Prato

Qualche idea… per scegliere il sindaco

I miei valori di riferimento.

BERNOCCHI. «I miei valori di riferimento sono quelli del centro-destra: famiglia, società, lavoro. Sono queste le basi su cui poggia la mia vita e il mio modo di intendere e di fare la politica. Non possono esserci progetti, non può esistere futuro senza quei valori fondamentali cui ognuno di noi deve necessariamente rimanere ancorato. I ritmi frenetici della quotidianità, purtroppo, rischiano di mettere a repentaglio la solidità della famiglia e su questo versante la politica può e deve assumere un ruolo decisivo: una politica adeguata di sostegno alla centralità della famiglia può ridurre questo pericolo.Il lavoro è ricchezza non solo economica ma anche interiore. Il lavoro rappresenta il contributo che ognuno di noi dà alla società nella quale vive; è necessario impegnarsi per fare in modo che sempre più venga percepita l’importanza del lavoro in questa ottica». CIARDI. «Sembrerò banale ma la famiglia il lavoro e l’amicizia. La mia famiglia innanzitutto; quando a 29 anni ho conosciuto mia moglie Silvia la vita prese un corso ben preciso. Mia moglie, ha una figlia splendida che si chiama Sabrina e due anni fa è nata Greta, quindi con tre donne in casa c’è poco da scherzare. La mia giornata tipo è per la famiglia e il lavoro perché non riesco a sottrarre tempo a moglie e figli che non sia solo quello essenziale per la mia azienda. Quindi niente palestra, calcetto o altro, solo un po’ di vita associativa che spazia dagli ex allievi Buzzi all’Unione Industriale. Il lavoro quindi al secondo posto perché necessario al sostentamento della mia e anche di altre famiglie in quanto la mia azienda, seppur piccola, occupa 25 dipendenti. Il lavoro per me non è né sacrificio né fatica e questo grazie alla ferrea educazione di mio padre che fin da ragazzo mi ha abituato a contribuire alla azienda familiare, la Macelleria Fiorenzo della Porta Mercatale». ROMAGNOLI. «Mia madre è nata e cresciuta in una famiglia contadina molto religiosa. La sua vita è stata orientata da una profonda spiritualità, dalla semplicità, dal senso della comunità e da un sentimento di fraternità e pietà nei confronti degli altri.Mio padre era un pratese di città, legato all’industria, uomo di sinistra. La cultura del lavoro come mezzo di emancipazione, il senso dei propri diritti e l’intolleranza per ogni forma di ingiustizia sono stati il suo insegnamento.Credo che il loro esempio mi abbia trasmesso senso di responsabilità, onestà e rispetto della dignità umana».

TAITI. «Sono quelli della liberaldemocrazia. Tolleranza, rispetto di tutte le idee, rispetto degli avversari. Fede assoluta nel metodo e nei principi della democrazia occidentale. In economia sono favorevole alla libera iniziativa, al libero mercato ed alla libera concorrenza mitigati da una visione sociale che tenga conto dei meno fortunati, dei meno dotati e dei meno intraprendenti. Sono per il pieno riconoscimento dei diritti civili e di cittadinanza senza alcun distinguo. Sono per la minima intrusione dello Stato nelle vicende private dei cittadini quando i loro comportamenti non rechino danno e offesa per nessun altro. Sono per la libertà di professare qualsiasi credo religioso e/o laico. Sono per il riconoscimento di tutti i diritti e per far rispettare tutti i doveri previsti dalla nostra Costituzione verso tutti i cittadini italiani e stranieri presenti in Patria».

VANNONI. «Quello della pace prima di tutto. Poi la bella politica intesa come servizio, partecipazione e difesa dei diritti soprattutto dei più deboli. Infine, non per importanza, la trasparenza e la legalità. Ecco perché i sostenitori della lista “La sinistra per Prato viva” lavoreranno con convinzione per l’affermazione di tutti i partiti della sinistra cosiddetta “radicale” e segnatamente per la lista Società Civile Di Pietro – Occhetto e Rifondazione Comunista».

Le mie priorità

BERNOCCHI. «Le mie priorità sono riassunte in sei capitoli del programma amministrativo che ho presentato alla città: rilancio del distretto tessile per dare nuova benzina al motore principale della nostra città e, dunque, creare un circolo virtuoso fondamentale per pensare ad un forte sviluppo futuro; riduzione della tassazione locale attraverso la cessione delle quote di Consiag e ASM, manovra questa che consentirebbe non solo di diminuire la pressione fiscale ma anche di realizzare tutta una serie di investimenti appannaggio della città, a cominciare dalla costruzione di case da destinare gratuitamente ai senzatetto; politica sociale con istituzione di un assessorato alla Famiglia; recupero del centro storico con la conversione di piazza Mercatale in un grande parco urbano con parcheggio sotterraneo; istituzione di un assessorato alla Sicurezza per un più efficace controllo del territorio e delle attività economiche; politica culturale per recuperare spazi da destinare ai giovani e allo sport».

