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Prolusione alla 53ª Assemblea Cei

Il testo integrale della prolusione del card. Camillo Ruini in apertura dei lavori della 53ª Assemblea generale dei vescovi italiani (dal 17 al 21 maggio 2004).

Venerati e cari Confratelli,questa nostra 53ª Assemblea Generale, che ha luogo sei mesi dopo quella di Assisi, si colloca in un contesto segnato da molteplici tensioni e difficoltà, e anche da eventi tragici, che ci fanno avvertire più forte il bisogno della preghiera al Signore ricco di misericordia, oltre che il grande valore della nostra reciproca comunione. Queste giornate che trascorreremo insieme, dedicando nuovamente speciale attenzione alle tematiche della parrocchia, dell’iniziazione cristiana e della comunicazione sociale, sono dunque un’occasione di grazia, per vivere concretamente i vincoli della comunione e per offrire il nostro umile servizio alla Chiesa e al popolo italiano.

1. Il nostro pensiero va ancora una volta al Santo Padre: in questa serata che precede il suo genetliaco gli porgiamo un fervido augurio, per la sua Persona e il suo Ministero, con affetto filiale e con profonda gratitudine, e gli assicuriamo di tutto cuore la nostra preghiera e quella delle nostre Chiese, in attesa di avere la gioia di incontrarlo, nella mattina di giovedì, e di accogliere la sua illuminante parola. L’entusiasmo che il Papa continua a suscitare tra i giovani, come si è visto in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, la Domenica delle Palme e già il giovedì precedente, con i giovani di Roma e del Lazio, è un segno della forza coinvolgente che scaturisce dal suo messaggio e dalla sua testimonianza di fede e di amore.

A Giovanni Paolo II siamo particolarmente grati per il suo incessante Magistero di pace, per la sollecitudine che sempre mostra per la nostra nazione – e che tanto nobilmente si è espressa nei confronti dei nostri concittadini tenuti in ostaggio in Iraq –, per l’invocazione contenuta nel Messaggio pronunciato il giorno di Pasqua in Piazza San Pietro: “la fiducia torni a dare respiro alla vita dei popoli”.

In questo ultimo anno, dopo la pubblicazione dell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia, gli insegnamenti del Papa e della Santa Sede circa la fede e la vita della Chiesa hanno riguardato soprattutto le due grandi tematiche, tra loro intrinsecamente connesse, dell’episcopato e della liturgia. Da ultimo la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pubblicato l’Istruzione Redemptionis Sacramentum, che va letta “in continuità” con la predetta Enciclica (cfr n.2) ed ha lo scopo di promuovere l’osservanza convinta e fedele delle norme relative all’Eucaristia, per esprimere e tutelare il mistero eucaristico, nel quale “è contenuto l’intero bene spirituale della Chiesa, ovvero Cristo stesso, nostra Pasqua, fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (ivi, n.2). Proprio il carattere intimamente ecclesiale dell’Eucaristia richiede infatti di essere tradotto in pratica anche attraverso l’osservanza concreta delle norme che la riguardano. Come Vescovi accogliamo dunque volentieri l’invito ad esercitare quei compiti di promozione e di vigilanza che appartengono costitutivamente al nostro ministero di primi dispensatori dei misteri di Dio.

2. Cari Confratelli, inviamo il saluto più cordiale e deferente al Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che presiederà mercoledì mattina la nostra Concelebrazione nella Basilica di San Pietro. Salutiamo con affetto il Nunzio Apostolico in Italia, Mons. Paolo Romeo, presente come sempre alla nostra Assemblea, e lo ringraziamo di cuore per le parole che vorrà rivolgerci.

3. Un fraterno saluto e un grazie sincero per la loro presenza va ai Vescovi rappresentanti di numerosi Conferenze Episcopali d’Europa.Essi sono:– Mons. Maximilian Aichern, Vescovo di Linz, Austria;– Mons. António Baltasar Marcelino, Vescovo di Aveiro, Portogallo;– Mons. Giuseppe Germano Bernardini, Arcivescovo di Smirne, Turchia;– Mons. Vladimír Filo, Vescovo Ausiliare di Rožňava, Slovacchia;– Mons. Pier Giacomo Grampa, Vescovo di Lugano, Svizzera;– Mons. Stanislav Hočevar, Arcivescovo di Belgrado e Presidente della Conferenza Episcopale di Serbia e Montenegro;– Mons. Petko Hristov, Vescovo di Nikopole, Bulgaria;– Mons. Tadeusz Kondrusiewicz, Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Russia;– Mons. Jonas Ivanauskas, Vescovo Ausiliare di Kaunas, Lituania;– Mons. Hlib Lonchyna, Vescovo Ausiliare di Leopoli degli Ucraini, Ucraina;– Mons. Leon Mały, Vescovo Ausiliare di Leopoli dei Latini, Ucraina;– Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, Libia;– Mons. Angelo Massafra, Arcivescovo di Scutari, Albania;– Mons. Ivan Milovan, Vescovo di Poreč-Pula, Croazia;– Mons. Metod Pirih, Vescovo di Koper, Slovenia;– il Cardinale Vinko Pulijc, Arcivescovo di Sarajevo, Bosnia e Erzegovina;– Mons. Jaroslav Škarvada, già Vescovo Ausiliare di Praga, Repubblica Ceca;– Mons. Giovanni Spitéris, Arcivescovo di Corfù, Grecia;– Mons. András Veres, Vescovo Ausiliare di Eger, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Ungherese.Un saluto molto cordiale anche a Mons. Aldo Giordano, Segretario del Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d’Europa. Nel corso dei nostri lavori ascolteremo una comunicazione di Mons. Giuseppe Merisi, nostro Delegato presso la COM.E.C.E., sull’impegno delle Chiese in ordine all’ingresso di nuovi Paesi nell’Unione Europea e all’approvazione del Trattato costituzionale. In effetti la data del 1° maggio 2004, nella quale dieci nuove nazioni, in grandissima parte collocate, in un passato ancora recente, al di là della “cortina di ferro”, sono entrate a far parte a pieno titolo dell’Unione Europea, può a buon diritto considerarsi storica e non per nulla il Santo Padre, nel Regina Caeli del 2 maggio, ha ricordato che questo allargamento è avvenuto “grazie alle trasformazioni iniziate in Polonia”, non senza – occorre aggiungere – il suo personale, determinante impulso.Ora, mentre sembrano profilarsi migliori possibilità di una sollecita ratifica del Trattato costituzionale, e quando sono ormai molto prossime le elezioni europee, il nostro sguardo deve rivolgersi a quegli obiettivi che possono contribuire all’autentico bene dell’Europa unita e delle nazioni che la compongono, e che pertanto meritano di essere promossi anche tramite il libero voto dei cittadini europei.

