Italia
Povertà, la sfida si vince sul campo
Sono state ascoltate le riflessioni di Giancarlo Rovati, presidente della Commissione d’indagine sull’esclusione sociale e quelle dell’Istat rispetto alla possibile evoluzione dei metodi di ricerca, compresa la necessità di avere dati credibili almeno ai livelli regionali e compresa la necessità indagare non solo sui dati di reddito ma anche sulla povertà «relazionale».
C’è un rischio. E Malosco l’ha fatto intravedere bene: il rischio che si finisca per privilegiare la soluzione assistenzialistica, magari ricoperta di panni nuovi, più accattivanti, meno volgari. Il rischio che qualcuno pensi di utilizzare Caritas e volontariato come comodi strumenti per giustificare un sostanziale arretramento nelle politiche di welfare. C’è il rischio, avvertibile in certe aree del Sud, che la lotta alla povertà non sia perseguita con la forza necessaria perché sveglierebbe i cittadini da quel torpore che genera clientelismo (accade perfino, in Sicilia, che qualche Comune non voglia consegnare i suoi bilanci ovviamente pubblici al sistema Caritas che sta facendo un lodevole lavoro di messa in rete proprio di quei bilanci per far conoscere come i soldi pubblici vengono effettivamente spesi).
Il confronto di Malosco si è chiuso con la presentazione di un «modello» per favorire una migliore conoscenza sul fenomeno. Senza dimenticare una frase di don Mazzolari, citata da Angelo Passaleva, sulla necessità di cancellare ciò che potrebbe offendere le persone in difficoltà. «I poveri diceva don Primo non si contano, si amano».
Sono stati Angelo Passaleva e don Emanuele Morelli assessore regionale al Sociale e rappresentante della delegazione Caritas Toscana a firmare il protocollo d’intesa. La collaborazione punta sui Centri di Ascolto delle tre diocesi considerati come «luoghi privilegiati della rilevazione sul campo». Il progetto sarà concluso entro l’anno e prevede un costante scambio di informazioni fra gli Osservatori provinciali e le strutture di accoglienza delle Caritas.