Toscana

Prato, quando l’immigrato non è più lo straniero, ma il vicino di casa

Il dato che emerge, sia a livello nazionale che regionale e anche locale, è che per la prima volta nel 2011 – anno di riferimento del rapporto – gli extracomunitari titolari di un documento di soggiorno di durata illimitata (quindi non sottoposto a rinnovo) sono più numerosi di coloro che hanno un permesso di soggiorno a tempo determinato. «Ciò accentua ulteriormente il carattere sempre più strutturale della presenza degli immigrati su un determinato territorio, la popolazione straniera si sta stabilizzando», ha detto Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia della migrazioni all’Università di Milano. Tema dell’intervento del professore era: «I nuovi vicini. Quando l’immigrazione diventa normale».

Secondo Ambrosini «nella presenza delle famiglie straniere oggi in Italia c’è più normalità e integrazione di quanto non immaginiamo, i loro problemi quotidiani sono la scelta del pediatra e l’iscrizione a scuola per i figli, la spesa al supermercato di prodotti italiani e il bisogno ad esempio di riconvertirsi in una nuovo occupazione se si rimane senza lavoro. Proprio come una qualsiasi famiglia italiana». Il docente ha realizzato uno studio sulla situazione degli immigrati in Lombardia, «ma i risultati sono indicativi anche per Prato», dice, nella quale si evidenzia che in molte famiglie straniere con figli nati in Italia si parla sempre di più italiano.

Una conferma di questo fenomeno è evidenziata dal fatto che stanno aumentando le richieste di un permesso di soggiorno per motivi familiari. Anche se a Prato il motivo preponderante è ancora il lavoro (il 79,3% del totale).

Questa nuova realtà è stata raccontata con tre testimonianze: di Gezim Zhapokika, albanese arrivato a Prato con la prima ondata migratoria all’inizio degli anni Novanta; la nigeriana Joy Omoruyi, sposata con un avvocato pratese e il cinese Junyi Bai, che vive in città dall’età di 7 anni e oggi, 31enne, dopo la laurea in Legge sta studiando per diventare avvocato.

Spesso si dice però che la stabilizzazione della popolazione immigrata non valga per i cinesi. «La cosa è contrastante: – ha affermato Junyi Bai- i cinesi hanno per natura una mentalità dinamica e, abituati alla vastità del nostro paese d’origine, non si pongono limiti. Sicuramente tutti quelli che arrivano in Italia hanno l’idea di cercare fortuna e di poter tornare un giorno in Cina, ma la situazione sta cambiando». Il giovane orientale, che è anche presidente di Associna, l’associazione della seconda generazione cinese in Italia, ha parlato di «radicamento inevitabile» delle famiglie che hanno figli nati a Prato. «Anche gli investimenti in aziende e attività imprenditoriali articolate, l’acquisto di abitazioni, dimostrano una volontà di stabilirsi. Senza dimenticare che ormai la lingua principale dei ragazzi cinesi che vanno a scuola è l’italiano», ha detto Junyi Bai.

Sullo specifico della presenza degli stranieri a Prato è intervenuto il sociologo dell’Università di Firenze – e pratese di origine –Andrea Valzania (leggi notizia).

Le conclusioni della mattinata sono state affidata al vescovo Franco Agostinelli, che è anche il delegato regionale per gli immigrati della Conferenza episcopale toscana. «L’immigrazione è un fenomeno sentito, vissuto e diventerà sicuramente un problema se non viene affrontato nel modo giusto – ha detto mons. Agostinelli – e noi come cristiani dobbiamo essere attenti verso chi bussa alla nostra porta domandando aiuto. Questo però è un compito che non può essere lasciato soltanto alla Chiesa – ha sottolineato il Vescovo – occorre rimboccarsi le maniche tutti, pubblico e privato sociale. Ma vedo che a Prato c’è una tradiziona di accoglienza buona e consolidata»

All’incontro, iniziato con i saluti del direttore della Caritas diocesana Idalia Venco e del vicario episcopale per gli immigrati mons. Santino Brunetti, hanno partecipato anche il sindaco Roberto Cenni, gli assessori comunali Giorgio Silli e Dante Mondanelli e il presidente della Provincia Lamberto Gestri.