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Prolusione del card. Ruini al Consiglio Cei (18 settembre 2006)
Pubblichiamo il testo integrale della Prolusione pronunciata dal card. Camillo Ruini, presidente dei vescovi italiani, in apertura dei lavori del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana (18 settembre 2006).
1. Salutiamo con profondo affetto il Santo Padre, da pochi giorni rientrato dal viaggio nella nativa Baviera, dove ha annunziato e testimoniato con straordinaria profondità di riflessione e con persuasiva dolcezza la fede in quel Dio nel quale l’uomo, la sua ragione e la sua libertà trovano la loro superiore e autentica pienezza. In particolare nella splendida lezione all’Università di Regensburg egli ha potuto non soltanto proporre ma argomentare la verità, validità e attualità del cristianesimo attraverso un grande affresco teologico, e al contempo storico e filosofico, capace di far emergere il legame essenziale tra la ragione umana e la fede nel Dio che è Logos, mostrando che questo legame non è confinato nel passato ma apre oggi grandi prospettive al nostro desiderio di conoscere e di vivere una vita piena e libera. Questa lezione, insieme all’Enciclica Deus caritas est e al discorso per gli auguri alla Curia Romana del 22 dicembre, offre le coordinate fondamentali del messaggio che il Papa va proponendo: dobbiamo dunque meditarla e assimilarla in profondità, già nel contesto del Convegno che ci attende a Verona. Suscita sorpresa e dolore che alcune affermazioni in essa contenute siano state equivocate al punto da essere interpretate come un’offesa alla religione islamica e da condurre fino ad atti intimidatori e ad inqualificabili minacce forse addirittura a fornire il pretesto per l’abominevole assassinio di Suor Leonella Sgorbati ieri a Mogadiscio , mentre il Papa si proponeva di favorire un vero dialogo delle culture e delle religioni un dialogo di cui abbiamo un così urgente bisogno, come è detto nella lezione stessa e come il Cardinale Segretario di Stato ha felicemente precisato nella sua dichiarazione di sabato scorso, fatta propria dal Santo Padre nell’Angelus di ieri. In quanto Vescovi italiani esprimiamo al Papa la nostra totale vicinanza e solidarietà e intensifichiamo la nostra preghiera per lui, per la Chiesa, per la libertà religiosa, per il dialogo e l’amicizia tra le religioni e tra i popoli. Deploriamo invece quelle interpretazioni, che non mancano anche nel nostro Paese, le quali attribuiscono al Santo Padre responsabilità che assolutamente non ha o errori che non ha commesso e tendono a colpire la sua persona e il suo ministero.
L’entusiasmo con cui la Baviera e la Germania tutta hanno circondato Benedetto XVI conferma che la figura di questo Papa ha un’efficacia profonda per aprire una fase nuova, di rinnovato interesse, fiducia e adesione verso il cristianesimo e la Chiesa da parte del popolo tedesco e del tipo di cultura che lo caratterizza. Anche in un contesto certamente diverso, come quello della Polonia, la visita compiuta dal Santo Padre a fine maggio ha avuto però un’accoglienza non meno affettuosa ed entusiasta. In particolare a Cracovia si è manifestato in tutta la sua forza il legame che unisce Benedetto XVI a Giovanni Paolo II, mentre con il discorso pronunciato a Birkenau egli ha espresso con estrema sincerità e profondità il travaglio dell’uomo credente davanti al mistero e all’abisso della colpa e della sofferenza, che solo l’amore può redimere.
Siamo grati, inoltre, al Santo Padre per quanto ci ha detto a Valenza, in occasione del V Incontro Mondiale delle Famiglie, e per le affettuose parole di orientamento e incoraggiamento rivolte a quanti operano nei mezzi di comunicazione collegati alla nostra Conferenza nell’udienza loro accordata il 2 giugno scorso. Il 1° settembre Benedetto XVI ha visitato il Santuario di Manoppello, nell’Arcidiocesi di Chieti-Vasto, donandoci una toccante meditazione sul Volto Santo di Gesù Cristo.