In rapporto alla scadenza elettorale i Vescovi della COM.E.C.E. hanno pubblicato pochi giorni fa una puntuale e assai utile Dichiarazione, dal titolo “Un’opportunità per rendere concreti i nostri valori”. In un contesto diverso il Papa, nel discorso del 24 marzo con cui ha ringraziato per il conferimento del premio internazionale “Carlo Magno”, ha proposto una sintesi quanto mai suggestiva ed efficace delle finalità che l’Europa unita deve perseguire, che vorrei qui sostanzialmente riproporre.

In primo luogo va sinceramente perseguita l’effettiva unità dell’Europa, politica ed economica ma anche culturale e spirituale, “senza nazionalismi egoistici”, ma considerando invece le nazioni “come centri vivi di una ricchezza culturale che merita di essere protetta e promossa a vantaggio di tutti”. Non è il caso dunque di premere per un forzato livellamento delle culture e delle tradizioni, dei valori morali e dei comportamenti sociali dei diversi popoli, ma piuttosto di rispettarli ed accoglierli, favorendo un libero “scambio di doni” nel quale le caratteristiche migliori e più feconde delle singole nazioni possano progressivamente diffondersi.

Questa Europa unita deve avere fiducia in se stessa e riprendere il cammino di un autentico sviluppo, orientato al servizio di ogni uomo in necessità e all’aiuto solidale dei Paesi più poveri, diventando così “un fattore attivo della pace nel mondo”.

L’unità dell’Europa che si va edificando non può fondarsi che “nella vera libertà”, in particolare “la libertà di religione e le libertà sociali … maturate … sull’humus del Cristianesimo”: solo nella libertà infatti cresce la responsabilità e può affermarsi e consolidarsi un autentico stato di diritto.

Per questa Europa è essenziale l’impegno dei giovani, la loro apertura “al vero, al bello, al nobile e a ciò che è degno di sacrificio”: ma proprio per questo l’Europa ha bisogno di tutelare e valorizzare la famiglia “come un’istituzione aperta alla vita e all’amore disinteressato” e capace di mediare attivamente i valori e il senso dell’esistenza.

In questa Europa “i politici cristiani di tutti i Paesi agiscano nella coscienza della ricchezza umana che la fede porta con sé: uomini e donne impegnati a far diventare fecondi tali valori, ponendosi al servizio di tutti per un’Europa dell’uomo, sul quale splende il volto di Dio”.

