Toscana
Pronto soccorso valido, ma da migliorare
di Claudio Turrini
In Toscana scene come quella del policlinico «Umberto I» di Roma, con una donna in coma legata per giorni ad una barella al pronto soccorso non possono accadere. Il sistema dell’emergenza sanitaria funziona, anche se non mancano i problemi. Lo dicono i numeri. Ai Pronto soccorso si rivolgono in un anno un milione e mezzo di toscani. Nel 90% dei casi possono tornare a casa entro sei ore, con un referto e le cure del caso. E se c’è bisogno di un ricovero, in otto casi su dieci lo si ottiene entro sei ore. Tempi accettabili, anche se migliorabili. E anche qui i numeri ci dicono che dal 2010 al 2011 i tempi medi si sono accorciati, anche se di poco. Se il presidente della regione Enrico Rossi gongola dalla sua pagina facebook per i risultati positivi dell’inchiesta condotta dal «Corriere Fiorentino» in giro nei principali Pronto soccorso, l’assessore al diritto alla salute Daniela Scaramuccia rivendica il lavoro fatto in questi anni. «Abbiamo messo in piedi un importante percorso formativo, in collaborazione con la Harvard Medical School, una delle scuole più prestigiose degli Stati Uniti, per sviluppare la formazione in medicina di emergenza secondo il modello oggi ritenuto più avanzato. E per quanto riguarda accessibilità e tempestività delle risposte, abbiamo messo in atto interventi cospicui per il potenziamento degli organici, il rafforzamento delle dotazioni tecnologiche, l’introduzione di modelli innovativi per la gestione dei codici minori (See & Treat, ovvero i casi meno complessi trattati dagli infermieri, in 6 pronto soccorso e prossima estensione ad altri 18 nel prossimo triennio). Sono stati introdotti standard specifici per monitorare le attese e ad oggi la situazione, sia dell’attesa per la visita, sia della permanenza in PS, mostra il pieno raggiungimento degli standard».
La Toscana è la prima regione ad aver puntato sui manager per organizzare meglio questo servizio. «I primi risultati ci dice sono incoraggianti e mostrano una riduzione dei tempi di attesa, della degenza media di un giorno nei reparti pilota e dei tempi di risposta della radiologia. E nel nuovo Piano sanitario e sociale integrato regionale (approvato in giunta e in discussione in Consiglio) è previsto «un ulteriore rafforzamento del sistema complessivo dell’emergenza urgenza». Anche se questo comporterà probabilmente come ha denunciato il vicepresidente della Commissione sanità Stefano Mugnai (Pdl) la scomparsa dei Pronto soccorso dagli ospedali più piccoli, quelli di «fascia A». Gli ospedali a rischio sarebbero 14: Fivizzano, Pontremoli, Barga, Castelnuovo, San Marcello, Volterra, Portoferraio, Casentino, Valtiberina, Valdichiana, Orbetello, Pitigliano, Casteldelpiano, Figline Valdarno.
Stefano Grifoni è il direttore del Pronto soccorso di Careggi, a Firenze, e consigliere nazionale Simeu (Società italiana medicina emergenza urgenza). «La Toscana ci dice ha avuto grande sensibilità per l’emergenza urgenza; anche in termini economici è stato speso molto. Ora bisogna reagire sulla mentalità di chi opera nell’ospedale. Più che parlare di criticità bisogna dire che esiste una organizzazione che nel tempo dovrà sempre più svilupparsi e che riguarda due aspetti fondamentali: non si può considerare la medicina d’urgenza staccata dall’ospedale ma l’ospedale deve vivere insieme agli aspetti dell’accoglienza dell’emergenza-urgenza. Bisogna cominciare a pensare che tutto l’ospedale deve partecipare al lavoro dell’emergenza urgenza anche il sabato e la domenica perché in questi 2 giorni mentre l’emergenza urgenza continua, l’ospedale si ferma e questo può creare problemi alla stessa emergenza urgenza».
