Vita Chiesa

PRATO, MESSA DI SUFFRAGIO PER I 73 ERITREI MORTI NEL MEDITERRANEO; MONS. SIMONI: VITTIME DELL’INCURIA UMANA

«Non si organizza bene la Terra mettendo da parte le grandi indicazioni della Parola di Dio. Non si fanno buone leggi se non si guarda alla legge di Gesù». È questo uno dei passaggi salienti dell’omelia pronunciata dal vescovo di Prato mons. Gastone Simoni durante la messa celebrata questa sera nel duomo di Prato in suffragio dei 73 eritrei morti durante il recente drammatico viaggio della speranza, come di tutti coloro che sono periti per tentare di raggiungere le coste del nord del mondo. «Certo – ha aggiunto il presule – noi cristiani non siamo ingenui, anche quando parliamo di immigrazione. Respingiamo l’accusa di essere quelli che vogliono accogliere tutti indiscriminatamente e disordinatamente e che non si preoccupano delle conseguenze per la società, non sapendo tradurre la solidarietà in atti legislativiconcreti. Sappiamo bene qual è la complessità dei problemi. Proprio per questo respingiamo la critica di essere buonisti».Alla messa, teletrasmessa da Tv Prato, ha partecipato una folta rappresentanza delle comunità cattoliche eritree di Prato e di Firenze. Con il Vescovo hanno celebrato il Vicario episcopale per l’immigrazione mons. Santino Brunetti, il francescano fra’ Giuseppe Prosperi e il sacerdote eritreo Abbà Dawit, che al termine ha recitato la preghiera dell’«eterno riposo» nella lingua tigrina, uno degli idiomi del Corno d’Africa.«Di fronte a queste tragedie – ha spiegato all’inizio della celebrazione Sara Colzi, presidente dell’associazione «Shaleku», si pongono molti interrogativi: «Perché queste tragedie? Perché tanta differenza tra il nord del mondo ricco e il sud povero? Li affidiamo a te, Signore, questi interrogativi», ha concluso Colzi. Shaleku è il gruppo promosso dalla Caritas diocesana di Prato per promuovere la cooperazione con il paese eritreo. È dal Giubileo del 2000 che la Diocesi pratese ha stretto un rapporto di amicizia e di solidarietà con l’Eparchia cattolico-alessandrina di Keren. È per questo legame, ma anche «per una più generale testimonianza cristiana – ha affermato mons. Simoni all’inizio della celebrazione – che vogliamo pregare per questi nostri fratelli e per tutte le vittime di questi drammatici viaggi, che hanno trasformato il mar Mediterraneo e il deserto africano in grandi cimiteri». Per mons. Simoni gli eritrei vittime del naufragio sono «sicuramente vittime anche dell’incuria umana e come tali ora sono presso Dio. Per questo ci affidiamo anche alla loro intercessione perché tutti noi ci apriamo al risolvimento di questo grave problema del mondo d’oggi, perché queste tragedie non si abbiano più a ripetere».Per mons. Simoni «nessun uomo può chiudere il cuore alla legge dell’amore e lasciarsi annebbiare la mente. Come faccio – si è chiesto il presule – se ho uno yacht o una barca a non prestare soccorso a chi in mare è in pericolo di vita?».Durante la processione offertoriale è stata portata in dono da un eritreo una corona di rose rosse con i colori del paese africano che è stata deposta ai piedi dell’altare.