Cultura & Società

Presepe, all’istituto don Orione di Firenze un percorso dalla creazione alla resurrezione

«Già un mese fa le persone hanno iniziato a telefonarci per sapere se quest’anno il presepe sarebbe stato aperto» dice don Lorenzo Lodi, responsabile della struttura. Il presepe “di don Orione” infatti, unico nel suo genere, è diventato ormai una tradizione e un’occasione di stupore e riflessione per tutto il quartiere. Stupiscono i movimenti di ogni personaggio, le occupazioni diverse in cui sono raffigurati, i rumori che danno voce agli animali, il ritmo del giorno e della notte che si alterna e il ciclo meteorologico che fa cambiare volto ogni istante all’intera rappresentazione; ma la sua particolarità è legata alla scelta di non limitare il presepe alla sola scena della natività, ma di renderlo un luogo capace di raccontare tutta la storia della salvezza. In uno spazio di quaranta metri quadri si aprono quattro quadri che portano dalla creazione del mondo alla nascita di Cristo, con le scene dell’Annunciazione e del sogno di Giuseppe, della Visitazione di Maria ad Elisabetta e il cammino degli sposi di Nazareth verso Betlemme. La scena della natività campeggia centrale in uno spazio più grande a lei dedicato e apre alla narrazione che attraverso altri quattro quadri porta dal Natale alla Pasqua con le scene del battesimo di Gesù, dell’ultima cena, della condanna di Gesù da parte di Pilato, la salita al Calvario e la Resurrezione. «L’idea nacque quaranta anni fa da un sacerdote appassionato del presepe – racconta don Lorenzo – insieme a due laici venne creato questo itinerario che, per la sua grandezza non viene mai smontato; negli ultimi anni ha subito alcune trasformazioni, è stato spostato in una stanza dedicata nel piano inferiore del nostro istituto ed è diventato un’attrattiva per tanti e un’occasione per avvicinare al presepe le persone». Tra i visitatori «ci sono tanti bambini, con il loro entusiasmo per il calore e l’umanità che il presepe trasmette, c’è chi passa veloce, chi si ferma ad osservare ogni movimento delle statuine, chi rimane stupito e rallenta il passo per contemplare e chi è mosso dalla curiosità di vedere visivamente ciò che si conosce o che si è studiato; tanti di quelli che arrivano sono genitori che vengono perché sono stati portati qui da bambini ed è bello vedere come la tradizione va avanti», racconta ancora il sacerdote. Chi entra per visitare il presepe, poi, «entra in contatto con la nostra realtà – continua – l’Istituto ospita persone autosufficienti con disabilità psichiche che, anche attraverso questa occasione, entrano in contatto con le persone mostrando di avere ognuno i propri talenti; due di loro accolgono chi arriva all’ingresso e altri due accompagnano i visitatori spiegando il presepe con il loro stile libero e aperto agli altri». Per gli ospiti, infatti, il presepe e il mercatino sono occasioni importanti di coinvolgimento: «ci tengono molto a parlarne ad ogni persona che arriva, nuova o già conosciuta, e nel periodo prenatalizio spesso sono andati ad annunciarne l’apertura nel quartiere; è bello pensare anche che, quaranta anni fa, sono stati alcuni ospiti a realizzare alcune parti del presepe, come quella dell’arca di Noè». «L’anno scorso – racconta ancora don Lorenzo – la struttura non fu aperta alle visite: caricammo sul sito dei video del presepe e organizzammo il mercatino su ordinazioni. Quest’anno vedere le persone che entrano di nuovo è per noi un segno di rinascita: per i nostri ospiti ogni persona è un dono e anche loro si donano con generosità». Porte aperte e tanta voglia di ripartire dunque: «il presepe sarà visitabile fino ai primi di febbraio tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18:30 e stiamo pensando di organizzare un laboratorio per far vedere ai bambini quali sono i meccanismi che fanno muovere le statuine». Per ora, «stiamo ospitando anche una mostra sugli insetti in esposizione e dal vivo: molte scuole hanno portato i ragazzi a visitarla, con l’occasione sono passati a vedere il presepe e qualcuno con le famiglie è tornato nel fine settimana», conclude il sacerdote.