Che il nodo critico sia il rapporto tra urgenza e ospedale lo conferma anche Marco Carraresi, consigliere regionale Udc e membro della Commissione sanità. «Un buon pronto soccorso ci dice contribuisce a migliorare l’organizzazione interna della degenza, così come un buon funzionamento della degenza crea le condizioni per offrire risposte sollecite alle emergenze». Per Carraresi la regione non ha fatto abbastanza per arginare il flusso di pazienti «anche attraverso l’attivazione degli ambulatori dedicati alle prestazioni di minori complessità e una diversa gestione dei flussi intraospedalieri, con la separazione tra i ricoveri di elezione (i programmati) e quelli d’urgenza, che sono oggi effettuati negli stessi locali. E lo spettacolo è spesso quello di Pronto soccorso eternamente sovraffollati». Per questo ritiene «assolutamente necessario e urgente procedere alla loro completa riorganizzazione, sia riconoscendo ad essi risorse edilizie e strumentali aggiuntive, sia definendo normativamente modalità diverse di accesso per le urgenze. In modo da farli diventare realmente non il luogo dove ci si reca perché il territorio non offre risposte alternative, ma la struttura sanitaria dove il cittadino può trovare la risposta migliore possibile per l’effettiva urgenza».
Il punto sui quattro nuovi ospedali
L’ospedale, che sta crescendo giorno dopo giorno, sarà il presidio di riferimento per i casi acuti più complessi, e sarà integrato con i servizi territoriali in modo da assicurare la più completa continuità delle cure. Il costo complessivo di realizzazione era previsto in 151 milioni, di cui 83 per la struttura, 7 per gli arredi e 11 per le apparecchiature, ma il direttore generale dell’Asl ha già messo le mani avanti e serviranno più soldi.
L’avvio operativo è previsto, salvo imprevisti, per la fine del 2013. Altri sei mesi serviranno, poi, per i collaudi e l’attivazione, compresa l’installazione di arredi e apparecchiature ad alto contenuto tecnologico. Oltre ad essere una componente fondamentale del sistema di assistenza alla popolazione, il «nosocomio», in caso d’emergenza, provocata da eventi naturali o antropici, sarà un’opera strategica anche ai fini della protezione civile. Il nuovo complesso avrà quattro piani fuori terra e uno interrato. La superficie lorda totale ammonta ad oltre 45 mila mq con un volume edilizio pari a 175 mila mc. Saranno 360 i posti letto per le degenze, 30 per l’emodialisi, 12 per le osservazioni brevi e 24 culle. Sono inoltre previsti 22.500 mq di parcheggi, equivalenti a 2,5 auto per posto letto. Il progetto della nuova struttura ospedaliera era già compreso nel Piano sanitario regionale 2002-2004, condiviso con il Ministero della Salute nell’accordo di Programma sottoscritto nel 2004 ed è stato indicato come «obiettivo prioritario della Regione», nel Piano di sviluppo 2001-2005.
Renato Bruschi
Così, dopo aver fatto discutere i livornesi favorevoli e contrari alla struttura, ma soprattutto alla localizzazione del nuovo nosocomio (zona Montenero, vicino all’attuale RSA Pascoli), al punto da chiamarli a votare in un referendum cittadino (poi annullato per mancato raggiungimento del quorum), sembra ormai prossima la costruzione a Livorno dell’opera pubblica più grande degli ultimi decenni.
Come da progetto, il nuovo ospedale sarà una struttura orientata a interventi rapidi e specializzati, riservata a pazienti con forme acute, per questo non avrà un gran numero di posti letto (440, più 47 posti «tecnici»): la degenza rappresenterà infatti la risorsa estrema, da usare solo quando indispensabile e per il tempo strettamente necessario, mentre il resto dei servizi sarà effettuato attraverso visite domiciliari o con l’attività dei distretti sul territorio. Questo comporterà una revisione totale di tutti i servizi territoriali e ospedalieri, che verranno riorganizzati secondo un criterio di «intensità di cura».
