Lettere in redazione
Quando il rom diventa il nemico
Non credo che la paura sparisca con leggi che rinforzano questo modo di pensare, trasmesso anche alle giovani generazioni da un’educazione più o meno razzista e xenofoba, ma solo creando una cultura dell’accoglienza, della solidarietà, dell’inserimento, dell’intercultura e del dialogo interreligioso. È indispensabile la promozione dei diritti umani e di cittadinanza attiva degli immigrati nei termini del rispetto e valorizzazione della dignità della persona. Il Signore in Es. 22,20 dice «non molesterai lo straniero né l’opprimerai perché voi siete stati forestieri in Egitto». Questo, come persone credenti, ci dovrebbe far riflettere.
Il problema dei Rom, che vivono in Italia, ha caratteristiche tutte particolari e non va quindi, a mio parere, analizzato solo nell’ottica del complesso fenomeno dell’immigrazione
I Rom infatti hanno modi di vita in genere molto diversi dai nostri che suscitano quella differenza che spesso si fa, come è avvenuto recentemente a Ponticelli, ostilità con manifestazioni violente che sono parole della Diocesi di Napoli «compromettono e annullano la civiltà e la correttezza dei rapporti umani». La questione è quindi complessa e va affrontata con intelligenza, senza pregiudizi e con decisione, seguendo linee ben precise e convergenti.
La prima è quella delle legalità. Bisogna infatti riconoscere che spesso non i Rom, ma alcuni o molto di essi e questa distinzione è importante compiono reati più e meno gravi, ma che colpiscono la gente comune. Questi vanno puniti severamente, anche perché un certo lassismo finisce per alimentare nel sentire diffuso la sensazione sempre falsa? che i Rom hanno di fatto…. licenza di delinquere e questo genera un rifiuto che investe in blocco tutti «gli zingari».
Ma questo non basta: serve una vera conoscenza di un’etnia che troppo spesso valutiamo solo per gli aspetti peggiori e a quelli ci fermiamo. E ogni conoscenza presuppone invece l’incontro, e l’attenzione.
C’è poi la ricerca dei modi per facilitare l’integrazione di coloro che vogliono vivere onestamente. È l’aspetto più problematico, anche perché le resistenze possono venire dagli stessi Rom, ma è quello che deve impegnare di più. Ci sembra che le esperienze in atto in alcune nostre città a cui abbiamo dato spazio nel primo piano del 25 maggio vadano nella direzione giusta perché si concretano su tre obiettivi: casa, scuola, lavoro, nell’intento di superare, o almeno limitare, i campi nomadi che spesso, come nel caso che tu citi, cara Anna, e che non sarà certamente l’unico, ledono gravemente la dignità delle persone e finiscono per favorire il degrado e l’illegalità.
L’integrazione resta comunque difficile, ma questa, insieme al rispetto della legalità e alla conoscenza che faccia superare i pregiudizi, è l’unica strada che può dare nel tempo risultati positivi.