crociata (Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana) nell’introduzione, infatti, per la liturgia occorrono «canti adatti quanto al testo, alla musica e allo stile, canti cioè che incarnino ciò che la liturgia chiede di compiere e che i fedeli possano agevolmente fare propri».
Più volte Benedetto XVI, e ancora prima della sua elezione al soglio di Pietro, ha ribadito il valore incommensurabile della musica sacra e la verità di una «ars celebrandi» che possa far cantare il mistero celebrato, testimoniando come anche che la scelta musicale all’interno di una azione rituale non sia né opzionale né relativa al proprio gusto o alla propria sensibilità. Al punto 6 della premessa al Repertorio, perciò, viene chiarito che «il criterio prioritario [ ] è quello della pertinenza rituale. È indispensabile che ogni intervento cantato possa divenire elemento integrante e autentico dell’azione liturgica in corso. Questo stesso criterio dovrebbe essere, per tutti e in ogni occasione, il primo e principale punto di riferimento».
Nei miei spostamenti per l’Italia mi sono imbattuto spesso in realtà ecclesiali che considerano ancora il canto una decorazione aggiuntiva, oppure una qual indiscriminata musica di scena o di sottofondo. Tante volte ho considerato la necessità di un vero salto di qualità, che può avvenire solo con una adeguata formazione tecnica e spirituale: non era, in fondo, l’auspicio contenuto nel documento sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II? La pubblicazione del Repertorio sembra rispondere appieno a questo desiderio; il recupero o la scoperta della dignità della celebrazione è condizione primaria per vivere con verità la liturgia.
Nella premessa, i vescovi della Commissione Episcopale per la liturgia che hanno approvato il Repertorio augurano che esso possa costituire un valido contributo, invitando i «responsabili diocesani e parrocchiali dell’animazione liturgica, e in specie di quella musicale, ad attingere ampiamente alla presente raccolta e ad ispirarsi nelle proprie scelte concrete ai criteri che hanno guidato la sua elaborazione. Confidano che il “repertorio nazionale” dia nuovo vigore all'”arte del celebrare”, restituendo bellezza ed espressività all’atto del cantare, parte integrante della liturgia della Chiesa».
La redazione e pubblicazione come punto d’arrivo non sono giunte all’improvviso, ma hanno la loro piccola storia, come testimonia la Premessa: «il presente “repertorio nazionale” vuole riprendere in modo efficace la prima proposta fatta dalla Conferenza Episcopale Italiana, pubblicata nel 1979». E prima del 1979? Propizia è stata la pubblicazione adottata da tanti: «Nella Casa del Padre», curata dalla Commissione Liturgia Piemontese. Questo divenne il libro «nazionalmente» più conosciuto ed adoperato: lo dimostrano le diverse edizioni e numerose ristampe. Accanto al serio lavoro di composizione di canti, ci furono svariate pubblicazioni di ogni genere che fecero optare molti a favore di certa musica «facile», mentre l’intendimento della scelta di canti valevoli sotto il profilo linguistico e musicale continuò ad essere perseguito, invece, solo da addetti ai lavori. Il processo di inculturazione fu, dunque, più lungo del previsto: non erano chiari per molti i criteri e la comprensione del canto come espressione autentica della stessa liturgia, non distinguendo la musica liturgica da certa musica solamente «religiosa», anche se, in verità, non mancarono richiami e documenti, sussidi ed atti conclusivi di convegni, anche nazionali.
Per questo motivo é assai importante il numero 7 della Premessa del nuovo Repertorio: « diventano comprensibili e insieme necessari gli altri criteri a cui questo “repertorio nazionale” cerca di ispirarsi in modo da essere esemplare per ogni scelta locale: la verità dei contenuti in rapporto alla fede vissuta nella Chiesa ed espressa nella liturgia; la qualità dell’espressione linguistica e della composizione musicale; la cantabilità effettiva per un’assemblea media e la probabilità che essa possa assumere questi canti riconoscendoli parte integrante, o integrabile, della propria cultura».
Per concludere, il nuovo Repertorio ci offre oggi una opportunità da non perdere: quella dell’aiuto nella segnalazione e reperibilità di canti adatti alla liturgia, sia tradizionali che di recente composizione. Il Repertorio offre un elenco nutrito di canti – ben 384 canti per tutto l’anno liturgico – suddivisi in canti dell’Ordinario della Messa; propri del Triduo Pasquale; propri delle celebrazioni eucaristiche festive (ad eccezione dei i salmi responsoriali); per il culto; per le esequie. Un bagaglio notevole, sebbene non ancora completo: non figurano ancora i canti per la celebrazione degli altri Sacramenti, della Liturgia delle Ore, per i pii esercizi e per la pietà popolare. Particolare interessante e utile é quello della comparsa della notazione musicale per tutti i canti, punto di partenza per una vera alfabetizzazione da non sottovalutare.
