La comunità monastica internazionale ed ecumenica di Taizé in Francia non desidera creare attorno a sé un movimento, ma stimola le migliaia di giovani con cui viene a contatto ad impegnarsi nelle proprie Chiese locali a divenire creatori di fiducia là dove vivono. Numerose sono in varie città del mondo le persone che provano il bisogno di pregare insieme in modo semplice e meditativo utilizzando i canti di Taizé. Anche ad Arezzo una preghiera nello «stile» di Taizé è presente dai primi anni ’90 e, aperta a tutti, si tiene ogni seconda domenica del mese in modo itinerante in alcune chiese cittadine.Queste preghiere meditative sparse per il mondo sono state definite dal priore di Taizé Frère Alois, nel recente incontro europeo di giovani a Ginevra (cui hanno partecipato anche una ventina di aretini), delle veglie di riconciliazione. Tali preghiere ci ricordano che Dio ha fatto il primo passo verso di noi: e, se comprendiamo ciò, le nostre relazioni ne saranno trasformate e saremo capaci di segni di comunione autentica seguendo l’invito del Vangelo a fare il primo passo verso l’altro. Dunque la preghiera ci spinge ad allargare a tutti, nel vivere quotidiano, la nostra amicizia. Ma tali preghiere ci riportano anche all’urgenza della riconciliazione tra i cristiani. Come rispondere alle nuove sfide delle società sempre più secolarizzate senza riunire i doni dello Spirito Santo presenti in ognuna delle famiglie cristiane? Come trasmettere la pace di Cristo restando separati? Per sottolineare questo secondo aspetto, su iniziativa della Commissione diocesana per l’ecumenismo, le testimonianze che generalmente introducono la preghiera sullo «stile» di Taizé ad Arezzo presentano come tema il «dialogo» con particolare riguardo a quello tra le diverse confessioni. Così, dopo che l’ultima preghiera è stata preceduta dalle parole di un monaco camaldolese sull’esperienza di dialogo, la prossima si terrà significativamente il 13 gennaio (alle ore 19) nella chiesa di San Bartolomeo, sede della comunità ortodossa rumena, e sarà introdotta dal sacerdote ortodosso padre Octavian Tomuta.