Italia
Povertà: Caritas, 6 assistiti su 10 sono “poveri intergenerazionali”. In aumento i nuovi beneficiari (+7,7%)
In Italia, se si nasce in una famiglia povera, occorrono 5 generazioni per salire la scala sociale (la media Ocse è di 4,5 anni). Viene chiamata “povertà intergenerazionale” o “ereditaria” e si usa la metafora dei cosiddetti sticky grounds e stichy ceilings. I “pavimenti e soffitti appiccicosi” sono quelli che impediscono ai giovani di riscattarsi da situazioni sociali difficili. Sei assistiti Caritas su 10 risultano “poveri intergenerazionali”: sono rimasti cioè intrappolati nei “pavimenti appiccicosi”. Tra i nati da genitori senza alcun titolo, quasi 1 su 3 si è fermato alla sola licenza elementare. Con 5,6 milioni di poveri assoluti in Italia (il 9,4% della popolazione, pari a 1 milione 960 mila famiglie), di cui 1,4 milioni bambini (fonte Istat), l’Italia risulta anche l’ultima tra i Paesi industrializzati per mobilità sociale ed educativa: solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore ottiene un diploma universitario (la media Ocse è del 22%). Al contrario, la percentuale sale al 65% per i figli dei laureati (dati Ocse). Per i nati in famiglie poste in fondo alla scala sociale diminuiscono le chanches di salirne i gradini: il 28,9% resterà nella stessa posizione sociale dei genitori. L’Italia ha in Europa anche il triste primato dei Neet: 3 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni, pari al 25,1% del totale, che non studiano né lavorano. Sono alcuni dei dati emersi dal Rapporto 2022 su povertà ed esclusione sociale in Italia intitolato “L’anello debole”, realizzato da Caritas italiana e presentato oggi a Roma.
1 milione e mezzo di interventi Caritas, +7,7% nuovi beneficiari. I centri di ascolto e le Caritas diocesane offrono uno spaccato significativo su come sta cambiando la povertà in Italia. Nel 2021 sono stati erogati quasi 1 milione e mezzo di interventi di aiuto da 192 Caritas diocesane. Almeno 227.556 sono state persone supportate dai soli servizi Caritas in rete presenti in 192 diocesi. Rispetto al 2020 c’è un incremento del 7,7% di nuovi beneficiari, soprattutto stranieri. Non sempre sono nuovi poveri ma persone che entrano ed escono da una situazione di bisogno. Chiedono aiuto sia uomini (50,9%), sia donne (49,1%). Cresce l’incidenza delle persone straniere (55%), con punte che arrivano al 65,7% e al 61,2% nel Nord-Ovest e Nord-Est. Al contrario nel Sud e nelle Isole prevalgono gli italiani (68,3% e 74,2%). L’età media dei beneficiari è di 45,8 anni.
Le persone senza dimora incontrate nel 2021 sono state 23.976, pari al 16,2% dell’utenza: si tratta per lo più di uomini (72,8%), stranieri (66,3%), celibi (45,1%), con un’età media di 43,7 anni. Sono soprattutto nelle strutture del Nord. Il 54,5% dell’utenza Caritas manifesta due o più ambiti vulnerabilità, tra problemi economici, occupazionali, abitativi, familiari, di salute, legati all’immigrazione, ecc.
Tra gli aiuti erogati dalle Caritas: il 74,7% ha riguardato beni e servizi materiali (mense/empori, distribuzione pacchi viveri, buoni ticket, prodotti di igiene personale, docce, ecc.); il 7,5% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 7,4% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 4,6% l’erogazione di sussidi economici (per il pagamento di affitti e bollette), il 2,2% il sostegno socio assistenziale e l’1,5% interventi sanitari.
Meno istruzione, più povertà. Tra gli utenti Caritas si rafforza nel 2021 la correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione. Aumentano quelli che possiedono solo la licenza media (dal 57,1% al 69,7%). Tra loro vi sono anche persone analfabete, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare. Nelle regioni insulari e del Sud il dato arriva rispettivamente all’84,7% e al 75%. Correlato al livello di istruzione è il dato sulla condizione professionale, legato anche alla situazione causata dalla pandemia: cresce l’incidenza dei disoccupati o inoccupati che passa dal 41% al 47,1%; parallelamente si contrae la quota degli occupati che scende dal 25% al 23,6%.
Tra i beneficiari Caritas i casi di povertà intergenerazionale pesano per il 59,0%; nelle Isole e nel Centro il dato risulta ancora più marcato (rispettivamente 65,9% e 64,4%). Più del 70% dei padri degli assistiti Caritas risulta occupato in professioni a bassa specializzazione. Per le madri è invece elevatissima l’incidenza delle casalinghe (il 63,8%), mentre tra le occupate prevalgono le basse qualifiche.
Un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e il 42,8% ha invece sperimentato una “mobilità discendente”. Più di un terzo (36,8%) ha, invece, vissuto una mobilità ascendente in termini di qualifica professionale ma non trova un impiego adeguato agli studi.
Giovani e lavoro in Europa, un futuro fosco? Da una indagine condotta in 10 Paesi europei in collaborazione con Caritas Europa e Don Bosco international, risulta fosco anche il futuro lavorativo e formativo dei giovani in difficoltà. Per almeno quattro studenti su cinque, la pandemia ha influito negativamente nella pianificazione del loro futuro.
Da un campione di giovani in 5 Paesi è emerso che il 41,3% di essi ha vissuto in famiglia gravi problemi economici a causa del Covid; il 44,1% riceve aiuto per pagare le spese scolastiche; il 37,4% non si sente preparato per continuare gli studi; il 57,1% non si sente pronto ad entrare nel mondo del lavoro; il 78,6% non è stato aiutato da nessuno a scuola per orientare il proprio futuro.
Reddito di cittadinanza, raggiunge solo il 44% dei poveri assoluti. La misura è stata finora percepita da 4,7 milioni di persone, “ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%)”, rileva il Rapporto Caritas: “Sarebbe quindi opportuno assicurarsi che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti”. Inoltre “accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale” al momento ostacolati da “una serie di vincoli amministrativi e di gestione”. Il Rapporto offre diverse proposte, tra cui rafforzamento della capacità di presa in carico dei Comuni, anche attraverso il potenziamento delle risorse umane e finanziarie a disposizione e un miglior coordinamento delle azioni.