4. Ricordiamo ora, con affetto e gratitudine, i nostri fratelli Vescovi deceduti in questo ultimo anno, chiedendo al Padre misericordioso di accogliere questi suoi fedeli servitori nella beatitudine eterna e raccomandando alla loro intercessione noi stessi e il popolo che fu loro affidato.Ecco i loro nomi:– Mons. Benito Stanislao Andreotti, Vescovo titolare di Vasari, già Abate Ordinario di Subiaco;– Mons. Giovanni Bianchi, Vescovo emerito di Pescia;– Mons. Luigi Bongianino, Vescovo emerito di Tortona;– Mons. Vittorio Maria Costantini, Vescovo emerito di Sessa Aurunca;– Mons. Salvatore Isgrò, Arcivescovo di Sassari;– Mons. Giovanni Locatelli, Vescovo emerito di Vigevano;– Mons. Mariano Magrassi, Arcivescovo emerito di Bari-Bitonto;– Mons. Artemio Prati, Vescovo emerito di Carpi;– Mons. Vincenzo Savio, Vescovo di Belluno-Feltre;– Mons. Adelmo Tacconi, Vescovo emerito di Grosseto;– Mons. Dino Trabalzini, Arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano;– il Cardinale Corrado Ursi, Arcivescovo emerito di Napoli;– Mons. Mario Zanchin, Vescovo emerito di Fidenza. Rivolgiamo uno speciale pensiero ai confratelli che hanno lasciato nel corso dell’anno la guida delle loro Diocesi.Essi sono:– Mons. Ottorino Pietro Alberti, Arcivescovo di Cagliari;– Mons. Giacomo Barabino, Vescovo di Ventimiglia-San Remo;– il Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna;– Mons. Franco Festorazzi, Arcivescovo di Ancona-Osimo;– Mons. Lino Esterino Garavaglia, Vescovo di Cesena-Sarsina;– Mons. Pietro Garlato, Vescovo di Tivoli;– Mons. Alfredo Maria Garsia, Vescovo di Caltanissetta;– Mons. Decio Lucio Grandoni, Vescovo di Orvieto-Todi;– Mons. Alfredo Magarotto, Vescovo di Vittorio Veneto;– Mons. Paolo Magnani, Vescovo di Treviso;– Mons. Pietro Giacomo Nonis, Vescovo di Vicenza;– Mons. Antonino Orrù, Vescovo di Ales-Terralba;– Mons. Edoardo Ricci, Vescovo di San Miniato;– Mons. Vincenzo Rimedio, Vescovo di Lamezia Terme;– Mons. Riccardo Ruotolo, Vescovo Ausiliare di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo;– Mons. Domenico Sorrentino, Arcivescovo-Prelato di Pompei, nominato Segretario della Congre-gazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti;– Mons. Giovanni Volta, Vescovo di Pavia.Ricordiamo con grande affetto anche tutti gli altri Vescovi emeriti, alcuni dei quali sono entrati a far parte delle Commissioni Episcopali della nostra Conferenza, e salutiamo in particolare coloro che sono presenti a questa Assemblea.Accogliamo con gioia i nuovi Vescovi entrati quest’anno nella nostra Conferenza. Chiediamo al Signore di benedire e rendere fecondo il loro ministero e confidiamo nelle loro fresche energie per dare nuovo slancio al nostro comune servizio. Li salutiamo uno ad uno:– Mons. Giovanni Paolo Benotto, Vescovo di Tivoli;– Mons. Luigi Antonio Cantafora, Vescovo di Lamezia Terme;– Mons. Piero Coccia, Arcivescovo di Pesaro;– Mons. Giovanni Dettori, Vescovo di Ales-Terralba;– Mons. Antonio Lanfranchi, Vescovo di Cesena-Sarsina;– Mons. Carlo Liberati, Vescovo-Prelato di Pompei;– Mons. Ernesto Mandara, Vescovo Ausiliare eletto di Roma;– Mons. Claudio Maniago, Vescovo Ausiliare di Firenze;– Mons. Vincenzo Orofino, Vescovo di Tricarico;– Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, Vescovo Ausiliare eletto di Milano;– Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanisetta;– Mons. Giovanni Scanavino, Vescovo di Orvieto-Todi;– Mons. Luigi Stucchi, Vescovo Ausiliare eletto di Milano;– Mons. Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo di Foggia-Bovino;– Mons. Fausto Tardelli, Vescovo di San Miniato;– Mons. Giuseppe Zenti, Vescovo di Vittorio Veneto.Ci felicitiamo infine con Mons. Bernardo D’Onorio, Abate Ordinario di Montecassino, che è stato appena consacrato Vescovo.

5. L’8 giugno 2003, Domenica di Pentecoste, il Consiglio Episcopale Permanente ha pubblicato una terza Nota pastorale sull’iniziazione cristiana, contenente “Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’iniziazione cristiana in età adulta”.

Nei giorni 9 e 10 febbraio si è tenuto a Roma un Seminario di aggiornamento giuridico-amministrativo rivolto ai Vescovi ordinati negli ultimi cinque anni e ad altri Confratelli interessati a queste tematiche: la partecipazione è stata assai notevole, con un forte apprezzamento per il metodo di lavoro e per i contenuti proposti.

Tra le molte iniziative della nostra Conferenza va inoltre particolarmente segnalato lo svolgimento di altri tre Seminari preparatori alla XLIV Settimana Sociale dei cattolici italiani, dopo quello del marzo 2003, dedicati rispettivamente a “Speranze e timori della scienza e della tecnologia”, “Come stanno cambiando l’economia e la finanza?” e “Democrazia e governance internazionale”. Sulla Settimana Sociale, che avrà luogo a Bologna dal 7 al 10 ottobre prossimo, ascolteremo una comunicazione di Mons. Lorenzo Chiarinelli.

In febbraio ha avuto luogo a Roma il Convegno nazionale “Le sfide dell’educazione. Recuperi, promesse e impegni”, volto a elaborare una risposta pedagogica, ispirata all’antropologia cristiana, alle diverse problematiche oggi emergenti in questo ambito, tanto delicato e importante.Vorrei infine ricordare il terzo Incontro nazionale dei responsabili diocesani del Progetto culturale, svoltosi a Roma dall’11 al 13 marzo, con un titolo significativo e calzante: “Nel cantiere del progetto culturale”: anche qui la partecipazione è stata vasta e convinta.

6. Cari Confratelli, questa nostra Assemblea, come quella immediatamente precedente di Assisi, avrà come proprio tema centrale la parrocchia, nel suo attuale divenire ma anche nella sua perdurante importanza essenziale nella vita e nella pastorale della Chiesa: in concreto nel suo sforzo di rinnovamento missionario. Sulla parrocchia abbiamo ampiamente riflettuto anche nelle recenti riunioni del Consiglio Permanente e in molte altre sedi qualificate, con l’apporto di parroci, di teologi e pastoralisti, di altre esperienze e competenze. Il frutto di questo impegno comune è, per quanto possibile, riassunto e condensato nella bozza di Nota pastorale che viene ora proposta al nostro esame, per essere discussa, approfondita, migliorata e possibilmente approvata. Essa porta il titolo significativo: “Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia”. In attesa della presentazione che ne farà Mons. Cataldo Naro, vorrei soltanto sottolineare che essa intende offrire alcune indicazioni pastorali tra loro coordinate, che possano essere largamente condivise dalle nostre Chiese particolari, pur nella grande diversità di contesti, situazioni e dimensioni che caratterizzano le parrocchie italiane.

