Prato

Pratilia, la torre che cambia il cielo sopra Prato

Sarà l’edificio più alto di Prato. Con i suoi 60 metri, la torre direzionale di 17 piani progettata per la Nuova Pratilia suprerà di 14 metri il campanile della Cattedrale, la struttura attualmente più elevata della città. La struttura sorgerà accanto al nuovo supermercato Esselunga da 4500 metri quadri previsto per quell’area. Ma cambierà anche quello che viene definito lo “skyline”, il profilo delle altezze degli edifici cittadini. Abbiamo messo a confronto due architetti cittadini: Luigi Zola, progettista, tra l’altro, della nuova sede della Misericordia in via Galcianese; e Giuseppe Alberto Centauro, che insegna restauro architettonico all’università di Firenze. Secondo Centauro «Esistono due scuole di pensiero antagoniste che pongono in ottiche diametralmente opposte la questione del rinnovamento urbano». In Italia si parla, secondo Centauro di «ottenimento di una condizione nuova specialmente in senso culturale o spirituale, con l’idea implicita di un miglioramento ed aggiornamento», mentre in Europa «s’intende per rinnovamento l’azione stessa del rimettere a nuovo; e questo modo di operare assurge a regola fondamentale dello sviluppo della città, almeno se guardiamo la cultura anglosassone».

Giuseppe Centauro: Destabilizzante per la sua altezza, l’intorno ne dovrà mitigare l’impatto

La torre della Nuova Pratilia è una struttura indiscutibilmente anomala, totalmente fuori dalla tradizione costruttiva locale, ma questo – preciso – non costituisce necessariamente un disvalore. L’azione destabilizzante è certamente legata all’inusitata altezza”. Giuseppe Centauro è docente di Restauro architettonico alla facoltà di Architettura dell’università di Firenze. «Per valutare l’impatto nel bene e nel male di questo “oggettone” architettonico, diciamo in primo luogo quello che non rappresenta. Non ritengo si tratti in nessun modo di una sfida architettonica, nel senso che non c’è una particolare innovazione e ricerca nell’ingegneria della struttura e neppure nella veste architettonica: nessun particolare valore simbolico sottinteso o carattere espressivo di una frontiera tecnologica, come ad esempio lo fu ai suoi tempi la Tour Eiffel, né può definirsi un grattacielo. Lo skyline pratese, una volta fitto di ciminiere e privilegio dei monumenti maggiori, ospiterà questa isolata torre del XXI secolo. Solo dopo vedremo come questa sarà vissuta in una città che è quella di una volta, ma che adesso conta una popolazione assai rinnovata».Quale sarà quindi l’impatto?«Paradossalmente l’impatto paesaggistico sarà tanto più avvertito quanto più questa struttura resterà del tutto isolata, con tutt’intorno casette in linea a due piani più piano terra, o anonimi condomini a fare da cornice. Il disegno urbanistico del futuro dovrà prevedere una modernizzazione lungo l’intera arteria stradale, massimizzando la qualità urbana, preservando le aree verdi, anzi incrementandole di molto, valorizzando i capisaldi culturali preesistenti che costituiscono la storia anche industriale di questa città, come, in prossimità della torre, le architetture organiche dell’area ex Banci».È la rottura di un tabù toscano?«Non credo. Semmai questa struttura dovrà essere in grado di creare le condizioni per migliorare l’intorno ambientale e generare una condizione nuova, specialmente in senso culturale e spirituale, condizione questa che al momento non appare del tutto appagata. D’altronde il feticcio del commercio, grandi centri commerciali, outlet, prima di transitare da Prato è passato dall’area metropolitana fiorentina in genere».Ma l’altezza degli edifici ha anche un valore simbolico…«Soprattutto l’idea della torre fa parte della nostra cultura di “turriti” toscani, tuttavia questo valore icastico deve essere conquistato con la familiarità e l’apprezzamento dei cittadini, misurarsi cioè nell’orgoglio di una città. Per fortuna la sproporzione dell’altezza non confligge più di tanto, per la distanza che s’interpone con essa, con la parte antica della città che ha già le proprie consolidate emergenze, racchiuse entro il circuito delle mura. Semmai questa struttura potrebbe entrare in rotta di collisione con l’ipotesi di prolungamento della pista aeroportuale, ovvero con il tracciato parallelo all’autostrada, interferendo con le quote assolute di sicurezza degli arrivi e delle partenze. Ma questo per molti, anche tra gli ambientalisti, potrebbe essere un punto di forza e non una debolezza. Personalmente ritengo che la Piana debba trovare un migliore punto equilibrio per salvaguardare la qualità della vita e gli assetti urbanistici storicamente ereditati dal passato. Così come nefasta è stata la cementificazione orizzontale e diffusa, equivalente al consumo del territorio».A proposito: il nuovo Piano strutturale punta sulla perequazione: laddove si aggiungano volumi da una parte, vanno tolti in un’altra. Si andrà sempre più in alto?«La perequazione urbanistica, quando condotta in modo partecipato e trasparente, è l’unica vera alternativa che può avere oggi un pianificatore, ma potrebbe anche, se non ben governata, trasformarsi nella peggiore delle sciagure da un punto di vista ambientale. Costruire in altezza, se segue ben precise regole e si fonda su un’attenta analisi di impatto paesaggistico, può costituire in realtà un’alternativa per liberare suoli all’uso civico. Ma potrebbe però risolversi anche in una speculazione fine a se stessa e deleteria da tutti i punti di vista. Quello che può fare la differenza è la qualità del progetto sia esso pubblico sia privato. Occorre perciò essere molto cauti, ma non per questo poco decisionisti. La torre della Nuova Pratilia nasce come un grosso supermercato e forse questo è il suo limite maggiore, tuttavia la storia ci insegna, specialmente qui a Prato, che l’iniziativa privata è spesso motore di sviluppo».