Nel corso del conflitto in Libano il Papa ha moltiplicato gli interventi per la pace e la riconciliazione, ha assunto l’iniziativa della Giornata di preghiera e di penitenza del 23 luglio ed ha richiamato senza stancarsi il legame tra la pace e la conversione dei cuori, che si alimenta del nostro aprirci al gratuito e inesauribile amore di Dio. È inoltre intervenuto con esito positivo per salvare la vita di tre cristiani condannati a morte in Indonesia e per ottenere la liberazione di un sacerdote rapito a Baghdad.
Un nostro Confratello, l’Arcivescovo di Genova Cardinale Tarcisio Bertone, è stato scelto da Benedetto XVI come suo primo collaboratore nel servizio della Chiesa universale: gli porgiamo le più vive felicitazioni e gli siamo vicini con la preghiera e con l’affetto nella nuova e tanto impegnativa missione che lo attende.
2. Dopo l’Assemblea Generale di Maggio è stata pubblicata la nostra Lettera ai sacerdoti italiani, accompagnata dai testi dell’Assemblea stessa in cui abbiamo espresso la nostra vicinanza, attenzione e gratitudine nei loro confronti: ciò che ivi è scritto costituisce un impegno da onorare ogni giorno, anzitutto da parte di noi Vescovi.
Il 1° settembre la Chiesa italiana ha celebrato per la prima volta la Giornata per la salvaguardia del creato: come ha detto il Papa nell’Angelus di domenica 27 agosto, si tratta di un grande dono di Dio esposto a seri rischi da scelte e stili di vita che possono degradarlo, rendendo insostenibile l’esistenza particolarmente dei poveri della terra. Occorre pertanto impegnarsi seriamente ad avere cura di esso, in dialogo con i cristiani delle diverse confessioni, non dilapidando le sue risorse ma condividendole in maniera solidale.
Nella seconda metà di giugno si è conclusa a Rimini la serie degli eventi dedicati ai diversi ambiti in cui si articolerà il Convegno di Verona, mettendo a tema il lavoro e la festa. A fine luglio è uscito il volume Testimoni della Chiesa italiana, nel quale sono presentate numerose figure di cristiani del Novecento, per la maggior parte laici, appartenenti alle diverse regioni d’Italia, che costituiscono per noi modelli convincenti di testimonianza evangelica, ai quali il Convegno è chiamato ad ispirarsi.
Nella presente sessione del Consiglio Permanente la nostra attenzione si indirizzerà ancora una volta a questo grande e ormai così vicino appuntamento, nel quale si ritroveranno, insieme a noi Vescovi, tutte le molteplici componenti della Chiesa che è in Italia. Volgendo lo sguardo ai tre Convegni nazionali precedenti, possiamo renderci conto di come essi abbiano scandito, a intervalli decennali, le tappe del nostro camino di Chiesa, in stretta interdipendenza con le vicende dell’Italia. Con questa consapevolezza dobbiamo guardare all’incontro di Verona, perché esso, a sua volta, sia un grande momento di comunione e condivisione, di espressione libera e fraterna, di ascolto reciproco e soprattutto di ascolto del Signore: soltanto così infatti potremo individuare, con il fondamentale aiuto del Santo Padre che giovedì 19 ottobre sarà tra noi, le vie migliori per il tratto di strada che ci attende.
Questi aspetti, che possono considerarsi in buona parte positivi, non devono però indurci a trascurare alcuni maggiori pericoli, a loro volta certamente presenti. Tra questi in particolare la pressione che la deriva etica, il soggettivismo e le posizioni laiciste esercitano sulle nuove generazioni, per loro natura più sensibili a ciò che appare nuovo e liberante. Analoga pressione è apertamente esercitata sulla famiglia, col risultato di rendere spesso davvero arduo vivere i legami familiari nella loro autentica stabilità e pienezza, compresa la generazione e l’educazione dei figli: giocano qui un ruolo assai pesante anche i problemi e le difficoltà di ordine pratico, sociale ed economico.