La Nota pastorale riprende anche la tematica dell’iniziazione cristiana, che è stata oggetto della nostra Assemblea dello scorso maggio e sulla quale Mons. Adriano Caprioli ci proporrà una comunicazione, riguardante nuove esperienze di iniziazione cristiana in Italia: così tutta la nostra comune riflessione di questo ultimo anno potrà trovare uno sbocco concreto, anche se evidentemente non definitivo, che la renda più facilmente accessibile ed utilizzabile nelle nostre parrocchie e comunità, sempre sotto la guida e la responsabilità propria di ciascun Vescovo nella sua Diocesi.

Il più ampio contesto ecclesiale, nel quale viene data attualmente speciale attenzione all’Eucaristia e all’Episcopato, oggetto tra l’altro rispettivamente del prossimo Sinodo dei Vescovi e di quello del 2001 a cui è di recente seguita l’Esortazione Apostolica Pastores gregis, ci stimola e ci aiuta a guardare in maniera unitaria a queste grandi tematiche, anche nell’esame della Nota pastorale sulla parrocchia, sempre all’interno della prospettiva tracciata dalla Lettera Apostolica Novo millennio ineunte e dai nostri Orientamenti pastorali Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia.

Come sottolinea infatti, fin dal suo inizio, l’Enciclica Ecclesia de Eucharistia, esiste un decisivo legame tra Chiesa ed Eucaristia, dato che “fondamento” e “scaturigine” della Chiesa “è l’intero Triduum paschale, ma questo è come raccolto, anticipato e ‘concentrato’ per sempre nel dono eucaristico” (n.5). All’interno di questo fondamentale legame si colloca il vincolo che unisce, in maniera specifica e non surrogabile, l’Eucaristia e il sacerdozio ministeriale, mentre proprio nella medesima chiave eucaristica si può comprendere nel modo più pertinente e profondo quell’altro essenziale legame che tiene insieme, intorno al Vescovo di Roma, l’intero corpo episcopale e che ulteriormente si propaga ad unire, in ciascuna Chiesa particolare, il Vescovo con il suo presbiterio.

Tutti questi vincoli hanno natura sacramentale, e pertanto sommamente reale, perché comunicazione del mistero stesso di Dio, fonte perenne dell’autentica realtà. Come tali, essi devono attuarsi e tradursi nella vita quotidiana della Chiesa e nell’esistenza personale di ciascun battezzato, in particolare di ciascun Vescovo e prete. In concreto, ciò significa la centralità dell’Eucaristia proprio in una Chiesa che intende essere missionaria, in una parrocchia dal volto missionario, come anche nell’attuazione di quella che abbiamo chiamata “pastorale integrata”: nell’Eucaristia risiede infatti il fondamento perenne e la realizzazione più alta della comunione ecclesiale. Questa medesima centralità deve trovare quotidiana espressione nella nostra vita di sacerdoti, facendo realmente nostra la parola del Papa: “la Santa Messa è in modo assoluto il centro della mia vita e di ogni mia giornata” (Discorso al Simposio della Congregazione per il Clero, 27 ottobre 1995). L’ormai prossimo Congresso Eucaristico Nazionale, in merito al quale ci riferirà Mons. Francesco Cacucci, ci aiuterà certamente a mettere in pratica queste grandi scelte di vita e di comportamento pastorale.

Analogamente, il vincolo sacramentale che ci unisce come Vescovi, e che trova espressione anche nelle nostre Conferenze Episcopali, sia nazionale sia regionali, richiede anzitutto che esistano e operino concretamente tra noi una fraternità autentica e una solidarietà profonda, tali da trasformare in effettiva e condivisa ricchezza anche le diversità di esperienze, di temperamenti, di sensibilità teologiche, pastorali e sociali. Questo stesso vincolo, in rapporto ai nostri sacerdoti, deve assumere il volto della paternità e al contempo della fraternità e dell’amicizia, come si esprime il Direttorio per il Ministero pastorale dei Vescovi, nn. 76-77. Ciascuno di noi è chiamato a investire il meglio di sé nella costruzione quotidiana di un tale rapporto, che rappresenta per ogni Vescovo un bisogno imprescindibile e la risorsa più preziosa: ai nostri sacerdoti chiediamo, cordialmente e umilmente, di avere fiducia in questo nostro intendimento e di corrispondervi con larghezza d’animo, al di là delle nostre manchevolezze umane.

Così, attraverso la comunione, fondata nell’Eucaristia e pienamente vissuta, di noi Vescovi intorno al Papa e tra noi e i nostri sacerdoti, si innerva e si consolida giorno per giorno l’unità concreta di tutto il corpo della Chiesa, premessa di una efficace testimonianza missionaria, secondo la parola di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Con questo spirito rivolgeremo la nostra attenzione alle comunità parrocchiali, chiedendo al Signore di fare di esse autentiche case e scuole di preghiera e di comunione (cfr Novo millennio ineunte, 33 e 43) e così centri di irradiazione missionaria.

Con lo stesso atteggiamento di fondo esamineremo l’altro, importante documento che è proposto alla nostra considerazione e possibilmente approvazione, cioè il Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, dal titolo “Comunicazione e Missione”, che sarà presentato da Mons. Francesco Cacucci. Questo testo, assai articolato e puntuale come si addice a un Direttorio, si colloca chiaramente all’interno dell’impegno missionario della Chiesa in Italia, e in particolare di quell’opera di evangelizzazione della cultura e inculturazione della fedeche va sotto il nome di “Progetto culturale”. Confidiamo che esso contribuisca a far prendere all’intera comunità cristiana una più precisa coscienza non solo del peso che hanno oggi, nel bene e nel male, le comunicazioni sociali, ma anche degli spazi che vi esistono per una presenza umanizzante ed evangelizzatrice e del dovere morale di non lasciarli scoperti, sostenendo gli sforzi già in atto e rendendo più convinto, partecipato e capillare il nostro impegno.

