Toscana

Povertà, l’Europa s’attacca alla famiglia

DI MAUROBANCHINIE alla fine, come spesso accade in queste occasioni, l’applauso più forte l’ha preso chi è intervenuto per conto di una fra le (non molte) «reti» attive sui temi dell’esclusione. La seconda tavola rotonda europea sulla povertà (Torino, Lingotto 16-17 ottobre 2003) si stava concludendo sul ritmo di un non sempre facile eurocratese. Applausi di circostanza per i burocrati impegnati in disquisizioni sui Pan (o Nap secondo le lingue ufficiali d’Europa): i piani nazionali di azione sull’inclusione sociale, autentica «bibbia» per chi si occupa di queste cose.

A scuotere la platea ci ha pensato il belga Farrel Fintan, direttore della rete europea anti-povertà (un altro direttore di una rete simile – Retis, cui aderisce anche la Regione Toscana – l’italo belga Arrigo Zanella, aveva ottenuto un simile successo nel gruppo di lavoro dedicato alla partecipazione delle persone in difficoltà). «I poveri continuano ad essere sotto attacco – accusa Fintan – e vengono pure incolpati della situazione in cui vivono. Dobbiamo deciderci: fanno o no parte dell’Europa? Fra gli obiettivi della Costituzione è possibile inserire la lotta alle povertà?».

L’organizzazione dell’incontro spettava alla presidenza italiana. Dall’edizione 2002, in Danimarca, l’Euroforum sulla povertà è annuale e si svolge attorno al 17 ottobre, data simbolo per la lotta alla povertà.

Mancano pochi mesi all’ingresso in Europa di altri dieci Paesi e certo la fossa delle disuguaglianze rischia di allargarsi. Le cifre sono note: in un’Europa ricca, il 15% della popolazione (56 milioni di persone) è povero e il 75% sono donne. Appare complicato raggiungere l’obiettivo che il Consiglio europeo si dette a Lisbona, tre anni e mezzo fa: «Sradicare la povertà nei paesi Ue entro il 2010». In successive riunioni, l’Europa si è dotata di indicatori per coordinarsi nelle politiche di inclusione: da qui nascono i «piani» nazionali; poi quelli regionali e locali. Le tavole rotonde annuali servono come termometro per valutare i progressi fatti.

Il Pan nazionale – come hanno anche ricordato non solo l’assessore regionale toscano Angelo Passaleva ma anche rappresentanti di Caritas, Sant’Egidio e altri soggetti – non è passato attraverso una grande consultazione: le Regioni e i soggetti sociali, a fine luglio, se lo sono visto consegnare a poche ore dalla scadenza di inoltro a Bruxelles e hanno dovuto accettarlo a scatola chiusa. Dal ministero hanno promesso più attenzione per il futuro e maggiore coinvolgimento.

A portare il saluto del governo ci ha pensato il ministro Roberto Maroni, aiutato dal sottosegretario Grazia Sestini. Il «tocco» governativo alla conferenza di Torino è soprattutto consistito in una evidentissima accentuazione del ruolo della famiglia nella promozione dell’inclusione sociale. «Non ci interessa definire la famiglia o proporre un modello anche perché – ha premesso Maroni – sappiamo bene che in Europa esistono altre esperienze, ma quello che ci preme è sottolineare il ruolo fondamentale della famiglia».

E di famiglia ha ovviamente parlato non solo il sottosegretario Sestini («il primo obiettivo del governo Berlusconi è quello di favorire la voglia di mettere al mondo dei figli») ma anche la vice presidente del Forum delle famiglie, Paola Soave («È triste dirlo, ma troppo spesso l’arrivo di un figlio finisce per abbassare il livello della qualità della vita favorendo l’esclusione sociale»). Se il soggetto famiglia è in buona salute e opportunamente sostenuto – questa la tesi di fondo – si è già compiuto un ottimo passo preventivo per limitare le situazioni di marginalità.

Fra gli interventi importanti, Juan Somavia, direttore generale Oil (Organizzazione internazionale del lavoro) e amico del presidente Lula, che ha tirato dardi contro «l’attuale forma di globalizzazione» invitando l’Europa a «mantenere i suoi valori e il suo modello di welfare perché la globalizzazione non può lasciare indietro nessuno e perché la persona vale sempre più rispetto alla finanza».

Non sono poi mancati, soprattutto nei quattro gruppi di lavoro, scambi su «buone pratiche»: dal difensore civico per i bambini polacchi agli appartamenti per madri minorenni gestiti dalla Caritas austriaca.

Qualche luce, dunque, ma ancora molte ombre nel panorama sociale di un’Europa che si sta allargando e che lo fa in una situazione economica sempre più difficile. Lo ha detto con chiarezza, in conclusione, il rappresentante dei sindacati europei Henry Lourdelle invitando a «lottare per i diritti fondamentali». E lo ha confermato lo spagnolo Armindo Silva, che nella Commissione Europea ha la responsabilità specifica delle politiche di inclusione: «È noto come la disoccupazione stia crescendo e il Pil calando: in queste condizioni è sempre più difficile riuscire ad aiutare le persone povere. Più difficile ancora in quei Paesi dove i governi tagliano le spese sociali».

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