Pisa

Pontedera vuol raccogliere i frutti della visita pastorale

di Francesco Ippolito

«Non spegnete lo Spirito, esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono, astenetevi da ogni specie di male e tutto quello che è vostro, spirito, anima, corpo si conservi irreprensibile». Lo scrisse ai cristiani di Tessalonica l’apostolo Paolo e, con le stesse parole ricordate durante l’omelia, l’arcivescovo ha chiuso la visita pastorale a Pontedera. «Non spegnete lo spirito – ha ripetuto più volte dal pulpito del Duomo Alessandro Plotti – la nostra pastorale ha bisogno di essere continuamente visitata, rinnovata e rilanciata attraverso i doni dello Spirito Santo». «Esaminiamo ogni cosa – ha continuato l’arcivescovo. Occorre una diagnosi precisa delle situazioni e dei contesti all’interno dei quali calare il vangelo. I cambiamenti sociali e culturali non devono sfuggirci». E poi: «Tenete ciò che è buono», «Astenetevi dal male», «Tutto ciò che è vostro si conservi irreprensibile». Indicazioni che Alessandro Plotti traduce concretamente con la necessità «di bonificare la tradizione cattolica dalle scorie del formalismo e delle esteriorità» e con l’urgenza di costruire «una dimensione etica della vita».«Una porta aperta sulla città» era lo slogan pensato dai promotori della visita pastorale per riassumere un calendario ricco di appuntamenti che l’ha accompagnata in tutte le realtà della zona. Obiettivo centrato?«La visita nella città di Pontedera in effetti si è caratterizzata per un’analisi a tutto tondo delle problematiche della zona. Non si è limitata soltanto ad avvicinare le realtà ecclesiali con le relative strutture ed i collaboratori ma si è mossa incontro alla città con una lunghissima carrellata di incontri. Sono state coinvolte tutte le realtà cittadine: politici e amministratori, lavoratori dipendenti e autonomi, imprenditori, artigiani, agricoltori, le scuole, gli operatori della salute».Moltissimi gli interventi dei cittadini. La visita ha registrato un’altissima partecipazione…«Sicuramente c’è bisogno di dialogo. Ho percepito molto disagio tra la gente: c’è delusione, c’è anche paura del futuro. All’interno di questa cornice ricevere una parola di speranza, di sostegno o di condivisione, mi pare davvero importante. D’altra parte il vescovo visita una comunità non solo per celebrare i sacramenti ma anche per condividere i problemi della gente».Che cosa le hanno lasciato questi incontri?«Soprattutto una grande speranza per il futuro».In che senso?«La visita pastorale ha senza dubbio offerto l’occasione di approfondire un dialogo fruttuoso tra soggetti di diversa estrazione: politica, sociale, di credo. Vorrei che questo dialogo non solo non si interrompesse, ma riuscisse a crescere. Mi auguro davvero che i gruppi cattolici possano impegnarsi per raccogliere i frutti che tutti insieme abbiamo seminato».Insomma per raccogliere i buoni frutti non basta il terreno fertile, occorre anche l’impegno del coltivatore a curare la terra…«Certamente. E senza quell’impegno la visita pastorale rischia di diventare lettera morta».La Pontedera civile si conferma aperta al dialogo?«Sì conferma una comunità disponibile ed interessata al confronto ed alla collaborazione reciproca con la Chiesa. Ho notato la disponibilità di ascoltare ciò che la Chiesa può dire ma anche la voglia di farsi ascoltare e di intervenire per esporre non solo i problemi ma anche le idee e i contributi personali». A Pontedera si è sperimentato un modo nuovo di vivere la visita pastorale: l’amministrazione dei sacramenti, ad esempio, è sempre stata preceduta da catechesi…«È vero. Penso ai battesimi, dispensati nella parrocchia di San Giuseppe o alle cresime, celebrate all’interno del Duomo, o alle unzioni dei malati, all’interno del Sacro Cuore. Per ognuna di queste celebrazioni comunitarie, rivolte a tutte le famiglie e a tutte le parrocchie, si erano svolti i relativi incontri di catechesi nei giorni immediatamente precedenti».Celebrazioni comunitarie che forse rappresentano anche il segno di un cambiamento dei tempi. Molto spesso lei si è fatto promotore di una pastorale più integrata, capace di collegare ad un livello più globale le necessità delle singole parrocchie.«È sempre più urgente un modello di pastorale cittadina, in qualche modo più integrata nel contesto della città rispetto alla tradizionale pastorale parrocchiale. Le caratteristiche delle singole parrocchie devono essere mantenute, ma ormai lo scenario di cui si deve tener di conto è quello delle comuni esigenze avvertite nell’intera città. Queste esigenze devono essere affrontate dalla collettività nel suo complesso».La visita pastorale a Pontedera è riuscita in questo intento?«Devo dire che la visita pastorale ha raccolto sicuramente anche i risultati del buon lavoro svolto in questa direzione dai due co – parroci. Infatti è da tempo che don Claudio Desii, vicario zonale, e don Stefano Serafini stanno tentando di creare un rapporto più stretto tra le parrocchie, finalizzato alla creazione di una unità pastorale, ma anche di stringere una maggiore integrazione con le realtà cittadine».