Vita Chiesa
Proviamo a guardare il crocifisso
La Quaresima ci porta inevitabilmente a passare, e forse a sostare, per qualche momento sotto la croce. Quella croce, alla quale da secoli la nostra pietà culturale ci ha abituati e resi ormai familiari, in modo che non ci sentiamo più tanto a disagio davanti a quel corpo piagato, appeso e ormai esanime, raffigurato nel momento della morte, ratificata dal costato trafitto. Eppure comprendo bene l’orrore che altre culture e religioni possono provare davanti al crocifisso, e anzi mi colpisce sempre, e mi questiona, la nostra ormai definitiva tranquilla accettazione dell’obbrobrio e dell’ignominia della croce (Gal 5,11; Eb 12,2; 13,13).
Abbiamo fatto battaglie finanche giuridiche ed istituzionali per mantenere in alcuni luoghi pubblici il crocifisso, quale segno della nostra cultura cristiana, in continuità con la storia del nostro pensiero e delle nostre radici, che come italiani sono innegabilmente cristiane, eppure mi pare che questo accorarsi e battagliare sia ancora troppo lontano dal riconoscere realmente il valore inestimabile della croce. E mi sembra che dare al crocifisso soprattutto un valore culturale sia davvero non solo troppo poco, ma anche di cattivo gusto, dato che la nostra arte raffigura non già un Cristo tunicato nella gloria della sua regalità, come la sensibilità orientale in molti esempi ha prodotto, ma un Uomo colpito da i più atroci supplizi, seminudo nel pallore della morte, rigato da lacrime e sangue, con gli occhi ormai chiusi alla luce della vita.