Mi sia consentito, in questo contesto, di esprimere viva soddisfazione per il cammino di rinnovamento dell’Azione Cattolica Italiana: l’aggiornamento dello Statuto e il nuovo Progetto formativo stanno favorendo il rilancio di questa Associazione, che può notevolmente contribuire alla conversione missionaria delle nostre parrocchie, attraverso l’apporto di laici ben formati e pienamente inseriti sia nella Chiesa sia nella società civile. Il pellegrinaggio che l’Azione Cattolica compirà a Loreto all’inizio di settembre, con la presenza del Santo Padre, al quale tutti noi Vescovi siamo cordialmente invitati, sarà uno speciale momento di grazia in questo cammino.

7. Cari Confratelli, in questi ultimi mesi la situazione è gravemente peggiorata nei punti più caldi dello scacchiere internazionale, con conseguenze pesanti anche per il nostro Paese, come la cattura di quattro ostaggi in Iraq, uno dei quali barbaramente trucidato, l’uccisione, proprio questa notte, di uno dei nostri militari a Nassiriya – che si aggiunge ai 19 già caduti – e il ferimento di numerosi altri. Sottoposti a duri e persistenti attacchi, essi stanno reagendo con grande responsabilità e senso della misura: a loro è vicino il nostro popolo ed è vicina la nostra preghiera.

Proprio in Iraq divampano infatti, a partire dalla prima settimana di aprile, con nuova intensità ed estensione, forme di rivolta organizzata, che rappresentano una battuta di arresto nel cammino verso la pacificazione e la restituzione della sovranità agli iracheni, la cui portata e le cui conseguenze sono difficili da valutare. La recente rivelazione delle orribili torture e umiliazioni a cui sono stati sottoposti molti prigionieri iracheni ha scosso drammaticamente le coscienze ed ha reso ancora più profondo il fossato degli odii e delle incomprensioni: raccapricciante è stata poi la pretesa “ritorsione” della decapitazione davanti alla televisione di un civile americano tenuto prigioniero.

Si impone dunque un cambiamento netto ed evidente, affinché la situazione non sfugga completamente di mano e possa progressivamente costruirsi una soluzione che consenta la ripresa e l’indipendenza dell’Iraq, evitando di farne un focolaio di crisi e di destabilizzazione dell’area circostante. È pertanto fortemente auspicabile che trovi adeguato sostegno – anche da parte italiana, con scelte coerenti di vicinanza e assistenza a quel popolo – e possa avere successo l’opera recentemente intrapresa dall’inviato speciale dell’ONU Lakhdar Brahimi.

Non meno grave è in realtà la situazione in Terra Santa, dove gli attentati terroristici – portati fino allo sfregio dei cadaveri – e le repliche sanguinose, in particolare gli “omicidi mirati”, rendono sempre più dure e profonde l’incomunicabilità e la contrapposizione, che trovano il loro triste simbolo nel muro attualmente in costruzione. Anche qui nessuna decisione o gesto di forza unilaterale potrà permettere di uscire dalla crisi. È giocoforza, invece, riprendere la strada del negoziato, per quanto difficile essa possa apparire: sono grandi, a questo riguardo, le responsabilità sia delle due parti in causa sia delle maggiori potenze e delle istituzioni internazionali, dato anche il peso che l’interminabile conflitto in Terra Santa ha avuto e continua ad avere nella radicalizzazione del quadro internazionale.

Una nota di speranza viene dai pellegrinaggi in quei luoghi, indissolubilmente legati alla fede e alla memoria cristiana. Dopo la coraggiosa iniziativa che abbiamo assunto ormai da oltre un anno come Vescovi italiani, il flusso dei pellegrini, assai spesso guidato dai loro Vescovi, si è via via intensificato e rappresenta oggi sia un grande conforto e sostegno per le comunità cristiane di Terra Santa sia un messaggio di pace e di fraternità che trova accoglienza positiva e cordiale tanto in Israele che tra i palestinesi. L’esperienza che ho fatto il mese scorso, con un pellegrinaggio culminato in una maratona di pace, mi ha confermato inoltre che la realtà è assai diversa da certe generalizzazioni e che i pellegrini non corrono pericoli concreti. Ci sono dunque tutti i motivi per insistere in questa testimonianza di fede e di solidarietà umana e cristiana.

Un aspetto saliente della situazione che stiamo vivendo è, purtroppo, che la violenza terroristica non conosce confini: è ben vivo in tutti noi il ricordo dell’orrenda strage dell’11 marzo a Madrid, che può essere in qualche modo paragonata a un nuovo 11 settembre, abbattutosi questa volta sull’Unione Europea. Il 9 maggio un attentato ha eliminato il vertice istituzionale della Cecenia, mentre in aprile il terrorismo di matrice islamica ha colpito pesantemente a Riad in Arabia Saudita ed anche – ciò che a prima vista potrebbe stupire – a Damasco in Siria. Un attentato di enormi proporzioni è stato invece sventato in Giordania.Proprio l’estendersi della minaccia e il moltiplicarsi delle difficoltà e delle contraddizioni – comprese quelle che riguardano i protagonisti della lotta al terrorismo – richiedono un di più di energie, anzitutto morali, per fronteggiare certamente il terrorismo con coraggiosa determinazione, ma anche per riconoscere, con uguale coraggio, gli errori che ciascuno può avere commesso e per ritrovare così, da una parte, una reale solidarietà sia tra l’Europa e gli Stati Uniti sia all’interno dell’Unione Europea e di ciascun Paese, e dall’altra parte la via per rafforzare, nel mondo arabo e più ampiamente islamico, non il terrorismo e il fanatismo che perverte la religione, ma coloro che hanno a cuore l’autentico bene dei loro popoli e comprendono l’importanza e la necessità del rispetto reciproco e dello spirito di collaborazione: anche a loro la situazione attuale richiede con urgenza un supplemento di impegno, chiaro e coraggioso.