CIARDI. «Sulle priorità per la nostra città penso saremo tutti abbastanza concordi, tessile in primis; perché è stata e sarà per molto la fortuna di Prato. Come sottolinea il nome della mia lista, nelle priorità c’è il sostegno ai giovani e alle famiglie: coloro i quali si sono assunti la responsabilità di mettere al mondo dei figli meritano una grande attenzione. Conseguentemente, bisogna valorizzare il volontariato e le parrocchie: perché le politiche sociali non si fanno solo chiedendo e dando soldi ma anche sostenendo fortemente chi già da tempo opera nel sociale e chiedendo a gran voce ai giovani di dare una mano a chi invece ha bisogno. Infine il centro storico, il fallimento di questa amministrazione. In 8 anni sono riusciti a rovinare uno dei centri storici più belli d’italia. Hanno lasciato che si riempisse di call center e negozi di dubbio successo economico gestiti da immigrati per immigrati. Il blocco delle licenze in via S. Trinita, ormai in ritardo, ci spiega che c’era verso fare qualcosa ma non si è fatto».

ROMAGNOLI. «Il programma prevede tre assi principali: economia, saperi, diritti e solidarietà. È infatti necessario intervenire a sostegno dell’industria tessile, la cui crisi produce gravi difficoltà alle famiglie, peggiorando le loro condizioni di vita e di lavoro. Occorre rafforzare tutti gli elementi di supporto (servizi, infrastrutture, tariffe), potenziare la formazione, la ricerca e l’innovazione. È indispensabile prevedere un sostegno sociale a chi viene emarginato, dare futuro ai giovani, assicurare una vita dignitosa agli anziani».

TAITI. «Il mio impegno politico è rivolto a cambiare la classe dirigente cittadina. 60 anni di potere l’hanno segnata negativamente. Quella attuale non mi appare capace di pensare alle soluzioni future per Prato. Mi sembra anche incapace di compiere scelte per l’immediato. Trovo inadeguata ed esangue tutta la complessiva classe dirigente cittadina (politici, imprenditori, esponenti della cultura, sindacalisti, rappresentanti delle categorie sociali ecc.). Prato ha l’urgente necessità di fare un salto di qualità, di immettere linfa nuova, di ritrovare dinamiche antiche andate perse per una sorta di adagiamento sugli allori e sulla mera gestione del potere e dei poteri. La città è cambiata e sta cambiando giorno dopo giorno sotto i nostri occhi ma con il governo cittadino inerte, imbambolato e, nel migliore dei casi, eterogestito. Invertire questa rotta è il mio progetto politico principale».

VANNONI. «Le priorità sono innovazione e formazione, la ricerca di buona occupazione. Ecco perché diciamo no alla legge 30 e alla precarizzazione del lavoro. Diciamo un forte no alla cementificazione e un grande sì alla utilizzazione delle molte capacità di cui dispone il distretto attraverso la valorizzazione del turismo, settore che può essere trainante per la bellezza dei nostri musei, delle nostre opere d’arte, delle nostre stupende chiese e delle ville medicee. Facciamoci aiutare dai nostri grandi sponsor: uno su tutti Benigni e i grandi prodotti della tavola sapientemente curati da grandi chef e da campioni del mondo».

La crisi del tessile mette in discussione l’economia locale, ma anche l’identità stessa della città. Quale potrebbe essere, al riguardo, un progetto per Prato?

BERNOCCHI. «La crisi del tessile ha determinato anche una crisi di identità della città. Il progetto per il recupero dell’identità di Prato deve trovare una base nel nuovo decollo del tessile, oltre che nella capacità di diversificare l’economia. Abbiamo un potenziale – il distretto, appunto – che non possiamo e non dobbiamo disperdere. La tradizione industriale di Prato non deve essere una delle tante nel panorama nazionale, ma la realtà per eccellenza. Per fare in modo che questo passaggio si concretizzi, occorre creare condizioni che rendano l’attività di impresa competitiva a livello nazionale e non solo. Il rilancio del distretto tessile, e a ruota di tutta l’economia pratese, deve partire da una politica programmatica che comprende vari tasselli, dalla pianificazione urbanistica a quella fiscale. Ad avviare il processo può essere l’istituzione di un assessorato allo Sviluppo Economico con unica delega e sedi distaccate a Roma e a Bruxelles per riaffermare il peso di Prato in Italia».