Luigi Zola: Torri come nel Medioevo, è questione di sostenibilità

Una torre di 60 metri a Prato, nel 2011 sembra un evento inaudito, inaspettato e inquietante. Eppure, i suoi 20 piani dall’aspetto tozzo, corrispondono a circa l’altezza del solo puntale a guglia (dove avrebbero dovuto attraccare i dirigibili) posto in cima all’ Empire State Bulding di New York, del 1930. Eppure, sempre a New York, il Flatiron del 1902 di piani ne aveva 22. Eppure, limitando l’esterofilia, a San Gimignano, la medievale «Torre Grossa», è alta appena 6 metri meno di quella di Prato.Ma ciò nonostante, con pervicace e miope conservatorismo, qualcuno insiste a proporre un’idea di città dispersa e diffusa. Una città a bassa densità, anche se ormai insostenibile e inattuale. Si fanno piani regolatori ciechi alla necessità, ormai condivisa da molti organismi, di addivenire a città dense e dalla forma compatta , come suggerito dalla carta europea della città. Non è quindi una questione di preferenze estetiche, o di futurismo di maniera, si tratta piuttosto di questioni attualissime di sostenibilità, che indirettamente la nostra torre stimola ad affrontare. L’eccessivo consumo di suolo, è un carattere dominante del nostro territorio. Il diffuso uso di tipi abitativi a bassa densità, ha, anche di recente, determinato quel fenomeno della città diffusa che ha reso indistinguibili le periferie dal centro, la campagna dalla città, dove in realtà non esistono le aree di frangia, ma infinite aree limitrofe di frangia, aree ibride, fatte di luoghi vacui e desolanti. Come dice l’architetto greco Elia Zenghelis, «la città si definisce per contrasto. Oggi questo contrasto si è stemperato, e nessuno può parlare di città e campagna come entità distinte, dato che esistono appena; ciò che abbiamo, invece, è l’opposizione latente tra qualità urbana – l’immagine di uno spazio denso e condiviso – e urbanizzazione – il consumo di territorio per mezzo di abitazioni singole».Prato, grazie al suo originale modello produttivo, ha creato una diffusa ricchezza, ma anche una diffusa città fabbrica. Un seriale sistema insediativo fatto di stanzoni e case singole che rendono uniforme e indistinguibili le periferie e i «paesi» dalle aree a ridosso del centro antico. Certo questa è l’identità di Prato, il suo tratto distintivo, ma esso, è oggi, oltre che insostenibile, è inattuale. Quel modello produttivo, che dava ragione e identità alla città, è in deciso declino, sostituito da qualcosa di analogo, (le piccole produzioni cinesi), ma anch’esse, oggi, risultano insostenibili. Queste impongono alla città una immobilità urbanistica che non permette quella densificazione richiamata dal documento europeo. La densità di abitanti per chilometro quadrato di Manhattan e di 21.202,7, quella di Seul 17.219 quella di Milano di 7.810 quella di Prato è appena di 1.927, con costi infrastrutturali enormi. Infine, se accanto al “grattacielo” occupiamo suolo con l’ennesimo centro commerciale su un solo piano, siamo alle solite. Per contro, il grande magazzino di Harrod’s a Londra è formato da 5 piani con 300 reparti dove si può comprare di tutto e di più. E allora torri, come nel medioevo, miste e commerciali, ora che le bombarde colpiscono lo stesso, alte o basse che siano le nostre case.Luigi Zola

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