Italia

Profughi: Cei e Sant’Egidio, Protocollo di intesa con lo Stato italiano per nuovi corridoi umanitari

A siglare il «protocollo tecnico» quattro soggetti: la Conferenza episcopale italiana (che agirà attraverso la Caritas Italiana e la Fondazione Migrantes) con il segretario generale, monsignor Nunzio Galantino, e la Comunità di Sant’Egidio con il suo presidente, Marco Impagliazzo, come promotori; il sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, e il direttore delle Politiche migratorie della Farnesina, Cristina Ravaglia, per lo Stato italiano.

«Troppo spesso ci troviamo a piangere le vittime dei naufragi in mare, senza avere il coraggio poi di provare a cambiare le cose: questo Protocollo consentirà un ingresso legale e sicuro a donne, uomini e bambini che vivono da anni nei campi profughi etiopi in condizioni di grande precarietà materiale ed esistenziale», dichiara mons. Galantino, che aggiunge: «La Chiesa italiana si impegna nella realizzazione del progetto facendosene interamente carico – grazie ai fondi 8 per mille – senza quindi alcun onere per lo Stato italiano; attraverso le diocesi accompagnerà un adeguato processo di integrazione ed inclusione nella società italiana».

Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, commenta: «Questo accordo per nuovi corridoi umanitari, che siamo felici di realizzare con la Cei, risponde al desiderio di molti italiani di salvare vite umane dai viaggi della disperazione. Si tratta di un progetto che offre a chi fugge dalle guerre non solo la dovuta accoglienza ma anche un programma di integrazione. L’Europa, tentata dai muri come scorciatoia per risolvere i suoi problemi e troppe volte assente, guardi a questo modello di sinergia tra Stato e società civile replicabile anche in altri Paesi». Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), l’Etiopia oggi è il Paese che accoglie il maggior numero di rifugiati in Africa, più di 670.000 persone: un afflusso di dimensioni tanto ampie è stato determinato da una pluralità di motivi, da ultimo la guerra civile in Sud Sudan scoppiata nel dicembre 2013.

Progetti di aiuto grazie all’8xmille. «Da quando c’è l’otto per mille, la Chiesa italiana, euro più euro meno, destina almeno tra gli 80 e i 155 milioni di euro all’anno per progetti in aiuto di quelle terre da dove provengono i nostri immigrati», ha dichiarato monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, commentando la firma del protocollo d’intesa. «La Chiesa italiana alle parole fa precedere e fa seguire i fatti», ha spiegato il vescovo, esprimendo «gratitudine» nei confronti del governo e della Comunità di Sant’Egidio «perché insieme non dico che scriviamo una pagina nuova – si tratta di un’esperienza che è stata già fatta – ma di sicuro, con questa firma, diamo un impulso molto più ampio in tutti i sensi e a tutti i livelli perché si capisca che un fenomeno complesso come l’immigrazione non può essere lasciato in mano a coloro che semplificano». «Dove ci sono volti, problemi, ma anche attese e speranze – ha ammonito Galantino – non si può lasciare il tema dell’immigrazione in mano soltanto ad alcuni che tendono a sottolineare il drammatico che esiste». «Dall’immigrazione vengono problemi, ma anche stimoli positivi», ha sottolineato infatti il segretario generale della Cei, secondo il quale i corridoi umanitari «sono una risposta non diretta, ma direttissima, a coloro i quali dicono: ‘aiutiamoli dove stanno’». L’impegno della Chiesa italiana sul versante dell’immigrazione, ha ricordato Galantino, «non è una novità di oggi: già prima dell’otto per mille c’erano i nostri missionari, e prima che si aprissero i corridoi umanitari già arrivavano gli immigrati, ad esempio negli ospedali, e venivano già aiutati». Iniziative come quella di oggi, ha sottolineato Galantino, «sono rese possibili grazie all’otto per mille che la gente, grazie a Dio, continua a dare alla Chiesa italiana».