Non possiamo dimenticare, inoltre, quella costante insidia di una secolarizzazione interna della Chiesa stessa, che è stata denunciata dai Vescovi della Spagna in un loro recente documento: essa non deve sorprenderci, sia perché il peccato e l’umana debolezza accompagnano sempre il cammino della Chiesa nella storia, sia perché le spinte a condurre una vita che prescinda da Dio, largamente presenti nella società e nella cultura del nostro tempo, non possono non avere un contraccolpo sulla comunità dei credenti. Già il Concilio insegnava infatti che tra la Chiesa e la società esistono una compenetrazione e un reciproco influsso (cfr Gaudium et spes, 40-44). Un problema specifico della più grande rilevanza, che forse ha anche qui una sua radice, è quello delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, dove le preoccupazioni per il numero delle vocazioni non devono indurci a mettere in secondo piano la questione, ancora più importante, della loro qualità e autenticità.
Un’attenzione privilegiata il Convegno di Verona intende dedicare ai cristiani laici e alla loro testimonianza del Signore risorto. Anche qui la Chiesa italiana non parte certo da zero, e però gli spazi aperti sono grandi e il cammino da percorrere è sicuramente lungo, sia per quanto riguarda la presenza e il ruolo dei laici all’interno della vita ecclesiale sia soprattutto in ordine alla loro testimonianza missionaria. Quest’ultima è chiamata ad esplicarsi sotto due profili, connessi ma distinti: quello dell’animazione cristiana delle realtà sociali, che i laici devono compiere sotto propria responsabilità e al contempo nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa, specialmente per quanto riguarda le fondamentali tematiche etiche ed antropologiche, e quello della diretta proposta e testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo nei molteplici spazi della vita quotidiana. Solo così può realizzarsi la saldatura tra la fede e la vita: questa forma di presenza missionaria appare dunque decisiva per il futuro del cristianesimo ed ha davanti a sé degli spazi davvero enormi, che sarà possibile, almeno in qualche maniera, riempire progressivamente soltanto sulla base di una formazione cristiana realmente profonda e motivata e attrezzata anche culturalmente.
Cari Confratelli, mi sono permesso di delineare questo quadro certamente molto sommario, parziale ed opinabile del contesto nel quale avrà luogo il Convegno di Verona soltanto per dare un piccolo contributo alla concretezza del dibattito. Ci rechiamo a questo appuntamento confortati dal grande e capillare lavoro preparatorio che è stato svolto e vieppiù convinti dell’opportunità e centralità del tema prescelto: Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo.
Un altro punto del nostro ordine del giorno si riferisce alla Caritas Italiana e alle Caritas diocesane, per valutarne la situazione e le prospettive di crescita sulla base del messaggio davvero illuminante offerto dall’Enciclica Deus caritas est. Questa valutazione ha una chiara premessa, che è il riconoscimento e la gratitudine per il grandissimo contributo che la Caritas ha dato alla Chiesa e alla nazione italiana nell’arco della sua ormai trentacinquennale esperienza. Per parte mia mi limito a ricordare le due direzioni principali, tra loro strettamente congiunte, lungo le quali si muovono le indicazioni della Deus caritas est, in particolare nella sua seconda parte, da leggersi sempre in rapporto alla fondamentale verità salvifica del Dio che è amore approfondita nella prima parte. La prima di queste direzioni riguarda il carattere ecclesiale dell’esercizio della carità, per cui il vero soggetto delle varie Organizzazioni cattoliche che svolgono un servizio di carità è la Chiesa stessa, a tutti i livelli, dalle parrocchie alle Diocesi alla Chiesa universale, con l’evidente conseguenza che i Vescovi ne portano la prima responsabilità (n. 32). La seconda direzione si riferisce al profilo specifico dell’attività caritativa della Chiesa, quindi alla sua gratuità fino al dono di sé nella partecipazione personale al bisogno e alla sofferenza dell’altro , alla sua rispondenza alle necessità concrete degli uomini e alla sua indipendenza da partiti e ideologie: così, vivendo l’amore, faremo entrare la luce di Dio nel mondo (n. 39). Confidiamo che le riflessioni del nostro Consiglio Permanente possano essere di qualche aiuto in ordine a un sempre miglior conseguimento di tali decisivi traguardi.
