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Procreazione assistita e referendum, un copione già visto

di Alberto MigoneLa legge 40/2004 sulla fecondazione medicalmente assistita non è perfetta, anche perché risente di una lunga e laboriosa mediazione; non è neppure una legge «cattolica» come si vuol far credere, perché molte delle possibilità previste, per la Chiesa, non sono lecite. Eppure questa legge ha il merito grande di aver fermato il far west procreatico con norme certe, partendo da un punto fermo: la difesa del concepito, con i suoi diritti e la sua dignità, che va coniugata con le aspirazioni di chi desidera – spesso esige – un figlio. Queste norme sono state approvate, dopo un lungo iter parlamentare, da una maggioranza trasversale, che non ha coinvolto solo i cattolici, ovunque collocati, ma anche tanti laici pensosi e desiderosi di mettere un freno a «quel tutto è lecito» che caratterizzava il settore.

Saggezza voleva che anche in vista degli opportuni aggiustamenti se ne valutassero i risultati una volta entrata effettivamente in vigore, mediante il regolamento di attuazione che ancora non è stato pubblicato. E invece no. Di corsa ai referendum abrogativi, con una campagna che subito si caratterizza per schematizzazioni di comodo: i laici che difendono il progresso scientifico ed hanno a cuore il giusto desiderio di tante coppie infelici e i cattolici, insensibili ai casi umani, in nome di astratti principi.

Si ripete così un copione già visto: la vasta galassia dei laicisti si ricompatta, radicali in testa, ma con l’ampio supporto dei Ds che, pur dichiarandosi non patiti dei referendum, questa battaglia la sostengono, la fanno propria in molte forme, compresa quella scelta dalle diessine del Consiglio regionale della Toscana (seguite però dalle consigliere di An, Forza Italia e Margherita) che hanno calato un grande fiocco rosa e azzurro dalle finestre di Palazzo Panciatichi a Firenze (sede dell’Assemblea toscana).

Con lo slogan «La libertà fa crescere la vita», le donne del Consiglio più le quattro assessore della Giunta regionale hanno invocato, anche attraverso una conferenza stampa, l’impegno nella raccolta delle firme a sostegno dei quesiti referendari. È una scelta lecita, ma discutibilissima che elude la paziente ricerca di eventuali miglioramenti e non valuta le conseguenze di una ulteriore spaccatura del Paese che assumerebbe subito le connotazioni di una contrapposizione ideologica e politica, coinvolgendo anche i partiti e le istituzioni, che invece dovrebbero rimanere estranei a decisioni che attengono alle libere scelte di coscienza.

A questo proposito ci sembra estremamente corretta la decisione del vicepresidente della Giunta regionale, Angelo Passaleva, che ha chiesto al nostro giornale di ospitare una sua conferenza stampa insieme al presidente del Movimento per la vita, Carlo Casini, per spiegare i motivi in difesa della legge e stigmatizzare il comportamento delle consigliere regionali che invece hanno utilizzato la sede istituzionale e l’Ufficio stampa della Giunta.

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