Vita Chiesa

Preti centenari: quei secoli di vita passati dietro l’altare

di Sara D’OrianoNon è facile incontrare negli archivi delle diocesi toscane sacerdoti o religiosi che abbiano superato la soglia dei cento anni. Eppure quest’anno diverse chiese locali hanno potuto festeggiare alcune di queste date storiche, o sono vicine, nei prossimi anni, a festeggiarne di nuove.

È un viaggio, quello tra i sacerdoti centenari (o quasi) della Toscana, che vale la pena di essere vissuto, per la simpatia e l’emozione che queste persone lasciano dentro sentendosi libere di raccontarsi e perché parlare con loro è come sfogliare un manuale di storia; si scorre il dito sulle pagine leggendone qualche passaggio e tralasciandone altri che la memoria storica o «questa vecchia testaccia» non ricorda.

Iniziamo da monsignor Aldo Franci, storico sacerdote di Pienza, che è stato festeggiato pochi giorni fa, il 9 settembre, giorno del suo centesimo compleanno. Per lui ho scelto l’aggettivo «radicale», usato nel senso più letterale del termine: attaccato alle radici di quella sua Pienza che, in un’intervista pubblicata due numeri fa sul nostro «Araldo Poliziano» dichiarava di amare quasi più della chiesa: «Dicendo Pienza dico anche Chiesa. Effettivamente ho sempre voluto bene a Pienza e spesso mi trovo a piangere sulla bellezza della nostra stupenda città. Quando li vedo questi turisti che arrivano in piazza e neppure si accorgono o sentono l’incanto, la perfezione del luogo, mi rattristo tanto. Ma forse tutto questo correre senza riflettere, senza saper vedere e ascoltare è frutto della società di oggi. Che vuoi farci. Pensiamo noi ad ammirarla e a rispettarla». Spinto sulla carrozzina dalla sua badante, mani e gambe «che non funzionano» ma la testa, «ringraziando Dio, ancora funziona bene, o almeno credo», occhietti vispi e sorriso compiaciuto, è così che si è presentato don Aldo il giorno del suo centenario, festeggiato dalla stessa città con una festa in piazza, con tanto di targa e cena all’aperto.

Suo coetaneo, padre Domenico, o meglio padre Domenico Ferrante Giani da San Miniato (Pisa), 100 anni festeggiati con grande semplicità e solennità lo scorso 24 febbraio. Per lui ho scelto l’aggettivo «semplice» per la scelta di stare con i più deboli, con i sofferenti dove si tocca con mano il limite dell’uomo e il suo bisogno di Dio. La sua vocazione, infatti, si realizza all’interno degli ospedali, in particolare quello di Santa Maria Nuova a Firenze dove ha prestato servizio per quarantatre anni e dove fino a poco tempo fa si preoccupava di portare una presenza serena e confortante. «Fin da quando ti ho conosciuto – gli scrive il ministro provinciale Stefano Baldini, scusandosi con lui per il “tu” confidenziale – ti ho sempre visto contento della tua vita di frate e, attraverso il tuo sacerdozio, desideroso di comunicare la consolazione di Dio a tante anime. Ti ringraziamo per tutto quello che hai fatto e per l’esempio che ci dai, trascorrendo i tuoi giorni nella preghiera e nella serenità del servo buono e fedele». Gli acciacchi dell’età, che però non hanno intaccato la sua simpatia, lo hanno costretto a ritirarsi nell’infermeria di Montughi ma non gli hanno impedito di festeggiare alla grande i suoi cento anni. Da ogni luogo della provincia Toscana dei Cappuccini sono arrivati infatti i confratelli per stringersi intorno al «cappuccino centenario» concludendo in bellezza nel refettorio del convento di Montughi che si è ripopolato di frati «dall’appetito sempre giovane».

Cento anni ancora non li ha («me ne mancan pochi però, eh!»), ma la cosa più sorprendente è che lo «studioso» mons. Giuseppe Raspini è ancora archivista in carica della Diocesi di Fiesole. «Io sono di Figline Valdarno, e son nato il 9 ottobre del 1908. Son diventato sacerdote nel 1929 nel seminario di Fiesole». Mette subito in chiaro. Un po’ di sforzo della memoria e piano piano tornano alla mente i ricordi del passato. Studioso di storia, in particolare della diocesi di Fiesole, nel 1981 divenne Titolare dell’archivio vescovile di Fiesole. «Ma ne ho fatte di cose: pensi che ho scritto 40 libri, sono stato corrispondente dell’Avvenire d’Italia e dell’Osservatore Romano, sono membro dell’Accademia Valdarnese del Poggio e Deputato di storia patria per la Toscana. Studiare mi è sempre piaciuto anche quando avevo la parrocchia, e l’ho avuta per 47 anni a San Martino a Mensola. Studiavo la notte e il giorno stavo con i miei parrocchiani». Della Grande Guerra ricorda la paura delle cannonate che sentiva passare e anche i danni di quando fu colpita la chiesa. «Ma allora c’era più solidarietà: sono in contatto ancora con i miei vecchi parrocchiani che vengono a trovarmi di tanto in tanto». E anche per lui, assistito in casa dai suoi nipoti, sono già previste grandi feste.