Un volume che è un «aiuto» e non una «imposizione», come ben descritto nella premessa: «I redattori sono consapevoli che questa selezione non è in grado di venire incontro a tutte le esigenze locali: essa non intende quindi soppiantare i canti già in uso e neppure impedire che vengano prodotti e messi in circolazione nuovi canti, nel rispetto delle norme liturgiche». Ed ancora al numero 14: «A livello nazionale, è auspicabile che la partecipazione di tutti al canto liturgico in occasione di incontri, convegni, pellegrinaggi, venga favorita dall’adozione, di volta in volta, di almeno una parte di questi canti così che, in un tempo abbastanza breve, essi possano costituire un fondo comune. Ciò verrà incontro anche alle esigenze dei fedeli che, per svariate ragioni (lavoro, turismo, ecc.), si spostano all’interno del territorio nazionale e desiderano ritrovare ovunque qualche canto conosciuto».
Questi meritevoli criteri meritano il plauso nei confronti dei redattori per un’opera certo perfezionabile nel tempo, ma quanto mai necessaria – soprattutto per i criteri in essa contenuti – se vogliamo davvero sentirci «un solo Corpo» che canta inni di lode «come a Dio conviene» (Sal 146).
Un antico motto dice: «Chi canta, prega due volte». E il canto liturgico ha proprio questa funzione: aiutare i fedeli a trovare un rapporto profondo con Dio e con i fratelli con i quali partecipa all’azione liturgica. Infatti il canto «ha la capacità di penetrare, di commuovere, di convertire i cuori; favorisce l’unione dell’assemblea e ne permette la partecipazione unanime all’azione liturgica» (Cei: Repertorio nazionale canti per la liturgia).
Come compositore ed autore, ho sempre creduto a questa potenza di un canto dove una musica ispirata fa unità con un testo poetico. Una canzone armoniosa infatti, se ben eseguita, riesce ad essere, per così dire, un veicolo dello Spirito Santo per «sanare ferite», «far rifiorire i deserti», «sciogliere nodi interiori», «riscaldare cuori gelidi» e «raddrizzare le strade» per incontrare Dio. Con la bellezza di una canzone si conduce l’anima ad un colloquio a tu per tu con Lui.
Siamo chiamati, tutti i fedeli, a dare testimonianza della «Bellezza» che vive nella Chiesa, che celebra «il più Bello tra i figli dell’uomo». Se a base del nostro comporre, del nostro eseguire e del nostro cantare assieme c’è, come Gesù vuole dai cristiani, l’amore reciproco fra i fedeli, e tutto è fatto come servizio sincero alla comunità, la Messa, che è un ringraziamento, risulta veramente un «grazie», espresso in musica e poesia, che sale a Dio da tutti all’unanimità. «Che guardino le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» dice Gesù. Una canzone ispirata e ben cantata al momento opportuno è un’opera che dà gloria a Dio ed attira a Lui anche le persone più lontane o quelle dalle convinzioni più diverse. Perché la bellezza vera pesca nelle profondità dell’anima, dove abita Dio, e trasmette questo dono agli uomini toccandoli, con le note di una musica, nella loro essenza.
È Michele Manganelli, organista della Diocesi di Fiesole, docente di Armonia ed allievo del maestro Domenico Bartolucci, a commentare così il Repertorio di Canti per la Messa curato dalla Conferenza Episcopale Italiana.
«Si tratta di una svolta molto significativa nel panorama italiano. Verso il 2000 era stato fatto un esperimento di raccolta dei vari canti che nel tempo le molte comunità italiane avevano non solo composto ma anche messo in uso. Solo adesso però la Cei si esprime ufficialmente riconoscendo così un elenco di testi, e anche di musiche, che diano di fatto un riconoscimento e anche un’identità ad un territorio ecclesiale, rendendolo così più omogeneo», riflette il maestro Manganelli. «Il tradizionale libretto tanto in uso nelle varie comunità (Nella Casa del Padre), che era valido ma che comunque costituiva una via di mediazione tra i canti della Diocesi di Torino e quelli di tutta Italia, ma senza un ordinamento più specifico, adesso verrà sostituito con un documento arricchito da molti testi, tutti approvati dall’autorità ecclesiastica, e che dunque assumono un’autorevolezza ufficiale».
«Da questo punto di vista – continua Manganelli – la regolamentazione dell’attuale repertorio sancisce definitivamente l’importanza che il portato della tradizione ha fatto arrivare sino ai nostri giorni. Il canto gregoriano, il repertorio di Musica Sacra rinascimentale e barocca rappresentano un punto di riferimento ineludibile e sempre da attualizzare. Il testo che la CEI da oggi propone rappresenta un’indicazione di notevole spessore, aprendo così una strada al riconoscimento pieno ed effettivo di quanto la musica sia veramente un nutrimento per la preghiera liturgica».
Jacopo Masini