Soltanto così sarà possibile ristabilire condizioni di pace, che anche nel Medio Oriente, e più in generale nei rapporti con l’Islam, non è un’utopia, ma una possibilità concreta, per realizzare la quale l’esperienza attuale conferma quanto siano sapienti, lungimiranti e profondamente realistici gli insegnamenti, gli ammonimenti e le suppliche del Santo Padre, eco fedele del Vangelo e del costante Magistero della Chiesa.

Una considerazione del panorama internazionale che voglia essere davvero sollecita del bene e dei diritti di ogni persona e di ogni popolo non può limitarsi tuttavia a quelle situazioni che oggi ci toccano più direttamente e duramente. In concreto, non possiamo distogliere lo sguardo dai milioni e milioni di uomini, di donne e in particolare di bambini che muoiono o patiscono spaventose sofferenze per la fame, la sete, la mancanza di cure mediche, ma anche per i genocidi e le cosiddette “guerre dimenticate”, soprattutto ma non soltanto nel continente africano.

Ricordo in particolare ciò che sta avvenendo in Sudan, specialmente nella regione del Darfur dove, nonostante le trattative da tempo avviate, centinaia di migliaia di cristiani e di animisti continuano ad essere vittime dei miliziani arabi o costrette con ogni sorta di violenza a lasciare le loro terre e i loro miseri mezzi di sussistenza, senza che ciò desti grande interesse né dei Governi né della pubblica opinione. In Nigeria, dopo che i suoi Stati settentrionali hanno adottato la Sharia come unica legislazione, è diventata più difficile – spesso per motivi etnici e politici più che religiosi – la convivenza tra cristiani e musulmani, con scontri e vittime da entrambe le parti e con migliaia di cristiani costretti ad abbandonare le loro terre. La catastrofe ferroviaria accaduta nella Corea del Nord in aprile ha momentaneamente richiamato l’attenzione su quello sventurato Paese, dove la follia di un regime ha provocato da anni una spaventosa tragedia della fame.

Cari Confratelli, tutto ciò non deve indurci ad atteggiamenti di rassegnazione. Al contrario, rende più forte e fiducioso il nostro appello alla misericordia di Dio e più intensa la nostra preghiera, in conformità al reiterato invito del Santo Padre. Ci sprona anche a farci umili strumenti del Signore per essere di concreto aiuto a coloro che soffrono, per denunciare con chiarezza le varie e molteplici responsabilità di situazioni disumane, per promuovere tenacemente una cultura di pace e l’educazione alla pace.

8. La condizione interna del nostro Paese deve a sua volta fare i conti con non pochi problemi e difficoltà, anche se non paragonabili a quelli che affliggono vaste aree del mondo. Continua purtroppo e sembra anzi crescere ancora, probabilmente in rapporto alla prossima scadenza elettorale, un’accesa conflittualità fra maggioranza e opposizione, che si estende sempre più anche al delicatissimo settore del ruolo internazionale dell’Italia. La polemica investe spesso – sebbene in forme diverse – anche i rapporti tra le forze che compongono ciascuno dei due schieramenti. Più in generale, i contrasti e le tensioni condizionano buona parte della vita sociale e dei rapporti istituzionali. Tutto ciò non facilita sicuramente l’assunzione di decisioni capaci di raccogliere un adeguato consenso sociale.

Ha ottenuto una prima approvazione, al Senato, il disegno di riforma della seconda parte della Carta costituzionale, in un clima però altamente conflittuale e con perplessità variamente motivate circa la coerenza interna e l’applicabilità pratica delle norme approvate. La riforma dell’ordinamento giudiziario attualmente all’esame della Camera dei Deputati è duramente contestata dai Magistrati, che – dopo una precedente sospensione – hanno indetto tre giorni di sciopero, il primo dei quali stabilito per il 25 maggio: decisione questa che, a sua volta, suscita non trascurabili perplessità.

È stata definitivamente approvata la legge sul riassetto del sistema radiotelevisivo, che in una precedente versione era stata rinviata alla Camera dal Capo dello Stato. Al di là delle forti polemiche che continuano ad agitare questo tanto delicato settore, da ultimo con le dimissioni della Presidente della RAI, è bene ricordare che la RAI stessa ha da poco celebrato il 50° anniversario dell’inizio delle trasmissioni televisive in Italia. È grande, senza dubbio, l’incidenza che queste trasmissioni hanno avuto sulle trasformazioni della cultura, della mentalità e dei comportamenti intervenute nel nostro Paese, rendendolo assai più omogeneo e più informato, ma anche contribuendo ad erodere valori portanti e non sostituibili. Questo anniversario è dunque per tutti un monito a guardare ai compiti essenziali della RAI e anche, pur con evidenti diversità, dell’emittenza privata, cercando di rilanciare nel contesto di oggi quelle funzioni autenticamente culturali che la comunicazione radiotelevisiva è in grado di avere e che non possono essere disgiunte da una precisa ed effettiva sensibilità ai grandi valori morali e civili.La situazione economica rimane incerta – pur con leggeri segni di ripresa – in vari Paesi d’Europa tra cui l’Italia, a differenza del forte sviluppo che caratterizza le altre principali aree economiche del mondo, pur tra non poche contraddizioni e squilibri. Importanti settori della produzione e dei servizi hanno conosciuto in questi mesi grandi difficoltà: alcune situazioni di crisi, tra cui spicca quella della Parmalat, hanno messo in luce una inaspettata vulnerabilità del nostro sistema imprenditoriale e finanziario, con evidenti connessioni internazionali e con gravi implicazioni di ordine morale. Va aggiunto però che sembra sostanzialmente riuscita – almeno per quanto riguarda il nostro Paese – la non facile impresa di salvare questa importante industria alimentare, con i relativi posti di lavoro. Un’altra situazione molto preoccupante è quella dell’Alitalia, per la quale le ultime vicende lasciano sperare si sia imboccato un percorso di risanamento e rilancio, che è però sostanzialmente ancora tutto da percorrere. Un’area di crisi di cui invece poco si parla è quella del polo petrolchimico in Sicilia, nonostante le sue gravi conseguenze occupazionali, in una regione già tanto in difficoltà sotto questo profilo.Deve far riflettere la frequenza e la durezza degli scioperi nei servizi pubblici, in particolare nei trasporti, al di fuori delle norme stabilite e con pesanti disagi per gli utenti. Sebbene abbia trovato una positiva conclusione, anche la vertenza allo stabilimento della FIAT di Melfi è un campanello d’allarme nella medesima direzione.All’origine di questi e simili fenomeni vi sono probabilmente sia le preoccupazioni concrete e quotidiane di tante famiglie per gli aumenti verificatisi nel costo della vita sia una scarsa capacità di prevenire e mediare i contrasti, da ricondursi almeno in parte a quella più generale conflittualità che predomina nella dialettica politica e sociale.