Don Aldo Fazzini, diocesi di Prato, è invece il sacerdote «girellone» e l’aggettivo questa volta se lo è calato addosso lui stesso: «Da che sono sacerdote, e si parla del 1934, sono stato a Poggio a Caiano, a Prato, a Santa Maria a Colonica, a Schignano dal 1940 al 1959 e poi a Savignano, a 3 chilometri da Vaiano dove sono stato per 47 anni, che io definisco una perla sulle ginocchia della Calvana». Se non bastasse, ha studiato per dodici anni a Pistoia, conoscendo fra gli altri anche don Siro Butelli. La chiacchierata con don Aldo è interessante soprattutto per i ricordi della seconda guerra mondiale: «Me la sono scampata bella, perché fui preso dai tedeschi per essere fucilato. Mentre stavano allestendo il plotone per l’esecuzione, giunse la notizia che una mucca aveva ferito l’ufficiale delle SS incaricato della mia fucilazione. Così non ci pensai due volte, curai l’ufficiale e così mi salvai. Ancora oggi lo chiamo il miracolo della mucca, perché senza di lei a quest’ora non glielo potrei raccontare!». E oggi è sempre lì fra i monti che tanto ama. Ha scritto la sua biografia intitolata «Don Aldo Fazzini: la vita, la verità» e ha restaurato i locali della parrocchia, creando un circoletto nel quale i parrocchiani possono riunirsi. E magari anche festeggiare i suoi cento anni, fra tre anni.

E il papa gli disse:«Arriverà a cento…»Abbiamo cercato di fare un «censimento» dei preti che hanno superato, o stanno per superare, la soglia dei cento anni. Speriamo di non aver dimenticato nessuno: nel caso, ci scusiamo fin da ora con i diretti interessati. Oltre a quelli ricordati nell’articolo qui sopra, l’elenco dei preti toscani centenari comprende anche monsignor Bruno Ancilli, classe 1906, che fino a pochi anni fa è stato rettore del santuario di Santa Caterina a Siena; è stato anche esorcista della Diocesi ed ha avuto il compito, nel 1980, di accogliere Giovanni Paolo II durante la sua prima visita a Siena. Nel 1996 il Papa, a Siena per il Convegno Eucaristico Nazionale, lo incontrò di nuovo e, commentando il fatto che aveva appena compiuto novant’anni, profetizzò: «Lei arriverà sicuramente a cento!». Profondo conoscitore dell’opera di Santa Caterina da Siena, giornalista pubblicista, monsignor Ancilli ha collaborato per molti anni anche al settimanale diocesano.

Compirà i cento anni l’anno prossimo invece monsignor Gino Benedetti (diocesi di Fiesole), che per cinquant’anni si è occupato di tenere l’amministrazione diocesana; quest’anno ha festeggiato 75 anni di sacerdozio. Fatica ad alzarsi dal letto, ma scrive e legge senza occhiali.

È del 1908 monsignor Giuseppe Caporali, diocesi di Pitigliano, da alcuni anni ospite di una casa di riposo. Ha svolto il suo ministero di prete quasi interamente nel suo paese di origine, Castel’Azzara, di cui è stato parroco per molti anni.

Il Canonico Nello Magrini, di Monsummano (diocesi di Pescia), è un «giovanotto» di appena 96 anni: anche lui ha già superato la soglia dei settant’anni di ordinazione. «Un sacerdote splendido – lo definisce il vescovo di Pescia Giovanni De Vivo – con un grande amore per Gesù e per la Chiesa: basti pensare che non manca mai a nessun incontro del clero. Di recente abbiamo fatto una serie di 18 incontri, tutti la sera dopo cena, per mettere a punto il piano pastorale: non ne ha persi uno». Ancora oggi collabora con la parrocchia, e non manca di dare una mano in molte attività.R. B. A Siena le suore vanno in scenal’«attrice» più anziana ha 108 anniLa più giovane ha 86 anni, la più anziana 108. Sono una decina di suore e sono salite sul palco per prendere parte ad una recita con cui nei giorni scorsi sono stati festeggiati i 150 anni del convento senese di San Girolamo, dell’ordine delle Figlie della Carità di San Vincenzo dé Paoli. Le monache quasi o ultra centenarie hanno letto alcuni brani, accompagnando la recitazione di un cast formato da alunni e insegnanti della scuola elementare ospite dell’istituto. Fra gli attori anche l’assessore allo sport del Comune di Siena, Massimo Bianchi, con la moglie e le suore dell’infermeria dell’ istituto. Regista dell’ opera, ispirata a Luisa de Marillac – figura di mistica francese del Seicento, fondatrice della congregazione e collaboratrice di San Vincenzo dé Paoli – è una fisioterapista, Rossana Carullo, che in questi anni ha portato avanti un progetto di terapia occupazionale con le suore. L’obiettivo era, anche grazie all’impegno teatrale, quello di potenziare e migliorare le condizioni di memoria e di salute delle ospiti dell’istituto.