Vita Chiesa
Processo matrimoniale verso la riforma
Riflettori puntati, in questi giorni, sull’assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, convocata da papa Francesco per discutere e riflettere sulle «sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione».
Uno dei temi che più ha richiamato l’attenzione dei media è se – ed eventualmente come – cambierà l’atteggiamento della Chiesa nei confronti di coloro che vivono in situazione matrimoniale irregolare, ossia di coloro che sono reduci dalla rottura di un precedente matrimonio, si sono separati, hanno ottenuto il divorzio e si sono risposati con un matrimonio civile che la Chiesa non riconosce come valido matrimonio. La Chiesa, com’è noto, professa con fermezza il principio dell’indissolubilità del matrimonio e non ammette quindi il divorzio. Essa ammette però che si possa verificare l’originaria validità del matrimonio ed ottenere dai competenti tribunali ecclesiastici, a conclusione di un processo molto rigoroso, una dichiarazione di nullità, che consente ai due interessati di recuperare lo stato libero e di accostarsi ad un nuovo matrimonio religioso. È naturale quindi che vi sia una particolare attenzione verso questo strumento giuridico della nullità, perché esso consente di risolvere, purché ne sussistano i requisiti previsti dal diritto canonico, non poche delle situazioni irregolari a cui abbiamo accennato.
È così che papa Francesco ha deciso di costituire una commissione con l’incarico di studiare una riforma del processo matrimoniale, al fine di renderlo più semplice e snello, pur nel pieno rispetto dell’inderogabile principio dell’indissolubilità del matrimonio. Tra i membri di questa Commissione il papa ha voluto nominare il professor Paolo Moneta, ben noto agli studenti di Giurisprudenza del nostro ateneo, avendo insegnato per molti anni Diritto canonico. Il professor Moneta è anche presidente del consultorio familiare Ucipem, avvocato della Rota Romana ed uno dei legali abilitati a difendere la Santa Sede. Con lui abbiamo cercato di renderci meglio conto di questa delicata materia e degli impegni che attendono la commissione.
Professor Moneta, si fa presto a parlare di indissolubilità … la realtà è che, purtroppo, molti giovani non sono pienamente coscienti di questa proprietà essenziale del matrimonio e, ancor meno, della grazia della sacramentalità ad esso strettamente connessa. Il fallimento dei matrimoni, la separazione e il divorzio sono ormai largamente presenti anche tra i cattolici e soltanto una piccola parte di queste vicende finiscono davanti ai tribunali ecclesiastici per chiedere il riconoscimento della nullità del matrimonio. Ha i dati sulle pratiche analizzate in Italia?
«Nel 2013, dinnanzi ai tribunali ecclesiastici italiani, sono state introdotte 2.616 cause di nullità di matrimonio e ne sono state decise un numero leggermente superiore, 2754. Nel solo Tribunale ecclesiastico che ha sede a Firenze ed è competente per tutta la regione, sempre nel 2013, sono state introdotte 145 cause e decise 146. Di esse 130 sono state affermative, cioè a favore della nullità. Non sono certo dati comparabili con le ormai numerosissime cause di divorzio, che in Italia superano le cinquantamila all’anno, ma si tratta pur sempre di un’esperienza giudiziaria significativa che merita di essere seguita con attenzione».
Com’è noto, i Tribunali ecclesiastici sono chiamati ad accertare la validità o meno dei matrimoni per un vizio originario da cui sono affetti. Se cioè al momento della celebrazione esistevano tutti i requisiti necessari per la valida costituzione del vincolo. Vogliamo ricordare quali sono i capi di nullità più frequenti?
«Oggi la nullità tende a concentrarsi in due “filoni” principali. Il primo riguarda la capacità personale al matrimonio, ossia la presenza di situazioni di disagio psichico che non consentono alla persona di accostarsi al matrimonio con sufficiente libertà interiore, di rendersi veramente conto degli impegni essenziali della vita coniugale e di essere in grado di realizzarli. Una volta si richiedevano stati di vera e propria infermità mentale, ma ora, anche per il progresso della psichiatria e della psicologia, si ritiene che per celebrare validamente il matrimonio occorra una maturità di giudizio adeguata all’importanza degli impegni matrimoniali ed al profondo coinvolgimento che essi comportano nella vita dei due coniugi. L’altro “filone”, anch’esso in continuo aumento, riguarda la presenza di una volontà che aderisca in modo pieno ed incondizionato al matrimonio. Se uno od ambedue gli sposi non intendono accettare uno dei suoi elementi essenziali, celebrano un matrimonio che non corrisponde al modello professato dalla Chiesa e contraggono pertanto invalidamente. Ciò avviene, in particolare, quando gli sposi “si riservano” di sciogliere il matrimonio nel caso di esito infelice della loro unione, quando rifiutano di avere figli o quando non intendono mantenere la fedeltà l’uno nei confronti dell’altro».
Su quali aspetti critici si concentreranno i lavori della Commissione? Qual è il compito specifico che vi ha affidato papa Francesco?
«Attualmente l’andamento dei processi di nullità di matrimonio non è molto soddisfacente. Ci sono diverse rigidità, un esagerato prolungamento dei tempi, forme di garanzia (come quella che rende obbligatoria una seconda istanza di giudizio per rendere definitiva la nullità) che oggi sembrano francamente eccessive. Sottoporremo quindi tutto il processo ad un attento monitoraggio, cercando di sfrondare e di semplificare gli adempimenti superflui, rendendolo uno strumento che esprima in modo più compiuto la sollecitudine della Chiesa verso i fedeli che ricorrono ai suoi tribunali».
Ma non c’è il rischio che si dichiari la nullità con troppa leggerezza, senza un serio accertamento della verità della vicenda coniugale?
«In effetti, già si sente dire che si arriverà a dichiarare la nullità in ogni caso di matrimonio fallito, che basterà una semplice dichiarazione dei due coniugi di fronte al vescovo o ad suo delegato, senza più bisogno di scomodare un tribunale e di sottoporsi a snervanti procedure….Ma non credo che vi sia davvero l’intento di rincorrere il legislatore italiano, che proprio in questi giorni sta istituendo un divorzio ultrafacilitato, con una semplice dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile. Non bisogna dimenticare che lo stesso papa Francesco, nell’istituire la Commissione, ha espressamente richiamato l’esigenza di “salvaguardare il principio di indissolubilità del matrimonio”. Non è quindi pensabile che si voglia arrivare a dichiarazioni di nullità che siano sostanzialmente pronunce di divorzio, andando così contro un principio, quello dell’indissolubilità, che la Chiesa ha continuamente riaffermato, convinta di seguire l’insegnamento di Gesù stesso».