È comunque sempre più avvertita la necessità di un rilancio del nostro cosiddetto “sistema-Paese”, puntando in particolare sulla ricerca e sull’innovazione per fermare e possibilmente invertire la tendenza al declino, preoccupante in molti comparti industriali, e per consentire un più solido e consistente aumento dell’occupazione, in particolare giovanile e femminile, soprattutto nelle regioni meridionali e insulari.

Alcune importanti riforme che si ricollegano in qualche modo a queste problematiche sono attualmente in discussione, senza che si riesca però a trovare significativi punti di intesa, sia tra Governo e opposizione sia con le forze sociali. Una di esse, la riforma delle pensioni, ha comunque ottenuto pochi giorni fa l’approvazione del Senato. Incontra maggiori difficoltà, anche all’interno delle forze di governo, la riforma che riguarda l’imposizione fiscale.Altre riforme, di importanza non minore, sono invece già in corso di attuazione: in particolare la cosiddetta “legge Biagi” sulla normativa del lavoro e la riforma della scuola, sulla quale riferirà Mons. Cesare Nosiglia in un’apposita comunicazione. In entrambi i casi l’ispirazione di fondo che guida i provvedimenti è da ritenersi positiva, al di là del dibattito sulle singole determinazioni e attuazioni, e nonostante le opposizioni che specialmente la riforma della scuola continua a suscitare. Questa riforma – a torto accusata di danneggiare la scuola statale per fare gli interessi di quella non statale – rimarrebbe però intrinsecamente incompleta se non desse luogo anche a una più concreta e complessiva promozione della parità nell’intero sistema scolastico italiano.

La lotta al terrorismo politico, di matrice sia interna sia internazionale, e alla criminalità di stampo mafioso ha conseguito importanti successi in questi mesi, tra i quali vorrei almeno menzionare l’arresto, il 13 aprile, di ben 29 sospettati di appartenere alla malavita pugliese. Rimangono forti tuttavia il senso di insicurezza, e più profondamente la costernazione e lo sdegno morale, provocati dai delitti, a volte particolarmente efferati, sui quali indugia – con insistenza che appare francamente eccessiva – la cronaca quotidiana. Il meritorio impegno delle forze dell’ordine per garantire la sicurezza dei cittadini deve dunque essere accompagnato non da una pericolosa estensione dei limiti della legittima difesa, ma da un’opera seria e coerente di educazione delle coscienze, che rimetta pienamente in luce e in vigore, anche a livello pubblico e sociale, la distinzione tra il bene e il male, senza indulgere a troppo facili e pretestuose giustificazioni.

9. Cari Confratelli, vorrei ancora una volta sottolineare la nostra comune sollecitudine e preoccupazione per quello che è, senza dubbio, il più grande problema che condiziona il futuro della nostra amata nazione. Come abbiamo scritto infatti nel Messaggio di quest’anno per la Giornata della vita, “Senza figli non c’è futuro”. Vediamo con gioia che questa verità, di per sé evidente, sta facendosi strada nella coscienza collettiva, attraverso prese di posizione autorevoli, a cominciare da quelle del Presidente della Repubblica, ed espliciti e ormai generalizzati riconoscimenti sugli organi di informazione.

Affinché questa presa di coscienza si traduca in comportamenti effettivi, devono intervenire cambiamenti profondi, a un duplice livello. Un primo dato di cui occorre convincersi, superando un’opinione oggi purtroppo assai diffusa, è che i figli non sono soltanto una scelta che riguarda i loro genitori, ma un bene e una necessità essenziale per l’intero corpo sociale. Perciò non è soltanto legittima ma urgente e doverosa, come ha detto il Papa in occasione della Giornata per la vita, “una più organica politica a favore della famiglia”, fatta di una intera gamma di misure concrete. Tra queste una ripartizione del carico fiscale che tenga adeguatamente conto del numero dei componenti della famiglia in rapporto ai redditi complessivi della famiglia stessa; una politica della casa che renda accessibili per le giovani coppie, a costi meno proibitivi, abitazioni tali da poter accogliere i figli; un incremento sostanziale dei nidi d’infanzia e delle scuole materne, collocate anche presso i luoghi di lavoro e i grandi condomini, valorizzando e facilitando tra l’altro l’iniziativa e la solidarietà interfamiliari; un forte impegno per ridurre la disoccupazione giovanile e un approccio al lavoro femminile – nella legislazione, ma anche nella mentalità dei datori di lavoro – capace di coniugare sul serio la necessità di tale lavoro, per la realizzazione della donna e per lo sviluppo della società, con la vocazione essenziale della donna alla maternità.

