«Ho conosciuto La Pira negli anni sessanta. Il mio babbo si chiamava Giorgio, ed era nato nel 1904 come lui, per questo mi chiamava “figlio”». Così padre Renato Ghilardi, francescano, per tanti anni cappellano ospedaliero e responsabile della pastorale sanitaria a Firenze e in Toscana (con incarichi anche a livello nazionale) inizia i suoi ricordi. Arrivato all’età di 87 anni, ha voglia di raccontare i tanti momenti passati a fianco del «sindaco santo». Un’amicizia nata tramite Fioretta Mazzei, che il sabato pomeriggio accoglieva alcune fanciulle nella sua casa in via dei Serragli per momenti di riflessione spirituale. «Io ero un giovane frate – ricorda – al convento di San Leone Magno, alle Due Strade. Un giorno Fioretta mi chiamò e mi chiese se potevo andare agli incontri per proporre delle brevi meditazioni. Nel 1962 mi presentò La Pira. Il professore mi chiese di rileggere le lettere che stava scrivendo a Ho Chi Min, a Kusciov e a Kennedy per cercare di scongiurare la guerra che stava scoppiando in Vietnam. Erano lettere scritte a mano: mi disse “Fratino, leggi e correggi”. Io gli dissi: sono un frate ignorante, lei è un professore. E lui mi disse: ti ricordi cosa dice san Benedetto? Di ascoltare anche l’ultimo dei monaci perché lo Spirito Santo parla per bocca di tutti».«Da allora – racconta ancora padre Renato – l’ho incontrato spesso. Nel 1966 mi chiamò per chiedermi di celebrare la Messa dei poveri, alla Badia Fiorentina. L’ho celebrata dal 1966 al 1977. La Pira era il mio chierichetto, mi aiutava in sacrestia a mettermi il camice. Gli dicevo: ma come faccio a fare l’omelia davanti a lei? Figlio, mi diceva, hai un cuore? Allora lascia parlare il cuore. All’altare agisci in persona Christi, non ti devi preoccupare di chi hai davanti». Accanto all’altare, racconta ancora, c’era un tavolino pieno di sacchetti con pane e altri viveri. La Pira distribuiva ai poveri anche delle bustine di soldi: «Dentro c’era tutto il suo stipendio. Se qualcuno restava senza ci rimaneva male, quasi piangendo gli diceva “torna domenica, torna domenica”».Padre Ghilardi è stato, in quel periodo, anche assistente spirituale della Democrazia cristiana, oltre assistente spirituale della sezione femminile dei missionari della Regalità, l’istituto secolare di cui anche La Pira faceva parte. «Quando fui nominato assistente spirituale della Dc – racconta – mi fu chiesto di partecipare ai corsi di formazione politica, c’erano tanti giovani dai 18 ai 23 anni. Li facevano a Cutigliano, in un albergo. Erano corsi di due settimane, io celebravo la Messa. Lui mi diceva: mi raccomando, si ricordi che bisogna che si diventi cristiani prima di diventare democristiani. Ci parli di Gesù, perché a volte noi politici pensiamo più alla nostra carriera. Passavo le notti in bianco a parlare con questi giovani, mi raccontavano le loro vite. Erano persone che volevano impegnarsi per il Paese. Ricordo che c’era spesso Aldo Moro».Nel 1972 padre Ghilardi andò a Figline Valdarno, come superiore del convento. E dopo qualche anno La Pira lo chiamò di nuovo. «Era a Villa Cherubini. Non possedeva nulla, né denaro né immobili. Era il 30 aprile del 1977, sarebbe morto nel novembre di quell’anno. Mi chiese se potevo accompagnarlo alla Messa alla Santissima Annunziata, il santuario mariano di Firenze. Così ogni giorno partivo nel pomeriggio, lo prendevo a braccetto: camminava a fatica. Per una persona che sta bene sarebbero stati dieci minuti a piedi, a noi ci voleva quasi un’ora. La Messa era alle 18, si partiva per tempo. Quanta gente si fermava, era una cosa incredibile: manifestazioni d’affetto, di rispetto, i fiorentini avevano capito chi era La Pira. In chiesa ci sedevamo vicino. Una volta fece per lasciare un’offerta ma non aveva niente in tasca, allora con riservatezza gli detti io qualcosa da mettere nelle elemosine. Sai cosa mi disse? I soldi sono come Dio e come la terra, sono di tutti e per tutti. Parole testuali. Mi colpì molto quell’espressione».Ricorda ancora padre Ghilardi: «Durante la consacrazione dell’ostia, quando il pane diventa Corpo di Cristo, si inginocchiava ma poi non riusciva a rialzarsi, dovevo aiutarlo. Ma non rinunciava, una volta mi disse: figlio padre Renato, hai tu il coraggio di stare in piedi davanti a Dio? Mi commuove ripensare alla sua paternità. Al termine della Messa lo accompagnavo in San Marco, dai padri domenicani. Non aveva niente, non aveva proprietà. Pensa che differenza con l’immagine che abbiamo oggi dei politici».Di memorie, padre Ghilardi ne ha ancora: «In Borgo Pinti, le suore stimmatine avevano un pensionato per ragazze. Le suore mi dissero che stavano ospitando una ragazza incinta, era una ragazza sola, mi chiesero se la si poteva aiutare, trovare un lavoro. Chiesi a La Pira, e lui disse: telefoniamo al mio amico Elio. Era Gabbugiani, allora sindaco di Firenze. Gli feci notare che era un comunista, mi disse: le bandiere non contano, contano i cuori. Non sarai un frate senza cuore. Andai a trovare Gabbugiani, e si trovò una soluzione».