3. Nel periodo estivo l’orizzonte internazionale si è ulteriormente oscurato, soprattutto nel Medio Oriente. A fine giugno il rapimento di un militare israeliano nei pressi del confine con la striscia di Gaza e la conseguente offensiva per liberarlo hanno aperto una fase di violenze, che ha subito un decisivo aggravamento con il rapimento di altri due soldati israeliani ai confini con il Libano. Ne è seguito un mese intero di vero e proprio conflitto armato, segnato da asprissimi combattimenti nel territorio libanese adiacente ad Israele, pesanti e devastanti bombardamenti di gran parte del Libano e incessanti lanci di razzi contro vaste zone di Israele: ingente il numero dei morti e dei feriti. Questa tragedia ha avuto termine il 14 agosto con la cessazione delle ostilità avvenuta sulla base di una risoluzione dell’ONU. L’Italia ha assunto l’onere di dare un contributo determinante al contingente dell’ONU incaricato di garantire l’applicazione della risoluzione stessa, promuovendo così anche il rilancio dell’iniziativa e della presenza europea in quell’area tanto importante per la pace nel mondo. Le condizioni alle quali si potrà uscire realmente e in maniera stabile da una situazione di conflitto sono state sintetizzate con grande chiarezza in una dichiarazione della Sala Stampa della Santa Sede, e poi ribadite dal Papa stesso all’Angelus di domenica 23 luglio: i Libanesi hanno diritto di vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro Paese, gli Israeliani hanno diritto a vivere in pace nel loro Stato ed i Palestinesi hanno diritto ad avere una loro Patria libera e sovrana.
Il realizzarsi di simili condizioni appare però sempre più legato alla questione più ampia di costruire con tenacia e perseveranza un assetto complessivo del Medio Oriente che risulti in qualche modo accettabile da tutti gli Stati e le popolazioni in esso presenti, oltre che dalle maggiori Potenze: a tal fine serve evidentemente una volontà di intesa e collaborazione ben diversa dagli atteggiamenti oggi prevalenti. In concreto la situazione in Iraq rimane assai grave e sembra quasi sospesa sull’orlo di una guerra civile, nonostante gli sviluppi positivi che pure non mancano. I soldati italiani hanno pagato un ulteriore tributo di sangue con l’uccisione il 5 giugno di Alessandro Pibiri e il ferimento di altri militari della Brigata Sassari. Anche in Afghanistan si registra purtroppo un intensificarsi delle azioni ostili e anche qui quattro nostri militari sono stati feriti l’8 settembre. Ricordiamo inoltre il volontario Angelo Frammartino, assassinato il 10 agosto a Gerusalemme, e accomuniamo tutti nella preghiera e nella commossa gratitudine.
Occorre aggiungere che il nodo della pace in Medio Oriente risulta ormai sempre più dipendente dalle vicende e dagli atteggiamenti di due Paesi come la Siria e soprattutto l’Iran, quest’ultimo al centro delle preoccupazioni internazionali per i suoi programmi nucleari e per le inaccettabili minacce contro l’esistenza stessa dello Stato di Israele. Prosegue in varie parti del modo l’offensiva del terrorismo, che si conferma purtroppo una sfida insieme lucida ed insana alla nostra comune umanità: ricordiamo in particolare la strage dell’11 luglio sui treni di Mumbai in India, gli attentati in Turchia del 28 agosto, quello in Giordania del 4 settembre e da ultimo l’attacco all’Ambasciata degli Stati Uniti sventato dalle forze siriane a Damasco. Una nuova grande iniziativa di terrorismo aereo è stata bloccata il 10 agosto in Inghilterra. È dunque quanto mai necessario quel ricorso alla preghiera per la pace a cui il Papa ci invita incessantemente: una preghiera che deve vedere impegnati concretamente i credenti di tutte le religioni, senza per questo dare adito a fraintendimenti sincretistici, come ha affermato Benedetto XVI nel messaggio inviato al nostro Confratello Mons. Domenico Sorrentino in occasione delle celebrazioni che hanno avuto luogo ad Assisi per il XX anniversario dell’Incontro Interreligioso di preghiera per la pace promosso da Giovanni Paolo II.
