Politica & società
Politica, un convegno sugli ottant’anni della Dc
Per fare memoria con storici cattolici e non: non si tratta di resuscitare ciò che fu in passato, ma di porlo in una giusta luce
In un gremito teatro al centro di Roma oltre 500 persone hanno ricordato l’altro giorno gli 80 anni dalla nascita della Democrazia cristiana. Impresa complessa, dal momento che la data di nascita della Dc non è conosciuta: non c’è atto formale, non c’è stato un congresso a Livorno né un discorso in una Camera di commercio. Ci sono tracce di riunioni clandestine tra il ‘42 e il ‘44, niente di più.
La Dc, verrebbe da dire, nacque per partenogenesi o piuttosto germinazione spontanea dalle acque del mare, ma qui ci fermiamo per non esagerare. Certo è semmai che del Paese fu, per cinque decenni, «corpo e anima», come hanno ricordato fin dalla titolazione del convegno di Roma i suoi organizzatori, che alla fine apparivano molto soddisfatti e ne avevano ben donde. Il discorso infatti è stato impostato, si dipanerà per tre anni, ci saranno seminari, borse di studio, produzioni di audiovisivi.
Non atto ricostitutivo, insomma, ma atto saggiamente rievocativo e critico: hanno parlato solo gli storici. Non si tratta di resuscitare ciò che fu in passato, ma di porlo in una giusta luce, poiché il partito laico d’ispirazione cristiana ha subito, dopo la fine, una sorta di damnatio memoriae.
Se viene citato, è per indicare nel linguaggio comune la propensione al parlar astruso o al cercare il compromesso al ribasso. Invece era che la complessità dei processi non è tale da essere affidata a una battuta salace o a una barzelletta in un comizio. Ugualmente un conto è il compromesso al ribasso – e qui semmai il vizio non è certo scomparso nemmeno in tempi più recenti – tutt’altra cosa invece la capacità di far sintesi con una soluzione il più possibile condivisa. Vecchio e sano metodo che permise ai cattolici impegnati in politica nel cinquantennio che va dal 1944 al 1994 di prendere un’Italia umiliata e vilipesa dai fascismi e dalle guerre per portarla nel novero delle grandi potenze, quelle del G7. Il tutto nel pieno rispetto della libertà e della democrazia. Niente male, per chi viene accusato con qualche superficialità di avere attuato un vero e proprio «doppio Stato», che nessuno sa cosa significhi.
Si diceva dei cattolici in politica e del partito laico d’ispirazione cristiana. Nel rispetto della laicità e dell’ispirazione cristiana, il convegno ha visto alternarsi storici cattolici e non (Galli della Loggia, Mieli, Melloni, Bonini, Giovagnoli, Schiavone più Ortensio Zecchino, storico ed ex ministro, che ha avuto l’intuizione dell’iniziativa).
Quanto ai cattolici in politica, si sono evitati inutili paragoni tra il passato e il presente, anche se qualche commento si è sentito nel foyer alla fine dell’incontro. Comunque non era questo lo scopo; lo scopo era suscitare un sano ricordo e ritrovare qualche sana radice.
Non a caso – e si è trattato di qualcosa di quasi inaudito negli ultimi anni – in platea erano presenti esponenti di tutte le vecchie componenti democristiane. Qualche nome: Casini, Follini, Tabacci, Castagnetti, Gianni Letta, Silvia Costa, Scotti. Persino Sposetti già tesoriere dei Ds, a dimostrazione del fatto che i veri avversari si stimano sempre. O magari si temono.
Una nota a parte sull’anagrafe: pantere grigie tante, dacché la nostalgia è inevitabile. Ma non pochi gli under 35, il che rappresenta un dato interessante.
Se infatti mancavano esponenti della fascia 35-50 anni (ma li giustifichiamo, è la generazione che più forte ha sentito la grancassa della propaganda altrui) un segno di – se non altro – sana curiosità viene dai più giovani. Che poi sono quelli che non hanno visto la Dc e poco i suoi derivati, e per questo forse sono più disposti a un atteggiamento di ascolto.
Usciranno gli atti del convegno: è già pronto il sito dove verranno pubblicati prima ancora che nella versione cartacea. Nel frattempo qualche riflessione può essere tentata. Innanzitutto la felice idea di ridare memoria a un Paese che di memoria a breve autonomia soffre da sempre.
Non si può capire il presente senza partire da un passato che non è poi nemmeno troppo distante.
Poi il segnale di unità: anche stare seduti un pomeriggio nel bollore di un teatro di velluti rossi era qualcosa di impensabile fino a poco tempo fa. Infine – e questo è il dato principale – la capacità di avviare una riflessione storica, senza pretese di far rinascere nulla ma con il legittimo desiderio di restituire dignità a ciò che è stato, inutilmente, declassato a parentesi nella storia nazionale.
Perché in fondo la storia sono loro, i cattolici della Democrazia cristiana.