Toscana

PRATO, RAPPORTO SUI CENTRI DI ASCOLTO CARITAS: ITALIANI IN AUMENTO, RITORNO ALLA POVERTA’ PER GLI ALBANESI

«Prato prima e durante la crisi», è il titolo del rapporto realizzato dall’Osservatorio Sociale Provinciale e da Caritas Diocesana, presentato martedì 20 dicembre a Palazzo Vescovile.Il report, curato da Daniela Bagattini, Valentina Pedani e Paolo Sambo (ricercatori Asel) e Massimiliano Lotti (referente per l’Osservatorio Povertà e Risorse Caritas), oltre a prendere in esame gli accessi ai Centri di Ascolto della rete informatica diocesana dal 2006 al 2010 vuole indagare il cambiamento avvenuto nel territorio pratese a causa della crisi economica, con l’obiettivo di individuare alcune caratteristiche che rendono alcuni soggetti più vulnerabili da un punto di vista economico e sociale: i nuovi poveri, intesi come persone che, a seguito della crisi, si sono trovati in una situazione di indigenza.Il contesto socio-economico provinciale. Dal 2001 al 2010 il numero di occupati nel manifatturiero nella provincia di Prato è passato da 46mila a 33mila unità, una contrazione solo in parte compensata dalla crescita di occupati nel terziario. L’Istat stima a fine 2010 circa 8.400 persone in cerca di occupazione, per un tasso di disoccupazione pari al 7,2%, a fronte di un dato medio regionale del 6,1%. La rete diocesana. Dal 2006 è stata creata una rete informatica diocesana che permette l’inserimento dei dati relativi alle persone ascoltate all’interno di un archivio elettronico. Nel corso del tempo si sono aggiunti via via nuovi punti di monitoraggio sul territorio ed attualmente fanno parte della suddetta rete i centri di ascolto della sede diocesana, 10 centri di ascolto parrocchiali, l’Ambulatorio per persone italiane senza fissa dimora e stranieri temporaneamente presenti sul territorio pratese (STP) e il punto mensa dell’Associazione «La Pira». Oltre a questo è importante ricordare la rete di segnalazione per le sole richieste di credito alimentare presso l’Emporio della Solidarietà, in cui sono coinvolti i Servizi Sociali del Comune di Prato, le Conferenze di San Vincenzo, il Volontariato Vincenziano ed il Centro di Aiuto alla Vita, dato che l’erogazione della tessera Emporio è vincolata alla presenza della scheda personale nel database descritto. I dati dei Centri di Ascolto. Il numero di persone che si sono rivolte ad uno dei Centri di Ascolto della rete diocesana passa dalle 3.500 unità del 2006 alle 3.691 del 2010, con un incremento del 5,5%. Gli italiani aumentano del 13,9%, arrivando a 990 unità, mentre gli stranieri crescono solo del 2,7%, raggiungendo quota 2.701 (le principali cittadinanze sono nell’ordine: rumeni, cinesi, marocchini, albanesi, nigeriani e georgiani; nel 2010 le cittadinanze rappresentate sono 71). Occorre peraltro sottolineare come la presenza presso gli sportelli della rete diocesana abbia visto un calo negli ultimi due anni in conseguenza dell’attività dell’Emporio della Solidarietà e dello spostamento dello sportello lavoro, dal novembre 2010 gestito dall’associazione Cieli Aperti. In particolare, si registra dunque uno «spostamento» di coloro che frequentavano i Centri di Ascolto per il ritiro dei pacchi-spesa verso il servizio di distribuzione centralizzato dell’Emporio e per la ricerca di lavoro (in particolare di provenienza estera), movimento che giustifica la diminuzione di accessi presso le parrocchie e gli sportelli di via del Seminario. Elementi di fragilità. Nel report vi sono alcune interviste, il cui obiettivo è stato ricostruire alcune carriere di povertà idealtipiche rispetto a quelli che possiamo definire nuovi poveri, anche per cercare d’individuare alcune delle caratteristiche che rendono alcuni soggetti più fragili di altri. Elementi comuni appaiono le spese fisse per abitazione (affitto e mutuo); situazioni di malattia; mancanza di reti di sostegno; presenza di figli/soggetti bisognosi di cure; disgregazione familiare. A questi si aggiungono talvolta l’Incapacità nell’adeguare il tenore di vita (auto nuove, spese fatte in momenti sbagliati), l’incomprensione di strumenti di debito (carte revolving).La recidività. La percentuale di nuovi contatti, cioè le persone che si sono rivolte ai Centri di Ascolto per la prima volta nel corso dell’anno considerato, passa dal 51,3% del 2006 al 42% del 2010. Nel corso degli anni, la stessa persona può essere uscita dalla situazione di disagio, per poi rientrarvi successivamente: secondo gli operatori Caritas questo fenomeno sta crescendo nel corso del tempo, soprattutto nella componente immigrata («C’è un ritorno alla povertà soprattutto ora fra gli albanesi. Stanno tornando i primi che ho visto nel ‘97, che nel frattempo avevano già comprato casa»), mentre «gli italiani sono più cronici, quelli di vecchia data». Se va in crisi la famiglia «normale». La discesa verso situazioni di difficoltà non riguarda più, infatti, solo soggetti “deboli” della popolazione, ma si sta ampliando ad una fetta di persone che fino a poco tempo fa conducevano una vita economicamente serena e con stili di vita medi. Da una parte la «discesa» verso l’indigenza è causata anche da una difficoltà a gestire in modo oculato la diminuzione di risorse economiche, non riuscendo ad adeguare i propri stili di vita e di consumi alle mutate condizioni, aiutati anche da finanziamenti facili che si rivelano pericolose spire da cui è poi difficilissimo risalire. Questa «cattiva gestione» non basta però a spiegare la nuova povertà e nemmeno a descriverla. Nel 2010 si registra un aumento degli utenti Caritas in età lavorativa: nelle fasce di età 25-34 e 45-54 anni, la perdita del lavoro può portare anche alla rottura del legame familiare che quindi diventa conseguenza e concausa della situazione di difficoltà: nuclei familiari relativamente giovani che non riescono a reggere l’impatto della crisi economica e della perdita del lavoro. Anche dalle parole degli operatori Caritas e dalle interviste a testimoni privilegiati emerge la preoccupazione per vedere situazioni definite «razionali», precipitare verso l’indigenza, con conseguenze in termini di disagio psicologico e crisi dello stesso istituto familiare che innescano circoli difficili da spezzare senza il concorso comune di più attori istituzionali e non. È la famiglia «normale» a rischiare di diventare povera. Ci sono sì alcuni fattori che rendono alcuni più fragili di altri ma, e questo dovrebbe rappresentare un punto di seria riflessione, sono elementi estremamente comuni: il mutuo, spese improvvise, mancanza di una rete di sostegno economico familiare, fragilità di salute, cura dei figli, sono tutti fattori che, con la perdita del lavoro, possono portare da una situazione di difficoltà all’indigenza. (cs)