Prato

Prato, il vescovo ha convocato il mondo cattolico per affrontare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo

Mons. Nerbini: «Ci sono valori non solo da difendere, ma da far conoscere a chi sceglie di vivere qui; il nostro impegno più grande è quello sull’integrazione»

Conoscere, prevenire e contrastare. Sono i tre verbi che il vescovo di Prato Giovanni Nerbini ha indicato alla comunità ecclesiale per affrontare in modo unitario e consapevole il dramma dello sfruttamento lavorativo. Dopo le aggressioni a operai e sindacalisti, che hanno messo in luce ancora una volta la presenza di un sistema illegale sul territorio pratese, il Vescovo e l’Ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro hanno deciso di convocare le realtà del mondo cattolico che condividono l’impegno per la dottrina sociale della Chiesa. L’iniziativa si è svolta ieri pomeriggio, lunedì 11 novembre, in Palazzo vescovile.

«Sappiamo, ed è sotto gli occhi di tutti, che nel territorio pratese si verificano episodi di sfruttamento e violenza nei confronti di chi chiede di poter esercitare i propri diritti – afferma monsignor Giovanni Nerbini –, oltre alla solidarietà e alla manifestazione di sdegno per quanto è successo, occorre passare dalle parole ai fatti».

L’incontro di ieri è servito per aprire una strada e stabilire alcuni punti condivisi su come impostare un percorso che coinvolga l’intera comunità pratese. I presenti hanno convenuto sulla necessità di capire, non soltanto il fenomeno dello sfruttamento, con operai costretti a lavorare dodici ore al giorno, sette giorni su sette, spesso a nero o con contratti inadeguati, ma anche il contesto generale, ovvero come funziona e come si sviluppa il distretto produttivo illegale di Prato. L’idea è quella di creare un gruppo di studio che possa, a partire dalle ricerche e dalle indagini già compiute sul mondo del lavoro nel territorio pratese, offrire un quadro di riferimento, utile per mettere in campo azioni concrete. «Ci sono valori non solo da difendere, ma da far conoscere a tutti coloro che scelgono di vivere qui – sottolinea il vescovo Nerbini –, il nostro impegno più grande e certamente più difficile è quello sull’integrazione. Conoscere la lingua è fondamentale, così come le regole e la legislazione sul lavoro. Creiamo una rete di contrasto ai fenomeni malavitosi che si fanno scudo di silenzio e collusioni».

Il gruppo di lavoro, coordinato da Fulvio Barni, direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale, ha ribadito la necessità dei controlli da parte delle forze dell’ordine e degli ispettori del lavoro, ma è importante «promuovere la comprensione della dignità del lavoro, il valore di ogni persona. La Chiesa – dice Barni – è una realtà capace di impegnarsi in questo percorso, attraverso la rete delle parrocchie, dei centri di ascolto Caritas, delle associazioni di volontariato».

Infine è stato proposto il coinvolgimento dei giovani, in particolare degli studenti, «unico modo efficace per dare un contributo alla trasformazione della realtà pratese».

L’incontro promosso dal vescovo Nerbini è stato convocato nei giorni dell’anniversario della visita di papa Francesco a Prato, avvenuto nove anni fa, il 10 novembre 2015. Dal pulpito di Donatello il Santo Padre chiese di stabilire patti di prossimità per contrastare il cancro della corruzione e dell’illegalità. Quel giorno decise di incontrare il mondo del lavoro perché scosso dalla terribile morte di sette operai cinesi, vittime due anni prima di un incendio scoppiato all’interno della fabbrica dove vivevano e lavoravano. «Questo non è lavoro degno!», disse con forza papa Francesco. Un monito che dette avvio a una serie di incontri, chiamati #farepatti, un cammino per immaginare insieme un’altra città possibile.