La domanda più frequente sul progetto del nuovo ospedale è stata: ma c’era davvero bisogno di costruire un’altra struttura, mentre l’altra è ancora in buono stato, e addirittura recentemente è stata ristrutturata in alcuni suoi settori? Secondo il parere dei tecnici sì. Uno studio comparativo eseguito dai Direttori delle Aree Tecniche del Comune e della USL nel luglio 2008, che ha messo a confronto le due ipotesi sul presidio ospedaliero (la riqualificazione integrale dell’attuale ospedale e la realizzazione di un nuovo ospedale), ha reso noto che, in considerazione del rapporto costo benefici e «dopo attenta ponderazione delle criticità e delle positività di entrambe le ipotesi, pur rilevando che la realizzazione di un nuovo ospedale comporterà un maggior costo di investimento e un maggior tempo di costruzione, si ritiene che la costruzione di un nuovo presidio ospedaliero sia da ritenersi la più vantaggiosa» per la città di Livorno.
Chiara Domenici
Tutta l’operazione è stata avviata nel 2005 con l’accordo di programma, i primi lavori sono iniziati nel maggio 2010 e sono proseguiti nel rispetto dei tempi prestabiliti. Negli anni sono però lievitati i costi fino agli attuali 150 milioni (attrezzature interne comprese). Ma tornando al monoblocco, che internamente sarà climatizzato, il piano terra sarà il piano degli ingressi principali, a questo livello saranno sistemate le aree legate alle funzioni di accesso e di emergenza (pronto soccorso), le aree ambulatoriali, il centro trasfusionale, l’accoglienza e la relazione con il cittadino.
Il primo piano accoglierà i servizi commerciali per le necessità dei visitatori, telefoni, edicola, sportello bancario, spazi adeguati per l’attesa. Le funzioni sanitarie presenti in questo piano saranno il Day Hospital medico e le degenze del Dipartimento materno-infantile. Il secondo piano verrà destinato alle degenze dell’area chirurgica, alle Sale chirurgiche, all’Emodinamica ed alle degenze di Terapia intensiva e sub intensiva. Il terzo piano sarà destinato principalmente alle aree di degenza medica ed agli studi medici. Tutte le camere saranno dotate di due posti letto con bagno (i posti letto previsti al momento sono 410). Le sale operatorie saranno 12, di cui 3 sale di day surgery. Se negli anni non sono mancate le discussioni sull’area prescelta per la costruzione del nuovo ospedale, oggi in molti si chiedono che fine farà l’attuale Ospedale Campo di Marte, e inoltre se e quali servizi potranno subire un ridimensionamento. Altro tema è la viabilità intorno al nuovo ospedale che ancora attende di essere ultimata e adattata alle esigenze che graveranno sull’area.
Lorenzo Maffei
In pratica, a seconda della gravità della patologia, si va dal livello di intensità basso, al medio, fino all’alto per i più gravi in terapia intensiva e subintensiva. In ciascuna di queste aree, i vari specialisti collaboreranno, ciascuno secondo le proprie competenze. Una filosofia nuova di sanità, insomma. Dove all’ospedale si sta anche meno tempo: più volte è stata sollevata preoccupazione sul numero di posti letto nel nuovo nosocomio: ne avrà 540 contro gli attuali 629 dell’attuale ospedale cittadino, il Misericordia e Dolce. Basteranno? Certo, per poter funzionare, il nuovo ospedale avrà bisogno di una maggiore integrazione con i servizi sul territorio e con quelli a domicilio, si ripete da più parti: Asl, Società della Salute. Saranno pronti questi servizi? Queste saranno le sfide in cui la nuova struttura sarà sottoposta. Intanto la scorsa settimana l’assessore regionale alla sanità Daniela Scaramuccia ha visitato il cantiere. La struttura mostra già i connotati, dalla facciata alla pista per gli elicotteri, prima assente.
Le stanze saranno tutte singole o da due posti. E ci saranno soluzioni tecnologiche come il trasporto pneumatico, ovvero pedane soprelevate su cui saranno trasportati medicinali e materiali. Mentre i carelli del trasporto dei pasti o di materiale più pesante saranno robotizzati. Intanto un altro dibattito si è aperto in città: quale destinazione dare all’area dell’attuale ospedale? la Asl, che è proprietaria dell’area, si aspetta dal Comune un cambio di destinazione d’uso per monetizzare e restituire alla Regione i finanziamenti anticipati tramite il fondo rotativo.
Damiano Fedeli