Opinioni & Commenti
Primo maggio, il lavoro tra crisi e talenti
La giornata del 1° maggio ha sempre rappresentato per i lavoratori e per il sindacalismo, in tutto il mondo, una giornata di festa e di lotta, nella quale ricordare la storia, ricordare le vertenze e i diritti da conquistare. Ci si trova nelle piazze per manifestare la nostra speranza, la voglia di fare i conti con il futuro.
La crisi della nostra regione non è solo finanziaria o americana ma è una crisi globale e di sistema. Essa si compone di più aspetti e la sua complessità è proprio quella di non avere un’unica soluzione. C’è una forte presenza di una crisi sociale che si traduce nell’allargamento della fascia di persone che diventano economicamente più fragili: famiglie in cassa integrazione o in mobilità, donne sole con figli a carico, pensionati con redditi al minimo vitale, giovani che finito il periodo di apprendistato tardano a trovare lavoro rimanendo a carico della famiglia. C’è una crisi del nostro sistema produttivo e della riduzione dei consumi collegata alla finanziarizzazione dell’economia che, in assenza di regole, ha provocato un terremoto del sistema del credito e di conseguenza le ricadute sono forti sulle imprese, sulla vita delle famiglie, sui sistema produttivi, sulla forte perdita di occupazione.
Le vie di uscita vanno proposte, non certo nella direzione del protezionismo, bensì nella responsabilità verso le persone, verso le generazioni future, la solidarietà e l’equità. Un modello di sviluppo che proponga una responsabilità sociale delle imprese, la creazione di nuovi posti di lavoro investendo nell’industria «verde», una capacità di sviluppare la ricerca per approvvigionarsi di un’energia riciclabile meno onerosa per le imprese e le persone.
Anche a livello territoriale un passo avanti, sarà possibile con soluzioni, che pur esclusive, potranno rappresentare un avanzamento nella giusta direzione.
Gli sportelli di microcredito per aiutare i soggetti più deboli nel mercato del lavoro, la creazione di gruppi di acquisto solidale, l’accorciamento della filiera tra chi produce e chi consuma, sono soluzioni non esaustive ma che rilanciano un dinamismo regionale che oggi manca.
Per questo da tempo chiediamo alle istituzioni regionali di fare di più sulle infrastrutture, sulle politiche energetiche, sulla riorganizzazione dei servizi pubblici essenziali.
Pensare al futuro in questo 1° maggio, ancora di più ipotizzarlo, progettarlo, programmarlo, governarlo, appare forse presuntuoso. Eppure occorre farlo, occorre non sentirsi mai sconfitti, nemmeno da una crisi così complessa e gettare avanti il nostro sguardo, non rimanere imbrigliati nella sofferenza ma dare risposte ai bisogni delle persone. Occorre procedere sulla via delle riforme; da quella del fisco, con una forte ripresa della lotta all’evasione fiscale, a quella del mercato del lavoro, offrendo «sicurezza» e sostegno al reddito, per tutte le persone, prescindendo dalla tipologia del contratto con il quale sono stati assunti. E poi va completata e realizzata nel territorio la riforma del modello contrattuale, per portare più salario ai lavoratori e più produttività al sistema produttivo.
Tutto questo va oltre il presente, oltre l’immediato, è l’importanza del futuro. I talenti veri, non possono più essere gli investimenti, il risanamento del bilancio pubblico, ma le persone.
Va detto in questo 1° maggio: noi non seppelliamo i nostri talenti.