CIARDI. «È un argomento che mi sta molto a cuore e sul quale scommetto fortemente. Il tessile mi sta dando molto e penso di essere un buon testimone di come ancora il tessuto può essere una grande opportunità per Prato. E comunque ne parlo con la consapevolezza di saperne un po’ di più rispetto ai miei rispettabili avversari. Il problema per la sua complessità necessita però, prima di andare a chiedere lumi altrove, di avere noi per primi le idee chiare quindi a breve è necessaria la riunione di un vero e proprio tavolo di concertazione organizzato dal Comune al quale devono partecipare tutti i protagonisti del nostro territorio, dalle aziende agli artigiani ai sindacati e le banche. La formula per far rinascere nuove aziende sarebbe questa: creazione di un ufficio sviluppo economico coordinato dall’Unione Industriale. Chiunque abbia un progetto valido lo sottopone ad una commissione che una volta analizzato ed approvato troverà i partecipanti alla nuova società con una formula tipo «cooperativa», coinvolgendo gli imprenditori e soprattutto anche tutte le banche locali».

ROMAGNOLI. «Agire su due piani contemporaneamente: iniziativa politico-istituzionale nei confronti del governo e dell’Unione Europea, che debbono assicurare l’uno una politica industriale e commerciale di sostegno al “made in Italy”, alle produzioni ad alto contenuto di moda, tutelandole dalle imitazioni e contraffazioni, promuovendo il marchio di qualità che assicura ai consumatori un prodotto di alta qualità, realizzato nel rispetto delle tutele sociali e dell’ambiente. L’Unione Europea deve assicurare la reciprocità degli scambi nei trattati del commercio internazionale, il rispetto delle regole della concorrenza, la lotta al lavoro minorile ed al dumping ambientale.A livello locale occorre sfruttare al massimo le opportunità offerte dal piano Moda della Regione Toscana, che stanzia 150 milioni di euro in tre anni, i programmi comunitari per il sostegno agli investimenti e gli interventi di formazione professionale. Come Amministrazione comunale dovremo poi mettere in atto tutti gli interventi per favorire gli investimenti nelle attività tessili: abbattimento dei costi delle tariffe, servizi, infrastrutture, semplificazione amministrativa, snellimento dei tempi».

TAITI. «La crisi di importanti settori del tessile (non di tutto il tessile..) è accompagnata, comunque, da possenti spinte alla diversificazione produttiva. Occorre governare, indirizzare e gestire questi processi in atto. Il tessile, ovvero diversi segmenti importanti del tessile, sarà ancora la base del nostro sistema produttivo futuro. Quello che è necessario è che il nuovo equilibrio che la città troverà sia ben amalgamato e riconosciuto. Diventa decisiva la complessiva immagine ed identità di Prato. Il distretto industriale nuovo si affermerà se riuscirà a “vendere” una propria precisa fisionomia ed a farla riconoscere in Italia e nel Mondo. Le poderose, inevitabili ma ingovernate ondate migratorie stanno purtroppo riducendo la città ad un informe agglomerato di case di pessima qualità e capannoni anonimi. In qualche quartiere cittadino potremmo trovarci indifferentemente alla periferia di Shangai, di Calcutta, di Amburgo o Sheffield. Occorre ripartire dal pezzo di città che più identifica Prato: il suo centro storico medievale, le sue cinta murarie. Il mio progetto di “Grande Parco Urbano delle Mura” rottamando tutti gli edifici addossati è essenziale per far ritrovare identità alla città».

VANNONI. «L’importante ricerca della Camera di Commercio di Prato ha messo in risalto quanto sia stata miope una politica di corto respiro che nel periodo delle “vacche grasse” non ha saputo investire nel futuro, soprattutto sulle grandi conoscenze e capacità delle nostre lavoratrici e lavoratori, del mondo delle professioni, della scuola, formazione e università. Aver puntato sull’edilizia selvaggia (+ 14,5 di PIL nelle costruzioni) e poco sull’innovazione e formazione ha portato a un – 9,5 di PIL contro il 1,7 % della Toscana».

La nostra è una delle città più multietniche d’Italia. Come passare dall’emergenza all’integrazione?

