Firenze

Povertà, denatalità e un appello alla generosità: i temi del “Te Deum” di fine anno del cardinale Betori

L?arciovescovo di Firenze ha fatto riferimento agli “atti di terrorismo che, addirittura abusando del nome di Dio in modo blasfemo, seminano morte e angoscia in tutto il mondo, ancora in questi giorni tra i nostri fratelli cristiani copti in Egitto. Un tributo di sangue, quello pagato dai cristiani – tra loro ben 23 missionari –, che deve richiamare le nostre coscienze a quanto prezioso sia il bene della libertà religiosa e quanta coerenza e dedizione ci chieda la nostra fede in Cristo, anche nel contesto della nostra situazione sociale dove non è messa in pericolo la vita ma si rischia la sottomissione a modelli di pensiero che avversano alla radice il Vangelo. C’è il rischio per noi di scivolare verso la miope rinuncia a riconoscere le nostre radici e quindi di fatto a un disorientamento che non riguarda soltanto la fede, ma anche la cultura che, proprio oggi che è chiamata a incontrare mondi diversi e a farsi accogliente, necessita di ancor più chiara identità. È un richiamo, questo, che illumina anche il significato di accoglienza e di dialogo che la nostra Chiesa fiorentina ha inteso fare, su richiesta di chi governa la vita civile nel territorio, di mettere a disposizione della comunità islamica un terreno che potrà essere utilizzato per costruire un luogo di culto. Un gesto di dialogo con cui si è voluto ribadire quanto importante per noi, come cittadini e come credenti, sia il valore della libertà religiosa”.

Parlando di povertà, Betori ha ricordato “il persistente dramma di tanti nella nostra società, dei molti, troppi che restano ai margini di una vita dignitosa e chiedono cibo, vestiti, casa, cure, relazioni umane. Si tratta di gente del nostro popolo come pure di uomini, donne e bambini che giungono da paesi lontani, con culture e religioni diverse, in fuga dalle guerre e dalla fame, da condizioni di vita disumane. Per costoro spesso la fuga si traduce concretamente in violenze, sfruttamento, messa in pericolo della stessa vita nelle regioni desertiche e sul mare. Per questo occorre incrementare i trasferimenti mediante corridoi umanitari, come quello che ha permesso che giungessero tra noi in sicurezza tre donne e tre bambini, che saranno ora accolti in una nostra parrocchia. Gli uni e gli altri sono nostri fratelli e attendono il nostro abbraccio e il nostro sostegno, senza distinzioni. Per queste schiere di uomini e donne in povertà il Papa da quest’anno ci ha chiamati a celebrare la Giornata Mondiale dei Poveri, per un risveglio delle nostre coscienze, per fare della lotta alla povertà, qui e nei Paesi poveri del mondo, una vera priorità delle politiche sociali e un campo di esercizio personale e comunitario della carità”.

“A questo mondo di emarginati – ha aggiunto – appartengono anche quanti vivono nelle carceri, dove si fa sempre più urgente l’esigenza di trasformare la pena in itinerario di recupero e redenzione. Rinnovo il mio appello a chi ha responsabilità in questo ambito sociale per rimuovere le condizioni disumane dei luoghi di detenzione e per offrire a ogni uomo che ha commesso reati itinerari di riscatto e di reinserimento sociale”.

A proposito della situazione italiana, Betori ha parlatlo di un Paese “dove il quadro politico con le sue forti lacerazioni prospetta di fronte a noi un percorso non facile anche nei prossimi mesi. Di qui l’appello a far prevalere le ragioni del bene comune, come pure l’attenzione da riservare alle possibili conseguenze di decisioni che non sembrano sufficientemente salvaguardare i valori supremi della dignità della persona, della vita umana e della famiglia. Lo sguardo alla condizione del Paese non può trascurare la grave situazione di crescente denatalità che ci accompagna ormai da diversi anni, ma che non sembra trovare eco sufficiente tra il sentire della gente, la consapevolezza del mondo della cultura e della comunicazione, la responsabilità di chi ha compiti legislativi e di governo. Eppure ormai siamo agli ultimi posti nel mondo per il numero di nascite. Sembra che ci sia un’assuefazione alla scomparsa di un popolo o, peggio, all’inconsapevolezza della china su cui stiamo scivolando verso la nostra fine. Mancano politiche sociali adeguate, manca una decisa reazione all’impero di una cultura dell’individualismo e dell’effimero godimento, che annullano il pensare in termini di futuro e di progetto”.

A proposito di Firenze e del suo territorio, l’Arcivescovo ha affermato: “Mi piace condividere l’auspicio che il nostro Sindaco ha voluto rivolgere perché nel nuovo anno crescano fiducia e generosità. Sono prospettive che si ritrovano pure nelle parole del Papa che ho prima citato. Di speranza e di condivisione abbiamo davvero bisogno, per non isterilirci nelle divisioni e nella chiusura nel privato. La nostra comunità cristiana è pronta a porre a servizio di tutti le risorse di speranza e di carità che le vengono dalla fede, perché nella fede la speranza sfugge al puro auspicio, in quanto si fonda sulla certezza dell’essere amati da Dio, e la carità va oltre la semplice solidarietà umana in quanto si conforma al dono di sé con cui Cristo ha amato noi”. “Questa speranza – ha agiunto – e un cuore colmo di comprensione e benevolenza ci ha testimoniato la moglie dell’uomo spagnolo vittima dell’incidente accaduto qualche tempo fa in Santa Croce, in una lettera intessuta di parole di fede e di fiducioso sguardo verso il futuro. A quell’uomo e alla sua famiglia – il cui dolore possiamo immaginare ancor più profondo in questi giorni – rinnoviamo la nostra vicinanza e per loro ci sia sempre il ricordo nella nostra preghiera”.