Al di là del Medio Oriente, un’altra area di tragico conflitto è ormai da vari anni il Darfur: qui sembrano fallire tutti gli sforzi, che per la verità non appaiono troppo convinti, rivolti a porre fine a un’oppressione e a una volontà di sterminio dietro le quali si celano assai probabilmente anche concreti interessi economici. È ripresa inoltre la guerra all’interno dello Sri Lanka, con grande numero di vittime anche tra i cattolici. In Somalia è stato firmato due settimane fa un accordo che potrebbe rappresentare un primo passo di quel processo di riconciliazione nazionale che dovrebbe restituire a quelle popolazioni un minimo di sicurezza e rispetto della vita e degli altri beni primari, e che appare anche necessario per evitare che il Paese diventi una nuova fonte di terrorismo. Le elezioni svoltesi il 30 luglio nella Repubblica Democratica del Congo possono a loro volta essere la premessa per il ristabilimento di una convivenza pacifica, ma su un simile sviluppo pesano ancora forti incognite. Speranze di pace sembrano affacciarsi anche per l’Uganda, dopo l’accordo per la cessazione delle ostilità firmato il 26 agosto con il contributo della Comunità di Sant’Egidio.
Non possiamo non deplorare, in questo complesso scenario, le violazioni della libertà religiosa che continuano a perpetrarsi in molte parti del mondo e le discriminazioni e le violenze, fino a vere e proprie persecuzioni, di cui sono fatti oggetto numerosi nostri fratelli nella fede in Gesù Cristo: è di questi giorni l’arresto in Cina di un altro Vescovo, Mons. Martino Wu Qinjing. Devono intensificarsi la nostra preghiera e la nostra operosa e coraggiosa solidarietà nei loro confronti, insieme a una precisa richiesta di impegno concreto e responsabile da parte degli Stati e delle Organizzazioni internazionali che pongono a proprio fondamento il riconoscimento dei diritti umani.
Siamo ugualmente vicini con la preghiera e con la solidarietà alle popolazioni colpite da calamità naturali, tra cui spicca il terremoto che ha fatto molte migliaia di vittime nell’isola di Giava a fine maggio: qui, come nel caso del conflitto in Libano, non è mancato l’aiuto concreto della nostra Conferenza.
4. L’estate politica italiana è stata molto intensa, non soltanto per gli impegni internazionali che abbiamo assunto. A fine giugno il referendum popolare confermativo della riforma della seconda parte della Carta costituzionale ha visto una larga prevalenza dei no. È auspicabile che possa essere intrapreso un cammino condiviso per gli adeguamenti di tale parte della Costituzione che da tempo sembrano necessari: potrebbe essere questo anche il terreno su cui avviare rapporti più sereni e costruttivi tra Governo e opposizione, nel rispetto della distinzione e della diversità dei rispettivi compiti.
A livello economico si stanno concretizzando e rafforzando i segni di ripresa, anche se sulle sue prospettive di durata rimangono incertezze. Sembra giunto dunque il momento favorevole per affrontare i più rilevanti nodi strutturali della nostra economia e assicurare così maggiore consistenza e durata alla ripresa stessa: si tratta in realtà di un interesse comune, che merita lo sforzo lungimirante delle diverse categorie sociali e dei loro rappresentanti. È questa anche una chiave indispensabile per dischiudere al Meridione maggiori e migliori possibilità di sviluppo e opportunità di lavoro.