In materia di immigrazione, «lavoriamo insieme con il governo e a fianco delle istituzioni», ha poi assicurato monsignor Nunzio Galantino. «Non vogliamo essere un’altra cosa rispetto alle istituzioni – ha spiegato il vescovo – ma metterci a fianco di esse e guardare nella stessa direzione: guardare le storie dei migranti e ipotizzare risposte concrete». «Far seguire i fatti alle parole», per la Chiesa italiana, ha ribadito il segretario generale, significa «dire sì in maniera chiara ai corridoi umanitari, che permettono di strappare alla morte tantissime persone e di farle arrivare legalmente a destinazione«

«La legalità è la garanzia e il primo passo per una politica corretta», ha detto ancora monsignor Galantino. «Legalità – ha spiegato il vescovo – è intelligenza, nel senso di ‘intus-legere’, saper leggere dentro le situazioni». «Solo qualche giorno fa – ha commentato – parlavo di corridoi umanitari, e dopo due giorni siamo qui a mettere una firma». «Contate su di noi», l’invito rivolto al governo, partner dell’iniziativa insieme alla Comunità di Sant’Egidio: un’iniziativa, ha spiegato Galantino, che per la Chiesa italiana «non è autopromozione», ma vuole «aiutare e sostenere la dignità delle persone, per non trovarci nelle condizioni di piangere sempre i morti».

«Parliamo tanto, e a ragione, di profughi siriani e iracheni, ma la situazione in Eritrea, Somalia e Sud Sudan è drammatica». Questo l’appello del Segretario della Cei. «Dall’Eritrea, dalla Somalia e dal Sud Sudan ne arrivano pochi perché muoiono già per strada», ha fatto notare il vescovo, ricordando che l’Etiopia, in particolare, è il luogo di arrivo e di partenza per i profughi eritrei e somali.  Il protocollo firmato oggi – il primo siglato dalla Cei in questa materia – riguarda 500 persone che sono state selezionate dalle autorità «in loco», «ma la nostra rete di Caritas e Migrantes è già pronta a continuare l’accoglienza», ha assicurato Galantino, citando la disponibilità all’accoglienza dimostrata da parrochie e famiglie. «Sono 30mila i profughi già accolti in Italia tramite la realtà delle parrocchie, o direttamente e indirettamente collegate con esse», ha ricordato il segretario generale della Cei. Interpellato dai giornalisti rispetto ai tempi necessari, una volta che i profughi sono arrivati a destinazione grazie ai corridoi umanitari, per ricevere lo «status» di rifugiati tramite la richiesta ai Consolati e l’intervento poi del Ministero degli Esteri, Galantino ha risposto che «la passione e l’impegno con cui si mettono in atto tali procedure fanno sì che non siano troppo lunghi»: al massimo qualche mese, ha ipotizzato pur non potendo generalizzare.

Oltre la sperimentazione. «I corridoi umanitari non sono più in fase di sperimentazione, ma sono diventati un modello di difesa e di attenzione ai diritti umani e una modalità di risposta ad un fenomeno tipico del ventunesimo secolo come quello delle migrazioni». Lo ha detto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, durante la firma del protocollo d’intesa. Da Sant’Egidio è arrivato un «grazie» alla Cei, che «oltre alle risorse dell’otto per mille mette a disposizione l’intelligenza, la passione, l’umanità per queste persone». «Le persone che sostengono l’otto per mille – ha osservato Impagliazzo – sono gli stessi italiani che si mettono a disposizione per offrire le loro case, le lori strutture, e per accogliere e integrare i nuovi arrivati come cittadini». Il presidente di Sant’Egidio ha parlato di una vera e propria «gara di solidarietà per l’accoglienza»: «Ci sono tantissimi cittadini – ha spiegato – che non ne possono più di vedere le persone morire in mare, o le persone sfruttate dai trafficanti di morte». Di corridoi umanitari come «idea europea» ha parlato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, informando che quest’ultima sta prendendo accordi anche con la Francia, dopo l’intesa firmata con i valdesi per un corridoio umanitario in Libia.