In questi ultimi anni si sono avuti certamente provvedimenti significativi che indicano una rinnovata attenzione a queste problematiche, dopo decenni di dimenticanza poco responsabile, ma si tratta soltanto di modesti inizi. Ora si tratta di ricuperare il tempo perduto, avendo coscienza che la nostra crisi demografica non è un passeggero segnale di allarme o una preoccupazione peculiare della morale cattolica, ma, come tutti i fenomeni di questo genere, una realtà di lungo periodo, destinata – per semplici fattori numerici – ad accelerare e a precipitare, se non si interviene al più presto e con grande energia. Tra tutte le questioni che il nostro Paese deve affrontare, questa è senza dubbio quella che maggiormente esige un impegno concorde e prolungato nel tempo, al di là degli interessi contingenti e di ogni divisione politica.ù

Con uguale chiarezza va detto però che in questo campo la politica e l’economia da sole non sono determinanti. Quando si tratta in concreto di mettere al mondo dei figli, gli aspetti personali e intimi e i fattori culturali hanno un peso quanto mai grande. I coniugi stessi devono pertanto rendersi conto che generare dei figli non è per loro soltanto un diritto, ma anche un dovere di solidarietà sociale, e soprattutto una gioia che dà senso alla vita. Occorre dunque un cambiamento profondo della cultura e della mentalità dominante, troppo avvezza a collocare i diritti individuali sempre al di sopra delle esigenze della famiglia e della collettività.

La scelta di avere dei figli tende inoltre, per sua natura, a porsi in un orizzonte di stabilità, il solo adeguato a far fronte alle esigenze della loro educazione e della loro crescita. Il riappropriarsi del significato e del valore della genitorialità, in concreto dell’essere madri e padri, può dunque avvenire solo insieme a un più profondo e coerente riconoscimento dell’importanza e delle centralità della famiglia, ciò che di nuovo richiede un non piccolo ri-orientamento della cultura oggi diffusa.

I figli certamente richiedono e assorbono molto tempo, molte risorse e molte energie. Di questo oggi tutti sono assai consapevoli e tendono a comportarsi di conseguenza. Ma è altrettanto vero che i figli sono suscitatori e “moltiplicatori” di energie: sollecitano il nostro coraggio e la nostra generosità, rendono i loro genitori veramente adulti e capaci di affrontare la vita. Perciò operare per il rilancio demografico dell’Italia significa anche far crescere quegli atteggiamenti di fiducia, di voglia di futuro, di responsabilità e di capacità di iniziativa che sono forse, oggi, il più fondamentale bisogno del nostro popolo.

La Chiesa italiana è consapevole di dover investire le sue migliori risorse nel sostegno della famiglia e nella formazione delle nuove generazioni, per aiutarle a dar vita, a loro volta, a famiglie sane ed autentiche. Osiamo chiedere, sommessamente, che coloro che condividono con noi la capacità e la responsabilità di proporre stili di vita e di forgiare modi di sentire e comportamenti – in particolare gli uomini di cultura e gli operatori della comunicazione – perseguano a propria volta, nella loro indiscussa libertà, fini non dissimili, o almeno non lavorino in senso contrario.A febbraio è stata definitivamente approvata la legge sulla procreazione medicalmente assistita. Non sembrano placarsi però le reazioni e le contestazioni, come se si trattasse di una legge iniqua, che viola i fondamentali diritti e le libertà delle persone e che impone a tutti i particolari punti di vista della morale cattolica. In realtà, come abbiamo già sottolineato, non si tratta di una legge “cattolica”, dato che essa, sotto diversi e assai importanti profili, non corrisponde all’insegnamento etico della Chiesa. Il suo merito consiste piuttosto nell’aver posto fine a un vuoto normativo, che sussisteva ormai solo in Italia e le cui conseguenze inaccettabili erano pressoché da tutti riconosciute. Un esame concreto mostra inoltre che i punti della legge maggiormente contestati, come il divieto della fecondazione eterologa e la delimitazione del numero degli embrioni che possono essere prodotti e impiantati, si ritrovano nelle legislazioni di altri Paesi europei, non certo a maggioranza cattolica. Questi e altri punti contestati si riconducono in realtà alla tutela di fondamentali valori e diritti umani, meritevoli di essere riconosciuti e apprezzati al di là delle appartenenze “laiche” o confessionali. Sembrerebbe giusto, pertanto, che i mezzi di informazione diano uno spazio proporzionato anche alle voci e alle ragioni di chi ritiene che questa legge abbia una legittimità e una utile funzione. Cari Confratelli, ricordiamo come sempre con commossa gratitudine coloro che hanno pagato con la vita il loro impegno di fede e carità: tra essi il missionario comboniano Luciano Fulvi, ucciso a fine marzo in Uganda.Oggi vogliamo anche ringraziare il Signore per il dono dei sei nuovi Santi proclamati ieri dal Papa, tra i quali quattro italiani a tutti noi molto cari: Don Luigi Orione, Padre Annibale Maria Di Francia, Madre Paola Elisabetta Cerioli e Gianna Beretta Molla, eroica testimone della sacralità della vita nascente. Affidiamo i lavori di questa Assemblea alla loro intercessione, come a quella della Vergine Maria e del suo sposo Giuseppe. Vi ringrazio di avermi ascoltato e di quanto vorrete osservare e proporre.Camillo Card. RuiniPresidente