La prossima legge finanziaria rappresenta chiaramente, in ordine a queste grandi scelte, un banco di prova importante. La sollecitudine pastorale per il bene dell’Italia ci spinge a chiedere con insistenza che i propositi di particolare attenzione alle nuove generazioni e alle famiglie si traducano in provvedimenti di medio e lungo periodo, i soli veramente efficaci in questi campi, che riguardino specialmente la ripartizione del carico fiscale in rapporto al numero dei figli, il problema dell’acquisto della casa per le giovani famiglie, gli asili nido e la scuola materna dove è particolarmente grave la situazione delle scuole cattoliche, se non si provvederà adesso a ripristinare quanto non è stato previsto nella precedente finanziaria . Analoga attenzione è chiaramente necessaria per le difficoltà in cui versano i territori del Mezzogiorno.
In ognuno di questi ambiti un aspetto comune è che i provvedimenti pubblici, per quanto importanti e anche indispensabili, non bastano a conseguire i risultati e le finalità a cui sono rivolti: giocano infatti un ruolo altrettanto essenziale e determinante la mentalità e la cultura, e finalmente le scelte concrete delle persone e delle famiglie. Sono grandi, dunque, e non sostituibili, le responsabilità di ciascuno; in particolare è forte la responsabilità di coloro che sono maggiormente in grado di formare e orientare il sentire comune e i comportamenti, perchè operano nei campi della cultura, dell’educazione e della comunicazione, e in generale perché hanno una più forte voce pubblica. È del tutto chiaro che la Chiesa stessa qui è direttamente chiamata in causa: nel dedicarci come cerchiamo di fare con un impegno che viene da lontano ma che ha sempre bisogno di aggiornarsi e rivitalizzarsi al servizio pastorale delle famiglie e al lavoro formativo ed educativo con i bambini, i ragazzi e i giovani adempiamo dunque alla missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa e al contempo condividiamo una responsabilità che, in forme diverse, accomuna tutti.
Con il medesimo spirito non possiamo non ribadire la più ferma deplorazione, già espressa nel comunicato del 26 luglio della Presidenza della C.E.I., per la decisione del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea di prevedere finanziamenti comunitari che agevoleranno le ricerche sulle linee cellulari staminali di origine embrionale, la cui produzione comporta la soppressione di embrioni umani. Tale decisione è moralmente inaccettabile, perché contrasta con il fondamentale principio che ogni essere umano ha sempre dignità di fine e non può mai essere utilizzato e sacrificato come se si trattasse di un mezzo. Analoga valutazione va data pertanto delle iniziative e delle scelte da parte italiana che hanno reso possibile quella decisione, a cominciare dall’iniziativa del Ministro dell’Università e della Ricerca di ritirare il sostegno dell’Italia alla dichiarazione etica che impediva un simile sviluppo, iniziativa poi di fatto avallata dal Governo e non chiaramente sconfessata dal voto del Parlamento. Auspichiamo ancora fortemente che quella decisione possa essere rivista in sede europea. In una prospettiva più ampia, desta grande preoccupazione la possibilità che logiche e solidarietà di tipo partitico prevalgano, anche tra i cattolici e tra quanti condividono una corretta concezione antropologica, sull’adesione concreta a quei principi non negoziabili che devono orientare le decisioni, anche e particolarmente di chi ha responsabilità politiche.
Nel prossimo futuro sarà molto importante che si affermi un atteggiamento diverso, specialmente su un tema di grande spessore etico e sociale, come la tutela e la promozione della famiglia fondata sul matrimonio, respingendo senza ambiguità le ipotesi e proposte di riconoscimento giuridico pubblico delle unioni di fatto. Abbiamo già illustrato a più riprese i motivi sostanziali che richiedono un tale orientamento, esprimendoci in piena consonanza con il costante insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: proponiamo così, ben più che un atteggiamento negativo, un grande sì alla vita dell’uomo e della donna, alla loro felicità e al bene delle generazioni che formeranno l’Italia di domani.