BERNOCCHI. «Il fenomeno dell’immigrazione non ha tardato a prendere i connotati dell’emergenza perché il governo locale lo ha sottovalutato prima ed ignorato dopo. È chiaro che il traguardo che intendo raggiungere su questo fronte è quello dell’integrazione. Ma la vera integrazione si può realizzare solo a determinate condizioni: diritti e doveri uguali per tutti. Prato si è sempre caratterizzata per essere una città accogliente e solidale e su questo binario dobbiamo restare. Accoglienza e solidarietà, però, devono anche far rima con dignità e rispetto della persona, due elementi che forse fino ad oggi non sempre sono stati della partita. Gli immigrati che a Prato hanno trovato casa e lavoro sono parte integrante della nostra società, per gli altri ci sono leggi dello Stato che non possiamo ignorare. Le opportunità che la città offre devono essere a portata di mano per tutti, italiani e stranieri, non ci devono essere distinzioni né prevaricazioni. Ma questo principio deve essere applicato sempre e comunque, sia quando si parla di diritti da far valere sia quando si parla di doveri e regole da rispettare».

CIARDI. «Pratesi e non devono convivere con delle regole che servono per tutelare le persone, il lavoro, la salute e rendano armonioso il lento mescolarsi di diverse etnie. Purtroppo tutti sappiamo che la grande ondata di immigrazione, soprattutto cinese, ha portato con se anche enormi problemi: lo sfruttamento da parte degli italiani, lavoro nero, clandestinità. A mio avviso un primo provvedimento da adottare, per quanto riguarda i cinesi, è un’ordinanza che obblighi tutte le confezione presenti nelle zone residenziali a spostarsi in aree idonee predestinate. Una volta creato il distretto delle confezioni potremmo controllare meglio la legalità del lavoro e finalmente combattere tutti i problemi sopra esposti, primi fra tutti clandestinità e lavoro nero».

ROMAGNOLI. «Ritengo si debba operare in tre direzioni. La prima è quella di contenere il fenomeno entro limiti sostenibili. La numerosità eccessiva mette a rischio anche la capacità di tolleranza della popolazione, oltre a creare problemi insuperabili nella capacità di integrazione.Il secondo elemento è quello del rispetto delle regole. La convivenza impone comportamenti omogenei: tutti devono pagare le tasse, versare i contributi lavorativi, tenere comportamenti corretti. Ma il problema va oltre. Siamo ormai di fronte ad episodi di feroce sfruttamento, sia da parte di immigrati nei confronti dei loro connazionali, sia da parte di italiani che approfittano della disperazione e del bisogno. Questo impone una grande capacità di controllo e di repressione delle forme di criminalità che fino ad oggi non è stata possibile perché il governo è stato latitante: gli organici delle forze di Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Tribunale sono drammaticamente insufficienti rispetto alle necessità. Dovremo aprire una vera e propria vertenza con il Governo.Infine il nodo dell’accoglienza, su cui molto è stato fatto, ma che resta insufficiente, scontrandosi da un lato nella scarsità delle risorse disponibili, dall’altro nella eccessiva dimensione che il fenomeno ha raggiunto». TAITI. «Prato è la città italiana più multietnica. Che, di per sé, è una cosa bella. Le nostre società postmoderne sono destinate alla multietnicità. La rapida globalizzazione, la grande libertà di movimento, la possibilità di raggiungere in poche ore qualsiasi capo del mondo; le grandi differenze di sviluppo tra le varie macroregioni favoriscono e favoriranno questo fenomeno. Sarà la grande risorsa del nostro futuro. Razze, religioni, colori della pelle non più divise da confini politici o fisici potranno favorire la trasformazione delle società ed il loro pacifico miglioramento economico, sociale, culturale ecc. Prato ha accolto in passato senza alcun trauma migliaia e migliaia di immigrati. La grande stagione dell’immigrazione meridionale è stata governata ed il lavoro disponibile ha contribuito all’integrazione di quei cittadini.Oggi la situazione appare del tutto diversa: immigrazione extracomunitaria incontrollata, assenza di governo del fenomeno, pessimo senso di solidarietà stanno facendo diventare Prato xenofoba e razzista».

VANNONI. «È singolare che la destra lamenti un aumento di extracomunitari irregolari a Prato salvo poi dire che con la legge Bossi-Fini non ci sono più clandestini. È grave che si faccia risalire agli immigrati la responsabilità della crisi profonda del distretto. Altre, come ho cercato di spiegare sopra, sono le ragioni. Per passare dall’emergenza all’integrazione bisogna fare un’operazione come quella che negli anni ’60 incluse decine e decine di migliaia di donne e uomini provenienti da ogni parte d’Italia. Sono le nostre parrocchie, i nostri circoli – come è successo in quegli anni – le nostre centinaia di associazioni civili e del volontariato il bene più prezioso per accogliere con uguali diritti e doveri, tante donne e tanti uomini che vengono a Prato per vivere e creare un futuro ai propri figli».