Analoga attenzione va data al problema delle dichiarazioni anticipate di trattamento, dove il giusto rifiuto dell’accanimento terapeutico non deve essere portato fino al punto di legittimare forme più o meno mascherate di eutanasia. Il principio di autodeterminazione non può essere anteposto infatti al rispetto della vita del paziente, e nemmeno della coscienza del medico chiamato a dare applicazione alle volontà anticipate dal paziente stesso.
A fine luglio è stato definitivamente approvato dal Parlamento il provvedimento di indulto di tre anni di detenzione, che ha fatto grandemente diminuire la popolazione carceraria e si applica alla pena per i reati non esclusi da tale beneficio commessi fino al 2 maggio scorso, anche da persone che saranno giudicate in futuro. Dopo un’attesa protrattasi per molti anni si è giunti dunque a un provvedimento di vasta portata, che pone fine, almeno provvisoriamente, a una condizione di insostenibile sovraffollamento delle nostre carceri ed offre a molti detenuti una possibilità di riscatto. Per realizzarsi tale possibilità richiede però sia l’effettiva e sincera volontà delle persone ritornate libere sia un impegno solidale e non episodico per favorire il loro reinserimento sociale. Occorre inoltre mettere in atto tutte le misure utili a tutelare per quanto possibile quel bene irrinunciabile che è la sicurezza dei cittadini, prevenendo e contrastando con rigorosa determinazione le varie forme di delinquenza.
Si manifestano sempre più rilevanti le tematiche connesse all’immigrazione, per molteplici aspetti. Suscitano infatti nel popolo italiano profondo dolore e turbamento le tragedie che accompagnano i continui sbarchi di clandestini sulle nostre coste, provocando grande numero di morti, come d’altra parte i fatti di sangue e gli altri delitti che non di rado vedono degli immigrati come protagonisti. Le iniziative del Governo di regolarizzare un nuovo cospicuo numero di immigrati extracomunitari, e soprattutto di dimezzare gli anni di attesa per la concessione della cittadinanza e di seguire il principio dello ius soli per i bambini che nascono in Italia, hanno riacceso il dibattito tra le forze politiche e soprattutto richiedono nel corpo del Paese una riflessione collettiva, il più possibile lucida, moralmente e socialmente consapevole. Essa non può non ispirarsi da una parte al fondamentale principio che i diritti umani vanno riconosciuti ad ogni persona, senza eccezioni possibili, dall’altra alla necessità imprescindibile di realizzare una vera integrazione, con le regole e i processi di sviluppo che essa richiede, evitando la prospettiva, ingannevole e gravida di rischi, di un multiculturalismo che fa crescere comunità separate e chiuse in se stesse.
Un dramma poco presente all’attenzione comune è quello degli incidenti sul lavoro, che costituiscono, dopo quelli stradali, la causa più frequente di morti violente e di ferimenti in Italia, colpendo soprattutto i lavoratori meno preparati e meno protetti, con particolare incidenza su quelli extracomunitari. È chiara quindi l’esigenza di uno sforzo convergente, da parte di quanti hanno al riguardo possibilità di intervento, per ridurre il più possibile questo tristissimo fenomeno.
Vorrei terminare con un personale ricordo di una donna, Oriana Fallaci, che è stata al centro di accese controversie ma che ha dato una grande testimonianza di coraggio, di forza morale, di ingegno e di qualità letterarie, finalmente di amore per l’Italia. Il Signore la accolga nelle braccia del suo amore sovrabbondante.
Cari Confratelli, vi ringrazio di avermi ascoltato e di quanto vorrete osservare e proporre. Affidiamo queste nostre giornate all’intercessione della Vergine Maria, del suo sposo Giuseppe e della grande catena dei Santi e delle Sante che hanno le loro radici nelle nostre terre.